Tempi certi, allentare tasse e burocrazia, bonus e incentivi: c’è un solo menu per la ripresa
PESCARA – Rabbia, delusione, timori per il futuro delle proprie attività. E’ l’amaro menu – è il caso di dirlo – che compone ogni giorno il pasto di migliaia di operatori abruzzesi legati a vario modo alla filiera produttiva del cibo: aziende di produzione, bar, ristoranti, pizzerie, gelaterie, pasticcerie, rosticcerie. Ma pure banchetti e catering, settori tutt’altro che di nicchia, che lo stop alle cerimonie religiose e civili (battesimi, prime comunioni, matrimoni) sta letteralmente radendo al suolo.
La sveglia di un malcontento generalizzato è suonata alla lettura del testo del Dpcm del 26 aprile scorso, che nulla dice sulle tanto richieste aperture: che stando invece alle parole del Premier slitteranno a giugno. Che in ballo ci sia il destino di tanti, lo conferma la forza dei numeri, il cui linguaggio è universale: in Abruzzo ci sono circa 11mila aziende, stando ai dati di Movimprese. Così, mentre a condire il tutto si profila pure uno scontro di carattere istituzionale – con la Regione che promette di anticipare “motu proprio” la riapertura – le preoccupazioni che vivono le imprese della ristorazione, che si dicono perfettamente informate della problematica della sicurezza, sono quelle di ristabilire innanzi tutto un clima di fiducia. Capire cosa voglia dire realmente il rispetto delle distanze di sicurezza, perché almeno un metro potrebbe imporre a ristoranti, bar, pizzerie forse un dimezzamento delle sedute e degli ingressi, con gravi conseguenze per l’occupazione. Senza contare che, senza riaperture, finiranno nel cassonetto dell’immondizia quantità industriali di prodotti e scorte di magazzino scaduti.
«Serve un piano di ripresa con regole certe: la stagione estiva è alle porte: gelaterie e pasticcerie hanno bisogno non solo di riaprire a pieno regime ma soprattutto di sapere come riaprire. L’aspetto dell’igiene è determinante sia dalla parte degli imprenditori sia da quella dei clienti. Ma indebitarsi senza regole certe non vale la pena: è necessario eliminare tutti i lacci e lacciuoli della burocrazia da qui ai prossimi sei mesi, ed è per questo che CNA Alimentare chiede a tutti i 305 comuni abruzzesi di concedere l’occupazione del suolo pubblico all’aperto gratis e a quelli impossibilitati di sostenere un possibile trasferimento di locazione con l’aiuto del credito di imposta» dice Antonella Antenucci, titolare a Cupello di un’azienda che produce confetture e marmellate “Colline di Evagrio”, presidente regionale di CNA Alimentare. Sulla condizione di stremo del settore insiste Giulia Mistichelli, presidente a Pescara di Cna Giovani Imprenditori, titolare di “Santa Ignoranza”: «Senza aiuti concreti da parte del governo sarà difficile per molti ripartire e poter continuare a garantire un lavoro ai propri collaboratori. I ristoratori hanno bisogno informazioni e tempistiche chiare per poter capire come riprogrammare la propria attività. Un ristorante o un locale, poi, non vendono solo del cibo o bevande, ma anche atmosfera: molti di noi si stanno attrezzando con asporto per cercare di tamponare le spese che comunque si sono accumulate nei mesi di chiusura, ma vogliamo tornare a fare il nostro lavoro e abbiamo bisogno di sapere le nuove regole del gioco».
A inquadrare i problemi serissimi della filiera di banchetti e catering è Laura Del Vinaccio, che sulle colline di Mosciano Sant’Angelo gestisce “Borgo Spoltino”: «Di questo settore non parla nessuno, eppure muove grandi numeri e soprattutto si collega a una filiera che dà occupazione anche all’indotto con hotel, agriturismi, b&b, escursioni. Le ombre nel nostro settore si allungano dal presente al futuro, perché sono state cancellate decine di prenotazioni fino a luglio: se non si fanno cerimonie religiose o civili poi non si festeggia. Tanto per capirsi, per la mia azienda rappresentano il 90% del fatturato. Abbiamo provato a lavorare con la consegna a domicilio, ma non funziona: un conto è stare in una realtà urbana, altra cosa in campagna». Proprio sui legami tra tavola, turismo e sulle possibilità di movimento delle persone, pone l’accento Gino Di Masso, titolare nella splendida Scanno, oltre che di una pasticceria e di un caffè, dell’azienda produttrice del Pan dell’Orso: «ll problema è legato soprattutto al post riapertura: ora scontiamo la caduta dei ricavi dovuti all’assenza di clienti. Certo, siamo consapevoli del periodo eccezionale e siamo disponibili a stringere i denti, ma è necessario un piano sul dopo, perché il legame tra settore alimentare, prodotti tipici e turismo è indissolubile».