Inviamo una versione aggiornata del comunicato stampa sulla questione del diclorometano trovato, secondo i comunicati stampa usciti stamattina, nelle acque del Gran Sasso, con alcune informazioni sulle sue caratteristiche di rischio sanitario ed ambientale.
Comunicato stampa del 16/12/2016
Diclorometano(nocivo e probabile cancerogeno per l’uomo secondo lo IARC) nell’acqua del Gran Sasso, fatto gravissimo.
Primo problema: la trasparenza! Gli Enti pubblichino immediatamente tutti gli atti: referti, lettere, relazioni, delibere. Ricordiamo che esiste il Decreto 195/2005 che obbliga alla pubblicazione sui siti WEB.
Perchè non è stata data un’informazione immediata alla comunità di quanto accaduto? Il fatto è stato segnalato alla procura e al Parco nazionale?
Poi tante domande, il sistema è in sicurezza? I laboratori sono classificati ufficialmente quale impianto a rischio di incidente rilevante in base alla Direttiva Seveso: è stato attivato il Piano di Emergenza?
Ieri sera tardi abbiamo appreso, solo grazie al lavoro dei giornalisti che hanno approfondito uno scarno comunicato della Giunta Regionale, che il 2 settembre scorso le acque del Gran Sasso captate dalla Ruzzo a scopi idropotabili sono risultate contaminate da solventi e già il 2 settembre stesso sono state immediatamente messe a scarico (cioè lasciate scorrere nell’ambiente e non inviate nei rubinetti), secondo quanto dichiarato ieri sera alla stampa dalle autorità solo dopo la deflagrazione del caso.
A quattro mesi di distanza il fatto viene alla luce solo dopo un sibillino comunicato della Giunta Regionale in merito alla dichiarazione di Stato d’Emergenza, documento che non parla del ritrovamento del 2 settembre ma esclusivamente di un provvedimento della ASL, senza chiarirne ulteriormente le motivazione (la delibera tra l’altro non è allegata al comunicato sul sito della Regione).
Il Presidente del Ruzzo parla oggi su Il Centro di una richiesta di danni all’Istituto nazionale di Fisica Nucleare.
Ad oggi non abbiamo reperito ufficiali (analisi; delibere, lettere ecc. sui siti WEB delle istituzioni) oltre al comunicato della regione. Una delle questioni principali è l’assenza di trasparenza; per questo la richiesta che facciamo è l’immediata pubblicazione di tutta la documentazione sul caso (ovviamente tranne quella eventualmente sottoposta a segreto in indagini penali) sui siti WEB degli enti coinvolti. Delibere, determine, relazioni, lettere e referti analitici dovrebbero essere già disponibili on-line visto che esiste un preciso obbligo sulla trasparenza in materia ambientale e sulla divulgazione pro-attiva di dati ed informazioni introdotto dal Decreto legislativo 195/2005.
Quanto accaduto è in ogni caso molto grave.
Il primo problema è il ritrovamento di una sostanza contaminante, il diclorometano, che è un composto nocivo e classificato dallo IARC in classe “2A probabile cancerogeno” (di grazia, enti, in quale concentrazione è stato trovato esattamente?) nonché di “qualche lieve anomalia” (di grazia, quali? di che tipo?) che, secondo il comunicato dell’acquedotto del Ruzzo, il SIAN della ASL avrebbe evidenziato in un prelievo sul “pozzetto di derivazione situato in prossimità del Laboratori di Fisica Nucleare del Gran Sasso“. Vogliamo ricordare che nel sistema autostrada-laboratori-acquedotto, dopo lo scandalo del 2002, furono spesi oltre 50 milioni di euro proprio per la messa in sicurezza e la separazione dei sistemi idrici di captazione e scarico delle acque. Evidenziamo che il Commissario governativo che gestì i lavori era Balducci.
Prima domanda: i lavori sono stati efficaci o persistono criticità e commistioni tra acque che devono obbligatoriamente avere destinazioni diverse e devono essere separate?
Il secondo problema è sempre relativo al 2 settembre scorso. Come è stato gestito l’evento visto che i Laboratori di Fisica Nucleare sono classificati ufficialmente come Impianto a Rischio di Incidente Rilevante in base alla direttiva comunitaria Seveso?Evidenziamo che esiste un piano di emergenza con una precisa filiera di responsabilità e azioni da mettere in campo, compresa la comunicazione alla popolazione che evidentemente non c’è stata.
Secondo gruppo di domande: chi era a conoscenza della vicenda? Al di là delle eventuali responsabilità per l’accaduto e l’esatta provenienza della sostanza, è scattato il Piano di Emergenza anche per verificare l’esatta provenienza della perdita del solvente? Chi è stato avvertito (laboratori; società di gestione autostradale, prefettura, procura) nell’immediatezza? Le analisi di cui si parla sono quelle che avvengono ogni 15 minuti con allarme in automatico, sistema che fu introdotto con i lavori di messa in sicurezza? Perchè non è stata avvisata la popolazione, nonostante sia espressamente previsto dal piano di emergenza?
Il terzo problema è relativo al fatto che ci troviamo in un Parco nazionale e che si parla di contaminazione di acque che sarebbero state messe a scarico. Quell’acqua, se non è andata fortunatamente nella rete idropotabile (sul punto aspettiamo comunque documentazione ufficiale con i vari passaggi dell’evento che sicuramente saranno stati registrati), non è sparita con il suo carico di contaminazione ed è finita nell’ambiente. Una cosa del genere mica può passare in cavalleria! Già questo sarebbe grave ma qui si parla di un territorio che è Parco Nazionale con norme molto stringenti sulla tutela delle acque. Sono stati avvisati l’autorità giudiziaria e le forze dell’ordine? Il Parco è stato avvisato?
Il quarto problema riguarda la trasparenza e l’informazione della popolazione. Il Decreto 31/2001 sulla potabilità delle acque e la Direttiva Seveso impongono agli enti di assicurare una tempestiva informazione della popolazione, anche quando non ci sono pericoli immediati. Una questione di civiltà, ci viene da dire. Perchè non è stata avvisata la popolazione e non sono stati messi a disposizione i documenti come i referti analitici e gli atti attestanti le procedure seguite in quei giorni?
In generale ci pare di poter dire fin da ora che è letteralmente fantascienza come è stato trattato il caso da parte delle autorità, visto che stiamo parlando di una captazione di 100 litri/secondo che viene a mancare, con la dichiarazione di stato di emergenza, in un sistema che teoricamente dovrebbe essere al massimo grado di sicurezza.
Ricordiamo che nei laboratori, all’interno della montagna, in un sistema delicatissimo e vulnerabile come pochi, sono usate negli esperimenti centinaia di tonnellate di sostanze quali, tra l’altro, nafta pesante e pseudocumene (sinonimo di 1,2,4 trimetilbenzene). Inoltre ci sono di due tunnel autostradali che attraversano una montagna piena d’acqua e contaminanti possono provenire anche da lì, oltre che da ulteriori punti di esposizione, se il sistema di sicurezza ha qualche falla.
Insomma, dopo quanto accaduto nel 2002, certo non si possono ripetere gli errori del passato.
Alleghiamo il Piano di Emergenza dei laboratori di Fisica nucleare del Gran Sasso reperibile sul sito delle prefetture, la schermata tratta dal documento del Ministero che classifica i laboratori e una scheda di sicurezza del Diclorometano.
FORUM ABRUZZESE DEI MOVIMENTI PER L’ACQUA