Abruzzo

Si costruiscono e si propagandano i contratti di fiume ma intanto si promuovono nuovi scempi Il WWF diffida il Comitato VIA: impensabile esaminare insieme argine e Megalò 2

 

Presentate osservazioni anche su un mini progetto sul Pescara in esame giovedì e in contrasto con la normativa nazionale sui criteri per interventi di mitigazione del rischio idrogeologico

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Una diffida al Comitato regionale per la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) perché si rifiuti di prendere in considerazione la documentazione portata alla sua attenzione in relazione alle opere di messa in sicurezza ai fini idraulici del tratto golenale del fiume Pescara nel quale è stato assurdamente realizzato il centro commerciale Megalò e la realizzazione nella stessa area di ulteriori edifici commerciali. È questa la più recente iniziativa del WWF, preparata insieme all’avvocato Francesco Paolo Febbo, in relazione al progetto proposto da una ditta di Imola (BO) e ora anche da una di Barzana (BG).

«Confermiamo in primo luogo – sottolinea Nicoletta Di Francesco, presidente del WWF Chieti Pescara – tutte le nostre riserve sull’esistenza stessa di Megalò in quella zona e la convinzione che, anche alla luce delle drammatiche criticità ambientali che si ripetono ormai con allarmante frequenza, la strada giusta, come si sta cominciando a ipotizzare un po’ ovunque in Italia, sia quella della delocalizzazione dei manufatti incautamente costruiti in aree a rischio e non certo l’irrazionale insistenza nel proporre altro cemento. Ciò premesso la messa in sicurezza dell’area risulta essere un intervento prescritto dal Genio Civile in quanto indebitamente non attuata nella precedente fase di cantiere. Si tratta in altri termini di porre rimedio a una inadempienza della ditta che ha realizzato Megalò, venuta clamorosamente alla luce solo dopo l’alluvione del dicembre 2013. Completare l’argine non rende in alcun modo lecite nuove costruzioni. Si tratta di due procedimenti distinti che non possono essere accorpati. L’area in cui si vorrebbe costruire Megalò 2 allo stato attuale dei fatti è in zona P1, quella cosiddetta a pericolosità limitata, nella quale le norme tecniche del Piano stralcio di difesa dalle alluvioni (PSDA) prevedono il divieto assoluto di qualsiasi intervento edificatorio. Il proponente sostiene che con l’adeguamento dell’argine la situazione possa essere diversa, ma questo è tutto da accertare: ogni costruzione in quel sito è oggi semplicemente improponibile. Di qui la diffida al Comitato VIA al quale chiediamo in buona sostanza, come probabilmente avrebbe fatto rispettando la legge anche senza il nostro intervento, di respingere al mittente la proposta mista, argine più costruzioni».

Il WWF ha anche presentato proprie osservazioni sulle “Opere di laminazione delle piene del fiume Pescara” (le cosiddette casse di espansione), giudicate eccessivamente onerose per la finanza pubblica (cioè di tutti i cittadini) a fronte di una probabile scarsa efficacia e di sicuri danni per il territorio. E si è infine interessato, sullo stesso fiume, a un progetto della Provincia di Pescara sulla “sistemazione idraulica nei comuni di Pescara, Spoltore Cepagatti, San Giovanni Teatino e Chieti”, che ipotizza quattro micro interventi con un approccio che non risponde in alcun modo ai più recenti orientamenti di gestione fluviale e soprattutto contrasta con quanto richiesto dai “Criteri per interventi  mitigazione rischio idrogeologico e  tutela e recupero  ecosistemi e biodiversità (DPCM 28.5.2015)” che prevedono espressamente interventi integrati di mitigazione del rischio idrogeologico e di tutela e recupero degli ecosistemi e della biodiversità, in alternativa a quelli “tradizionali”, seguiti invece nel progetto in esame, ritenuti per lo più obsoleti e controproducenti alla luce delle più recenti conoscenze. Si tratta del resto di un vecchio provvedimento – proprio oggi all’esame della commissione per la VIA – che si trascina da qualche anno e che si vorrebbe ora portare a compimento benché la situazione sia completamente cambiata a livello globale e locale. Tra l’altro c’è l’esplicita ammissione, contenuta nel progetto stesso che in alcuni dei tratti interessati dalle opere “non sono evidenti fenomeni erosivi”. È un po’ come dire: non serve ma abbiamo i soldi e quindi facciamolo comunque!

«Quello che più stupisce – conclude Nicoletta Di Francesco – è il fatto che mentre la Regione promuove e propaganda i contratti di fiume come strumento primario per la riqualificazione dei corsi d’acqua, si continui nei fatti a portare avanti una vecchia politica direi predatoria che danneggia nell’immediato e in prospettiva quegli stessi corsi d’acqua».

 

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