Il 22 marzo 1990, a Matagalpa (Nicaragua), si spegneva serenamente – come serenamente era vissuto – Padre Odorico, al secolo Giuseppe D’Andrea, dopo aver speso l’intera sua esistenza al servizio degli ultimi, della povera gente, di coloro i quali non si occupa mai nessuno.
Quarto di sei figli, Giuseppe D’Andrea nacque a Montorio al Vomano, nell’attuale civico 48 di via Beretra (abitazione che diede i natali, due secoli prima, anche al noto naturalista Giuseppe De Panicis, il cui profilo biografico è presente nel Dizionario Biografico degli Italiani della Treccani) il 5 marzo 1916 e venne battezzato nella collegiata di S. Rocco. I fratelli di Giuseppe erano cinque: Francesco, Andrea, Maria, Vittorio ed Antonio che, purtroppo, rimasero presto orfani di entrambi i genitori. Infatti il papà, Antonio, morì nel 1921 e la mamma, Anna Rosa Valerii, si spense nel 1929. Il piccolo Peppino, come veniva chiamato popolarmente, venne affidato allora a Michele Boccabella, il contadino amico di famiglia, che continuò a lavorare il piccolo appezzamento di terreno che il papà di Giuseppe si era comprato quando era tornato dall’America.
Spinto da una forte vocazione al sacerdozio, nel 1930, ancora giovanissimo, partì per l’Umbria ed entrò nel Collegio Serafico dei Frati Minori, presso Città di Castello. Con lui andò anche il fratello Vittorio (futuro sindaco di Montorio, consigliere regionale e sindacalista) che rimase in collegio per tre anni, terminati i quali, quest’ultimo, si stabilì a Teramo, in via Vittorio Veneto. Nel 1931, Giuseppe studiò nel Collegio di Farneto, poi presso il Convento della Santissima Annunziata di Amelia, dove vestì l’abito talare con il nome di Odorico; il 12 settembre 1934 emise i voti semplici e, nel 1937, la professione solenne: d’ora in poi sarà sempre – e per tutti – Padre Odorico. A Santa Maria degli Angeli, presso Assisi, iniziò gli studi di teologia ed alcuni anni dopo, il 25 aprile 1942, durante la Seconda guerra mondiale, venne ordinato sacerdote. Iniziava così il suo apostolato nel Convento della Santissima Annunziata di Amelia, spostandosi a piedi, di paese in paese, portava la sua benedizione e diffondeva la parola e l’operato del Serafico Poverello d’Assisi, ricevendo in cambio solo un po’ di pane. Nel circondario di Terni fu promotore del restauro di molte chiese e a Morre, frazione di Baschi, volle edificare una chiesa dedicata a Sant’Andrea. A poco più di dieci anni dalla sua ordinazione sacerdotale, gli stessi sentimenti di devozione a Dio e agli uomini lo spinsero a partire come missionario per il Nicaragua (1953) – all’epoca sotto la dittatura della famiglia Somoza – dove fu assegnato nell’allora villaggio di San Rafaél del Norte, nel dipartimento di Jinotega, in mezzo ai monti, a millecinquecento metri di altitudine e a centocinquanta chilometri di distanza da Managua, capitale del Nicaragua.
Qui si rimboccò le maniche e si mise subito al lavoro: grazie alla sua opera furono costruite chiese, abitazioni, strade, scuole, acquedotti, urbanizzando tutto il territorio circostante. Edificò persino un ospedale a San Rafaél del Norte. Al saluto di “Alabado sea Dios” (Sia lodato il Signore) portava, tra gente provata dal dolore e dalle sofferenze quotidiane, la pace, il conforto e la Parola di Dio. Il 19 luglio 1979, in Nicaragua, dopo anni di lotta rivoluzionaria contro i Somoza, salì al potere l’Esercito popolare sandinista con a capo Daniel Ortega; dando inizio, così, ad un’altra guerriglia, quella dei Contras che, appoggiati dagli Stati Uniti d’Amarica, combattevano i Sandinisti. In questo periodo Padre Odorico fece di tutto per mediare la pace, riuscì a celebrare messa anche in mezzo a due ali di combattenti, Sandinisti e Contras, armati sino ai denti (a testimonianza di ciò, alcuni video dell’epoca sono stati postati anche in rete). In questo modo garantì qualche momento di tregua. «In trentotto anni di missione – scrisse, infatti, Padre Zavanella su un mensile francescano – ha reso più servizi lui a queste popolazioni che non tutti i governi che si sono succeduti (…). Sono rimasti famosi i suoi “rientri”, accolti all’aeroporto di Managua come un santo o un “duce vittorioso” da moltitudini di fedeli a piedi, a cavallo, in auto che lo scortavano per circa centocinquanta chilometri dalla capitale».”El Santito del Norte”, come lo chiamavano già i suoi parrocchiani, si spense nella Casa dei Frati di Matagalpa, il 22 marzo 1990, per arresto cardiaco. Le sue spoglie riposano nel Tepeyac, il centro pastorale che egli stesso fondò. La notizia della sua morte fu riportata dai maggiori giornali nicaraguensi, come “Barricada” e “El nuevo diario”. L’allora Papa Giovanni Paolo II, il 14 ottobre 2002, diede inizio al suo processo di beatificazione. Il 6 giugno 2004, Montorio al Vomano lo volle omaggiare, erigendo una statua del Servo di Dio, opera del cerquetano Silvio Mastrodascio, posizionandola in piazza Martiri della Libertà, nel quartiere che gli aveva dato i natali. Inoltre, il 17 ottobre 2006, in Nicaragua ci fu la riesumazione e la ricognizione della sua salma: il suo corpo, dopo 16 anni dalla morte, era rimasto intatto; l’accertamento fu sottoscritto da 40 testimoni presenti.
Sempre in Nicaragua, tra febbraio e marzo del 2016, ci sono state le celebrazioni per il centenario della sua nascita a cui hanno partecipato, recandosi proprio a San Rafaél del Norte, anche Gianni Di Centa, all’epoca sindaco di Montorio, e Teresa D’Andrea, pronipote di Padre Odorico. Tra le pubblicazioni, che celebrano la sua figura, vogliamo ricordare quella del noto vaticanista Domenico Del Rio che, per la Collana “Memorie Francescane Umbre”, pubblicò nel 2001, Leggenda del frate operoso. I fioretti di Padre Odorico D’Andrea (Edizione Porziuncola).
Pietro Serrani
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