GIULIANOVA. FRAMMENTI DI STORIA DAGLI ARCHIVI – 49.
di Sandro Galantini
Il 15 settembre 1925 il questore di Teramo Ludovico de Cesare rassicurava il prefetto Umberto Albini che, conformemente alle reiterate disposizioni del ministero dell’Interno, la Pubblica Sicurezza continuava a tenere alta l’attenzione per la repressione del giuoco d’azzardo illegale.
Un vizio vecchio quanto il mondo, e a maggior ragione difficile da estirpare considerando le tutto sommato blande sanzioni previste dal codice penale allora vigente, quello introdotto da Zanardelli nel 1889 in cui si puniva il giuoco d’azzardo stimandolo frutto di perversione della società e di cattivo costume.
A poco era servita anche la nuova disciplina delle case da giuoco introdotta col r.d.l. n. 363 del 27 aprile 1924 che, mirando ad evitare ulteriori sviluppi delle attività clandestine e illegali, aveva consentito ai casinò di Campione d’Italia, Sanremo, Saint Vincent e Venezia di esercitare il giuoco d’azzardo anche in altre forme non espresse dalla legge, di fatto liberalizzandolo.
A confermarlo era proprio il questore di Teramo il quale, appunto nella sua nota del 15 settembre, dava conto dell’operazione condotta dalla PS che aveva impedito a «noti pregiudicati e biscazzieri di Roma» di operare a Giulianova, città turisticamente di grido e dove avevano deciso di riunirsi. Per cui, dopo i provvedimenti di rimpatrio obbligatorio, il questore poteva affermare che quei biscazzieri od altri non «pensarono più al giuoco d’azzardo, che non si tenne né in luoghi pubblici, né in privati». Tanto più che la stagione balneare era ormai conclusa determinando «l’esodo dei forestieri delle spiagge» e il Kursaal, «ritrovo prediletto della parte migliore del paese» ed evidentemente adocchiato dai biscazzieri romani per organizzare le loro attività, aveva chiuso i battenti.