Giulianova. Il Maestro Libero Canzanese e il corallo della famiglia Migliori

GIULIANOVA. FRAMMENTI DI STORIA DAGLI ARCHIVI – 39.
di Sandro Galantini*
«In silenzio opera e compie sforzi senza piagnucolare sui contrasti. Rifugge gli onori, perché è del concetto che non l’uomo deve emergere ma la patria».
Questo, in rapide ma efficaci pennellate, il ritratto che il giornalista Francesco Manocchia consegnava di Liberato Canzanese, suo amico dai tempi della scuola, ai lettori de “Il Lido estivo”, il numero unico giuliese che aveva stampato il 6 agosto 1939.
In quell’anno Liberato Canzanese aveva attivato a Giulianova una lavorazione-scuola, diremmo oggi un corso professionale, dedicata al corallo, forte di una pluridecennale esperienza acquisita come dipendente dei Migliori.
Lavorando inizialmente con Ernesto, il primo a comprendere le grandi opportunità che il corallo poteva offrire all’espansione dell’arte orafa da egli appresa appena quattordicenne, poi con Cesare Migliori, il quale aveva fatto compiere alla ditta di famiglia fondata nel 1890 il salto di qualità sposando la livornese Gilda Lubrano, rampolla di una cospicua famiglia di corallari, Liberato Canzanese era divenuto in breve tempo un abilissimo tecnico e maestro apprezzato nella lavorazione del polipo marino.
Da “tagliatore”, lavoro assai complesso comportando uno studio attento nel calcolo del verso e della venatura del pezzo da tagliare per ottenere il maggior rendimento, era stato partecipe delle fortune della ditta Migliori venute a consolidarsi grazie alle scaltre relazioni commerciali con le Indie e soprattutto con il Giappone, che nel 1910 aveva rinvenuto intorno alle isole di Formosa, oggi Taywan, nuovi e larghi banchi coralliferi. Per cui dopo il 1910 per le collezioni di punta create nei laboratori Migliori di viale dello Splendore non si sarebbe utilizzato più il corallo livornese bensì il più raffinato “Rosa nipponico”.
Eppure era proprio Livorno la città in cui Liberato Canzanese, congedatosi da Giulianova e dai Migliori, si sarebbe trasferito impiantando una sua ditta operante nel settore dei coralli. E che l’ex tecnico sapesse il fatto suo, avendo anche appreso come trattare con le società di export australiane, nipponiche, cinesi e africane, lo indicano le 60.000 lire di reddito presunto in contestazione calcolato nel 1928 dagli organi tributari dell’epoca per l’imposta sui redditi di ricchezza mobile.
La significativa collocazione di Liberato Canzanese nel ceto imprenditoriale livornese si era ulteriormente rafforzata grazie al matrimonio tra la figlia Giliola e Gaetano Martignetti, appartenente ad una famiglia d’origine milanese che a Livorno aveva costruito le sue fortune come gioiellieri sin dai primi del ‘900. Era nata così, si direbbe ripercorrendo in parallelo la vicenda di Cesare Migliori, la ditta Canzanese-Martignetti i cui meravigliosi monili in corallo sono stati esposti nella bella mostra “Il corallo all’epoca di Modigliani. Lavorazione e commercio del corallo livornese nel Novecento” inaugurata nel Museo civico della città toscana lo scorso 21 gennaio.
* Storico e Giornalista