La visita “lampo” del premier Paolo Gentiloni a Teramo, che tra l’altro ha visti coinvolti solo una parte degli attori del territorio, escludendo gli Ordini Professionali (ai quali, però, nell’emergenza, si chiede sempre di perorare le prestazioni degli iscritti a titolo gratuito o quasi), è un segnale importante. Segnale che, però, non dove rimanere solo un segno di solidarietà per un
territorio, quale quello della Provincia di Teramo, duramente provato da eventi atmosferici e sismici, che ora attende azioni concrete per uscire da una crisi che, in realtà, ha origini lontane, ma che è stata sicuramente accelerata da calamità naturali unite ad una scarsa e/o errata considerazione, negli anni, del nostro territorio. E il segnale dovrebbe iniziare, da subito, con il riconoscere che il 18 gennaio, anche in Abruzzo, e anche in Provincia di Teramo, c’è stato un nuovo terremoto, che ha creato danni anche a strutture non interessate dai precedenti eventi sismici, i cui proprietari stanno attendendo la riapertura dei termini per le richieste di sopralluogo, riapertura chiesta a gran voce anche dal Coordinamento degli Ordini degli Architetti di Rieti, Ascoli Piceno, L’Aquila, Perugia,Teramo, Terni, Fermo e Macerata, ma che, ad oggi, non ha avuto ancora riscontro. Naturalmente tale riconoscimento non può non ampliare il cratere sismico, includendo quei comuni coinvolti dal sisma, che attualmente non sono stati riconosciuti tra i territori che potranno fruire delle agevolazioni e dei contributi per la ricostruzione. Altrimenti, la visita di oggi, sarà solo una mezza giornata di tempo perso per il Premier e per quei pochi che sono stati coinvolti nell’incontro.