Atri. Quando l’Italia si chiamava Viteliù al VI Cafè Scientifique
Città di Atri (Te)
3 Maggio 2017
Ultimi appuntamenti del Cafè Scientifique organizzati dalla RNR Oasi WWF “Calanchi di Atri”, giovedì 4 maggio alle ore 18.30 presso il Teatro Caffè ‘900 ad Atri, ospite per l’occasione sarà lo scrittore Nicola Mastronardi che presenterà il romanzo storico “Viteliù. In nome della libertà” edito da Itaca Edizioni, vincitore di numerosi premi tra cui “Salvatore Quasimodo” ad Avigliano Umbro e giunto già al quinto riconoscimento letterario dal 2012, con la quarta edizione in via di esaurimento.
Dal termine osco antico e originario della parola latina Italia, “Viteliú” si pone come un viaggio nell’inconsueto mondo dei popoli italici, guerrieri tanto forti e coraggiosi da contrastare la forte potenza romana in espansione. Siamo alle origini della Nazione, di cui il nome appare per la prima volta nelle monete, insieme a rappresentazioni enigmatiche e altamente suggestive come il giuramento dei popoli italici contro Roma, il toro sannitico che sottomette la lupa romana, e tante altre curiosità che saranno illustrate durante l’incontro.
Le popolazioni Italiche ossia popolazioni stanziate nella penisola italiana durante l’Età del ferro e prima dell’ascesa di Roma, si erano strutturate attraverso una lega forte e particolarmente agguerrita, con una strategia che non lasciava grandi margini di manovra: o la cittadinanza romana o la guerra con essi. La prima capitale fu Corfinium (nei pressi dell’odierna Sulmona) e nonostante il fatto che a guidare le truppe di Roma ci fossero generali di gran calibro come Caio Mario, Lucio Cornelio Silla e Pompeo Strabone, le sorti della guerra sembravano favorire proprio le truppe italiche facilitate anche dalla maggiore conoscenza dei territori montuosi. L’Abruzzo antico sin dall’età del Ferro fu abitato da numerose popolazioni protostoriche che, tra la fine dell’età del Bronzo e la colonizzazione romana, furono le protagoniste indiscusse del territorio di cui la dislocazione era ben definita.
E’ così che ripercorrendo le tappe della “guerra sociale” denominata anche guerra italica (bellum Italicum) o guerra marsica (bellum Marsicum) dal 91 all’88 a.C., l’autore del romanzo storico pone gli italici come i protagonisti di un racconto incentrato su un momento cruciale della storia della Nazione e delle sue future sorti, all’interno del quale vi era anche l’antica Hatria picena.
Un incubo proveniente dal passato spinge un vecchio cieco a riprendere in mano il proprio destino e quello di suo nipote salvato dalle stragi dei sicari di Silla; sulla sua anima di capo supremo, il peso della distruzione del suo popolo martoriato, di cui tenterà di riscattare almeno la memoria. Così, accompagnato dal nipote ritrovato nei meandri di Roma, intraprenderà un viaggio, che diventa un percorso emotivo e di riscoperta di una identità che rischiava di essere perduta …
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