Tutti i centri urbani di antica fondazione in Abruzzo, fino alla nascita del cemento armato e dell’asfalto (inizi Novecento), sono in materiale da costruzione locale: argilla o terra cruda in collina, pietra arenaria o calcarea in montagna, legno e paglia di grano in pianura vicino ai fiumi.
Tutto ciò per meri motivi di convenienza economica e di disponibilità, in epoche storiche in cui i trasporti erano difficili,costosi e rischiosi.
Oggi, per sopravvivere nell’epoca della Globalizzazione selvaggia, si presenta la necessità della difesa dell’identità storico – culturale, etno – demo – antropologica, oltre che delle biodiversità e dell’ecosistema.
Pertanto, come si fa con le specie animali e vegetali che vengono ripopolate con specie autoctone o compatibili, si presente la necessità, per conservare la particolarità peculiare dei nostri borghi storici, di riutilizzare gli stessi materiali e modalità costruttive originarie, al fine di riqualificarli ed evitare falsi storici (ad esempio, è doveroso utilizzare il porfido per le pavimentazioni, presente in gran parte dei nostri centri storici).
Ci vorrebbe, a tal proposito, una legge che obbliga, come in campo ambientale floro – faunistico, il riutilizzo del materiale locale con cui sono stati costruiti all’epoca i centri storici e le stesse modalità costruttive e di messa in opera, soprattutto nei borghi.
Esistono in merito due modalità costruttive: una in modo “continuo” ( usata dove c’è il passaggio delle ruote, tramite materiali come il cemento e l’asfalto) l’altro in modalità “discreta” per elementi finiti (utilizzata dove c’è il passo del l’uomo come le mattonelle di pietra, i ciottolati e i mattoni, le basole e i sanpietrini).
Il rispetto di queste due modalità costruttive è fondamentale per salvaguardare l’originalità di un borgo, anche al fine di uno sviluppo del settore turistico.