OLIO – Unaprol: nel 2016 -53% in Calabria su 2015, ma qualità prodotto dà sapore al made in Italy

 

 

Reggio Calabria – Alternanza produttiva, problemi climatici e attacchi di patogeni sono alla base dell’importante calo produttivo che ha investito la Calabria nella campagna di raccolta 2016/2017. Difficile separare gli effetti dell’una o dell’altra causa. Già l’allegagione, il passaggio da fiore a frutto, era stata scarsa nelle aree interne e collinari. Nel Reggino la stagione era iniziata con aspettative migliori. Dopo una buona allegagione, però, l’elevata umidità, i forti venti di scirocco, gli attacchi parassitari hanno determinato una intensa cascola; inoltre un pessimo andamento climatico e attacchi parassitari nel mese di settembre hanno ulteriormente compromesso la produzione che in alcuni punti sembra essere appena il 20%-30% di quella dello scorso anno. Dalle oltre 66 mila tonnellate prodotte nella scorsa campagna a poco più di 31 mila tonnellate dell’annata in corso.

I dati sono stati diramati da Unaprol – Consorzio Olivicolo Italiano – durante il corso di formazione continua dei giornalisti su “Sicurezza alimentare, quadro legislativo e corretta informazione”presso l’auditorium Nicola Calipari a Reggio Calabria. Il corso, proposto da Unaprol– consorzio olivicolo italiano,  e validato dal comitato tecnico scientifico del consiglio dell’ordine nazionale dei giornalisti,  si è svolto con la collaborazione di Coldiretti Calabria, ed il sostegno dell’ordine dei giornalisti della Calabria, l’Unaga e l’Arga Calabria, questi ultimi entrambi organi di specializzazione della FNSI per agricoltura, alimentazione e ambiente.    Il calo stimato per la Calabria è del 53% nella campagna 2016. L’olivicoltura calabrese non perde però il suo carattere distintivo e recupera in volata con la qualità delle sue produzioni. Carolea, Cassanese, Ottobratica, Tonda di Strongoli, Grossa di Gerace, Ciciarello, Roggianella, Sinopolese, Dolce di Rossano, Borgese, Pennulara, Roggianella, Rossanese, Sinopolese, Zinzifarica. Sono le principali varietà di olive calabresi dalle quali si ricavano profumi organolettici unici ed irripetibili.

Dall’analisi dell’olivicoltura calabrese, effettuata dall’osservatorio economico di Unaprol, emerge che l’olivicoltura rappresenta la principale fonte di reddito per le aziende agricole, nonostante i costi di produzione siano di gran lunga superiori per le difficili condizioni orografiche dei terreni. L’olivicoltura è diffusa su tutto il territorio regionale, con un livello di maggiore concentrazione nella zone intorno Sibari, nel lametino e nella piana di Gioia Tauro. In particolare, l’area del lametino è l’unica dove si realizza la coincidenza tra il maggior numero di aziende e la più alta percentuale di superfici oliveti. La superficie investita ad olivo, è di 182.000 ettari. Il 12% di tale superficie è coltivata con metodi di produzione biologica e rappresenta un quarto dell’investimento totale ad olivicoltura biologica in Italia (il 41% delle superfici presenti nel mezzogiorno). Rispetto alla dimensione provinciale, si registra una netta differenziazione territoriale, con le province di Reggio Calabria, Cosenza e Catanzaro più coinvolte nella coltura con rispettivamente il 27%, il 29% ed il 21%, seguite dalle altre due Province di Crotone e Vibo Valentia con il 9%. Nella regione sono riconosciute tre DOP nelle province di Crotone (Alto Crotonese), Cosenza (Bruzio) e Catanzaro (Lametia), mentre si registra l’iter transitorio per il riconoscimento dell’IGP (indicazione di origine protetta) per l’olio di Calabria.  Nella regione risultano attivi in circa 800 frantoi con un quantitativo medio di olive lavorate per frantoio di 10.000 quintali. La tendenza in atto negli ultimi anni vede il progressivo calo del numero dei frantoi per il processo di ristrutturazione della fase di trasformazione. Limitata la presenza di impianti per la lavorazione delle olive da mensa nonostante la presenza di varietà a duplice attitudine.