“L’Anci è un’associazione di comuni o un’istituzione?” si chiede Francesco Pinto Segretario di Asmel,l’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali. L’ASMEL dal 2010 ha raggruppato oltre 2200 Enti in tutt’Italia. L’appello: “Salvaguardiamo le autonomie locali sulla base della sussidiarietà e della efficacia dei risultati”.
Guerra o confronto serrato. Chiamiamola come si voglia, ma tra le rappresentanze dei comuni italiani è scoppiato un conflitto rilevante per ricadute e futuro. L’amministrazione comunale di Padova ha deliberato il rientro nell’ANCI, la storica Associazione dei Comuni italiani, dopo che la precedente, a trazione leghista, ne era uscita un anno fa definendola “inutile e costosa”.
Il neo eletto Sindaco PD di Padova, Sergio Giordani, ha dichiarato: “E’ impensabile che Padova non faccia parte dell’ANCI, non possiamo essere tagliati fuori da un tavolo nazionale di confronto e studio delle problematiche delle amministrazioni locali. La Conferenza Stato-Città è un luogo di confronto e negoziazione politico irrinunciabile“.
Francesco Pinto, Segretario generale di ASMEL,l’Associazione per la Sussidiarietà e la Modernizzazione degli Enti Locali sorta nel 2010 in aperto contrasto con ANCI e che oggi raggruppa oltre 2200 Enti in tutt’Italia, ribatte “Il Sindaco di Padova mette il dito nella piaga,perché evidenzia l’anomalia determinata da una legge dello Stato che, nel 1997, ha istituito la Conferenza Stato-Città, con «compiti di coordinamento nei rapporti fra lo Stato e le Autonomie locali» ed ha individuato l’ANCI come unica struttura rappresentativa dei Comuni. E’ comprensibile, dunque, che il Sindaco di Padova ritenga impensabile non aderirvi”.
“Basta scorrere il sito della Conferenza Stato Città per accertarsi che non c’è materia di interesse delle autonomie locali che non venga definita in questa sede”, continua Pinto. “In dieci anni, l’azione di ANCI si è, però, profondamente snaturata. Da libera Associazione ha assunto sempre più un ruolo istituzionale. Tanto che è oggi inserita, insieme alla propria Fondazione, l’IFEL, nell’elenco delle amministrazioni pubbliche che concorrono al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica dello Stato. E’ necessario definire una volta per tutte il ruolo di ANCI. Se è un’Istituzione, occorre che si faccia pagare dallo Stato. Se, invece, vuole continuare a mantenere lo status di Associazione, è giusto che si sorregga con le quote associative.Oggi, però, fa tutte le due cose insieme”. Si tratta di una contraddizione censurabile non solo in termini di rispetto della legalità, ma anche perché lesiva della effettiva capacità di tutelare gli interessi dei Comuni. Recentemente ISTAT ha multato circa 1500 Sindaci per violazione dell’obbligo di trasmissione dei dati sui permessi a costruire, sulla base di un Decreto approvato in Conferenza, con espresso parere favorevole di ANCI. ASMEL ha ritenuto il provvedimento illegittimo affiancando i Comuni con una pioggia di ricorsi ai Prefetti di tutt’Italia. ANCI, ha emanato un Comunicato dichiarando che i Comuni sanzionati al di sotto dei 5.000 abitanti sono incoraggiati a richiedere audizione ai Prefetti, in contradditorio con Istat, alla luce di ulteriori motivazioni attinenti alle ridotte dotazioni organiche dei piccoli Comuni, emerse anche grazie alle collaborazioni istituzionali promosse da Anci nelle scorse settimane. Senza nemmeno accorgersi che l’audizione è espressamente prevista dalla legge e che i piccoli Comuni lamentano da anni una cronica carenza d’organico.
“Alla fine, ha spuntato un emendamento-sanatoria limitato agli Enti con meno di 3000 abitanti. Un risultato miserevole. Utile solo ad affermare la legittimità delle sanzioni, approvate da ANCI-Istituzione, e blandamente contestate da ANCI-Associazione”.
“In ogni caso, l’azione di ANCI è ormai sempre più appiattita sulle scelte governative” – insiste Pinto. “Addirittura reclama la necessità dell’accorpamento coatto dei Comuni, quasi che fossero filiali dello Stato da ridurre in nome della spending review. In pratica, ogni Comune dovrebbe entrare a far parte “spontaneamente” di Enti sovraccomunali a cui cedere tutte le proprie prerogative, sul modello della Regione Friuli, che ha diviso a tavolino il territorio in 19 Ambiti omogenei, con tagli ai trasferimenti e minacce di commissariamento per i Comuni recalcitranti”.
Pinto si chiede “perché mai gli amministratori locali dovrebbero farsi eleggere per poi cedere le proprie prerogative ad Enti di secondo livello, senza elezione diretta. E soprattutto perché mai ANCI rema contro i propri associati”.
ASMEL da sempre sostiene, in alternativa, l’associazionismo dei servizi, per salvaguardare e valorizzare le autonomie locali sulla base della sussidiarietà e della efficacia dei risultati.
“Bisogna puntare sulla messa in Rete” conclude Pinto. “Esattamente come avviene per le PMI, cui i Comuni vanno assimilati perché producono ed erogano principalmente servizi. La Rete apporta solo benefici e non mette in discussione le attribuzioni e l’autonomia decisionale dei soggetti coinvolti, come dimostrano le svariate esperienze realizzate da ASMEL, a partire dalla Centrale di Committenza ASMEL Consortile che, in soli quattro anni di attività, ha supportato, attraverso la Rete, gli associati su tutto il territorio nazionale, con gare per un totale di 1,2 miliardi di euro e ha garantito risparmi per almeno 150 milioni”.
UNA CENTRALE DI COMMITTENZA DIVERSA DA CONSIP La Centrale di Committenza ASMEL Consortile opera con piattaforme telematiche che, imponendo tracciabilità e trasparenza, rappresentano anche un antidoto a sprechi e corruzione molto più efficace di tante norme anticorruzione. Un modello di centralizzazione di rilievo nazionale, ma diverso da Consip, la cui azione non va messa in discussione per determinate tipologie di acquisto come le attrezzature informatiche, le ormai famose siringhe ed in generale tutti i prodotti standardizzabili. La gran parte degli appalti non sono però standardizzabili. E ciò vale soprattutto per i Comuni che rappresentano realtà certamente non omologabili con gli schemi dirigisti e centralisti tipici degli apparati romani. Addirittura, il termine Consip, appare 309 volte in ben 68 leggi dello Stato, con lo stesso filo conduttore. Gli acquisti delle pubbliche amministrazioni vanno effettuati attraverso Consip. Eloquenti, al riguardo, i risultati di un’indagine ANAC, di novembre 2015, condotta sugli Enti che avevano agito in deroga agli obblighi di effettuare acquisti tramite Consip, nei settori della telefonia, energia elettrica, gas, carburanti e combustibili. L’Autorità aveva espressamente evidenziato la virtuosità del comportamento dei Comuni che, pur disattendendo precisi obblighi di legge, avevano perseguito l’interesse pubblico. E che, in tutti i casi esaminati, le offerte Consip erano “migliorabili dal punto di vista economico a parità di prestazioni”. |