Carlo Di Marco
Professore di Diritto Pubblico Università di Teramo
L’area ex Sadam è un bene comune della collettività giuliese. Solo di essa? Se lo sostenessi avrei obliterato tutto il patrimonio materiale e immateriale che intorno a questa area ruotava nel ventennio che va dalla fine degli anni ’50 agli anni ’70 dello scorso secolo. Un’economia agricola-industriale che affiancandosi a quella marinara, siderurgica e all’incipiente economia turistica, determinava una blanda ma reale stabilità economica per un numero enorme di famiglie giuliesi e del territorio circostante, rivierasco e del vicino entroterra. Sarebbe lungo raccontare (non è questa la sede) quale e quanta cultura socio-politica si sia sprigionata (ci piacerebbe farlo) fra il crepuscolo e la fine di quella stagione di lotte operaie e popolari affinché quel patrimonio non si disperdesse ma, anche nella trasformazione, fosse valorizzato e messo a frutto. Macché? Se i propositi sono quelli di abbattere anche l’ultimo simbolo di una architettura arcaico-industriale di quel passato così ricco vuol dire che la logica del massimo profitto “costi quel che costa”, si abbatte sempre su ogni tentativo di ripartire dal passato senza dimenticarlo per proiettare il futuro.
Ho iniziato con un po’ d’amarezza, ma l’obiettivo è uno sprone. In questi giorni si torna a parlare dell’area ex Sadam per via di una proposta di variante di PRG della proprietà che nei giorni scorsi sarebbe giunta al protocollo generale del Comune di Giulianova. Dalle notizie giornalistiche (ci basiamo solo su quelle) sembrerebbe che la proprietà faccia “macchiana indietro” rispetto al progetto iniziale concordato su valorizzazione del verde pubblico, realizzazione della piazza centrale e recupero dell’immobile storico/industriale, simbolo di quel “piccolo” patrimonio di cui parlavo. Il problema è che, sempre dalle notizie di stampa, di questa proposta di variante parlano i partiti. C’è chi vuole una riunione della Commissione urbanistica perché rappresentativa di tutti i partiti del Consiglio comunale, chi si orienta in maniera diversa. Insomma, la querelle sarebbe diventata occasione di attriti, discrasie e rimbrotti reciproci fra partiti della maggioranza che, da quando il Sindaco ha abbandonato il PD non fanno altro che fronteggiarsi. Non è mia intenzione entrare nel merito di questa diatriba, né di mettere in discussione la sua legittimazione, diciamo così, “democratica”. Credo, anzi, che in effetti tutto sia nella normalità delle cose. Già, in effetti chi dovrebbe parlare di queste cose se non i partiti?
Tutto vero, però a Giulianova no. Non ci siamo! La classe politica giuliese sa benissimo, avendo fatto scelte normative statutarie e regolamentari di grande rilevanza in Consiglio comunale, che a Giulianova delle scelte politiche (tutte) urbanistiche, sociali, culturali, edilizie ecc. devono poter discutere anche i cittadini a prescindere da quei dibattiti che si arzigogolano fra i partiti politici di maggioranza o di opposizione, spesso unicamente per finalità autoreferenziali e di posti di potere. La classe politica giuliese sa, quindi, che più di ogni altro comune (a Teramo, gli strumenti di partecipazione che a Giulianova esistono, ma sono spesso solo sulla carta, sono stati pretesi con una raccolta di firme referendarie) ha l’obbligo di promuovere la partecipazione popolare su tutte le scelte politiche, figuriamoci (per i motivi detti sopra) se non dovrebbe farlo sulla proposta di variante della Proprietà Sadam.
Non solo, gli strumenti normativi approvati dal Consiglio comunale per promuovere la partecipazione dei cittadini sono molteplici. Tutti fermi e inutilizzati come tesori nascosti (Forum dei cittadini, Dibattiti pubblici, Sondaggi deliberativi, referendum consultivi e propositivi, iniziative popolari ecc..). Ebbene, alcune domande le pongo a me stesso e ai soggetti sopra richiamati. Perché chi governa questa Città, oltre che discutere al proprio interno fra partiti vittime di vecchie e nuove ruggini, non promuove un Forum dei cittadini sulla proposta di variante Sadam prima ancora che inizi ogni procedimento autorizzatorio anche in fase istruttoria in Commissione urbanistica? Oppure un Sondaggio deliberativo. Oppure un Dibattito Pubblico in altre forme che veda comunque protagonisti i cittadini. Oppure un referendum consultivo. Sono tutti strumenti previsti da un regolamento comunale sulla democrazia partecipativa unico in tutto l’Abruzzo. Voluto dal Consiglio comunale giuliese, quindi da questa classe politica che approvando quel regolamento forse voleva dare prova di essere fortemente cambiata.
In realtà, volgendo uno sguardo al clima democratica giuliese, mi sembra che questa consapevolezza ce l’abbiano anche gli organismi di democrazia partecipativa esistenti nella nostra Città. Penso, ad esempio, ai Comitati di Quartiere, alla Consulta per la Democrazia partecipativa. E dunque mi chiedo: perché la Consulta della democrazia partecipativa non promuove un dibattito pubblico, una conferenza cittadina, una trasmissione in radio, che ne so..anche una semplice adunanza della Consulta su questo tema. Eppoi, perché l’unico Comitato di Quartiere interessato a questa questione non acquisisce gli atti, non promuove una pubblica assemblea convocando la Giunta comunale, non attiva esso stesso quegli strumenti di partecipazione popolare sopra descritti? Sono strumenti a disposizione di tutti i cittadini, specie del Comitato di Quartiere eletto a suffragio universale nel cui territorio sta per essere perpetrato un altro scempio: la liquidazione del bene comune immateriale giuliese costituito dalla cultura sociale e politica dell’epoca dello “zuccherificio”. Mi auguro che a tale liquidazione sia interessata solo la proprietà Sadam. Anzi ne sono convinto.