GIULIANOVA. FRAMMENTI DI STORIA DAGLI ARCHIVI – 27.
di Sandro Galantini*
Nel 1828, durante i lavori in corso per la realizzazione della «traversa» per Giulianova della nuova strada distrettuale, cioè il primo tratto dell’attuale via Gramsci dall’odierna statale per Teramo, a non molta profondità iniziarono a mostrarsi alcuni reperti. Si trattava di metalli fusi e pavimenti in mosaico calcinati nelle superfici. Subito dopo, rompendo un grosso muro, gli operai scoprirono un consistente quantitativo (sessanta libbre) di monete d’argento, parte liquefatte e parte arrostite dal fuoco quasi tutte della famiglia Tituria. Le sorprese non erano però finite. Infatti, tra le rovine di quello che doveva essere un vasto edificio termale, emerse anche una preziosa iscrizione lapidaria: PVBLICUM INTERAMNITUM VECTIGAL BALNEARUM.
Epigrafe che sarebbe andata persa, o distrutta, se il giuliese Livio De Dominicis, appassionato studioso delle antichità cittadine, non l’avesse letteralmente sottratta ai martelli degli operai posizionandola in seguito su un muro interno del cortile di casa sua. Niccola Palma, nel darne ragguaglio nel 1833 nel “Bullettino” del Deutsches Archäologisches Institut di Roma, dopo aver proposto alcune ipotesi sulla datazione dei reperti e sul loro significato, concludeva contrariato: «Quindi dopo essersene mandato un saggio al Direttore del Regal Museo Borbonico, che ne ritenne alcune, e respinse il resto, e dopo i pochi acquisti che i curiosi ne fecero; tutto colò in mano degli orefici, con poco profitto degli appaltatori e degli operai, che prima delle misure del Regio Giudice e dell’Intendente, avevano saccheggiato il nascondiglio».