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ATRI. “Caro Jwan, non posso non replicare ai contenuti della tua intervista ascoltata ieri su una emittente radiofonica, poi ricondivisa sui social, per farti comprendere quella che è stata ed è l’esperienza di fronteggiare l’emergenza epidemiologica CoVid-19. Solo perché non l’hai vissuta pensi che la possibilità di ospitare un Ospedale Covid nella città da te amministrata sia una ‘condanna’. Posso dirti che hai perso grandi occasioni. Innanzitutto, l’opportunità di contribuire, concretamente, nel far superare un’emergenza sanitaria che richiede il forte impegno di tutti, indipendentemente dai confini territoriali comunali. Hai speso le tue energie per ‘giocare una partita dura […] attorno a un tavolo […] con la Asl di Teramo […] per avere un ospedale pulito’ e non ti sei accorto che devi ringraziare il San Liberatore di Atri che, con il proprio personale, ‘ha giocato un ruolo fondamentale’ nella situazione emergenziale e mi ha altresì, dato l’occasione di vivere un’esperienza, nella carica che ricopro, lontana da sotterfugi e strategie politiche ma profondamente umana”. Inizia così la lettera aperta del Sindaco di Atri, Piergiorgio Ferretti, al primo cittadino di Giulianova, Jwan Costantini, in riferimento alle dichiarazioni di quest’ultimo sull’avere un Covid Hospital sul territorio comunale come accaduto nella città ducale.
“Te la racconto e con questa lettera mi farò, anche, interprete dei sentimenti di tutta la mia comunità – prosegue Ferretti – che si è, in questi ultimi due mesi, stretta intorno al presidio Ospedaliero San Liberatore, unita da un forte senso di solidarietà verso il personale medico, infermieristico e non, che combatteva per sconfiggere un male invisibile che tragicamente tante vite ha portato via. La conversione dell’Ospedale San Liberatore, avvenuta in poche ore, mi ha condotto, nel mio ruolo di Sindaco, a dover operare con sollecitudine ed urgenza per garantire l’operatività dei servizi sanitari, per tutelare tutti gli operatori del presidio ospedaliero (la cui professionalità e competenza sono ormai riconosciute in ambito nazionale) e quindi proteggere i malati che si sottoponevano alle cure presso il presidio ospedaliero di Atri. A tal fine, il Comune di Atri si è reso disponibile a fornire i locali per il trasferimento del Centro di Salute Mentale e per ospitare tutti gli operatori sanitari provenienti da fuori Regione e da altre province che chiedevano con grande spirito professionale di essere isolati per scongiurare rischi di contagio nella popolazione, a chiusura degli estenuanti turni di lavoro. Ha provveduto a predisporre un servizio sostitutivo per il trasporto di persone dializzate presso le altre strutture sanitarie in collaborazione con le associazioni dei volontari della Protezione Civile, della Croce Rossa e dell’Unitalsi. Ha promosso una raccolta fondi per l’Ospedale San Liberatore, alla quale hanno aderito cittadini, enti, organizzazioni e imprenditori. Sono stati raccolti donazioni in denaro e beni per un importo complessivo di oltre 600.000 euro. Ciò ha permesso l’acquisto e la fornitura di macchinari, di dispositivi di protezione individuali per tutto il personale impiegato nell’emergenza CoViD-19. Di tale iniziativa, devo dedurre che non ne hai compreso l’importanza visto che, nonostante l’invito a farlo, non hai ritenuto di dover pubblicizzare e promuovere l’iniziativa nella tua città, contrariamente alla solidarietà dei Comuni della zona rossa e dei rappresentanti della Regione Abruzzo che hanno favorito, tra l’altro, la sperimentazione di terapie innovative a livello nazionale come l’ozonoterapia e la somministrazione ai pazienti di farmaci che avevano effetti positivi nella cura del CoVid”.
“Ho potuto constatare, – conclude il Sindaco di Atri – poi, la solidarietà di tanti medici collocati in pensione rientrati in servizio tra cui il dottor Gaetano Pallini, esperto di situazioni emergenziali che, senza pretesa di alcun incarico formale, per puro spirito di solidarietà ha fornito il suo prezioso contributo nella conversione dell’ospedale San Liberatore e successivamente ha contribuito alla predisposizione del protocollo di riconversione dell’Ospedale stesso. Ma è soprattutto dal punto di vista umano che questa emergenza sanitaria mi ha arricchito. Ho sentito la mia comunità unita e più forte, pronta a superare ogni ostacolo e difficoltà che si presentavano; ho percepito dei malati il dolore della lontananza dai loro cari, che ho cercato di alleviare con ogni mezzo e con l’ausilio di tutti i volontari della Protezione Civile e con i medici del Presidio per anticipare l’inizio delle terapie nei propri domicili. Vedi caro Jwan, questa emergenza ha rappresentato tutto questo, non una condanna ma un grande esempio di solidarietà, lontana da individualismi dannosi. Hai perso una grande occasione, sicuramente quella di vivere, in silenzio, la “nobile natura” che la mia comunità ha espresso!”.