Spett.le redazione di giulianovanews.it,
leggevo solo ieri sera la notizia della spiaggia dedicata agli autistici a Giulianova.
Pensavo veramente che fosse uno scherzo o una notizia inventata…ho verificato e sono senza parole…da padre di un ragazzo autistico e con una lunga esperienza con la disabilità per altri motivi, posso dire che sono sconcertato… non voglio assolutamente dubitare che tutto il progetto giuliese sia stato pensato e organizzato in buona fede e con tutte le competenze amministrative, professionali e mediche in campo, ma, ancora una volta, nutro seri dubbi di quanto e come le suddette “competenze” siano vicine al mondo reale.
L’autismo è un mondo vasto e complesso, con sfaccettature che comprendono le cause (ancora molto dubbie ), le terapie proposte (a dir poco nebulose), l’integrazione scolastica (una spina nel fianco dell’istituzione scuola), la gestione educativa ed economica in famiglia (talvolta drammatica), le prospettive future di integrazione ed autonomia (angoscianti)…
E secondo voi i suddetti problemi si affrontano con la proposta di una spiaggia riservata?
Sono certo che nell’immediato alcune famiglie aderiranno perché stremate dal lockdown, e saranno pure grate per aver “respirato” un po’, ma il messaggio distorto che si rischia di dare con un’iniziativa del genere vanno molto oltre i problemi che si tentavano di risolvere.
Per capirci basta vedere cosa fanno a Rimini dal 2013 e mi cadono le braccia. http://www.riminiautismo.it/it/friendly-beach.php I nostri romagnoli, a soli 180 km, stessa spiaggia, stesso mare, guardano alla disabilità con uno sguardo costruttivo, ampio, includente, professionale e non pseudo-assistenzialista venato di pressapochismo, saltuarietà e autoreferenzialità…
Basta vedere come a Rimini hanno proposto, da anni, a TUTTE le attività coinvolte, hotel, ristoranti, stabilimenti, educatori, un percorso di formazione per l’accoglienza e i servizi alle persone autistiche. E’ un progetto di diversa portata, lunghezza e peso, siamo d’accordo, rispetto a quello giuliese, ma ha una visione corretta della disabilità, quella della inclusione, non della separazione.
Sull’esempio di Rimini le iniziative da mettere in campo sarebbero piuttosto quelle dirette ai cosiddetti “normodotati”, gli altri, i ragazzi e adulti, alle strutture ricettive, agli operatori, gli stessi turisti ecc…che andrebbero informati, formati, incoraggiati a confrontarsi, accettare, conoscere, convivere con i disabili mentali.
Qui invece si sono semplicemente indicati spazi delimitati più o meno attrezzati e tempi definiti in cui questi ultimi siano relegati. Oppure no?
In ultimo non me ne voglia il dott. Calafiore, https://www.giulianovanews.it/2020/06/giulianova-dott-paolo-calafiore-spiace-leggere-sulla-stampa-parole-al-vento-che-puntano-a-mettere-ombra-su-un-progetto-sensibile/
che si appella all’emergenza COVID per difendere l’iniziativa che secondo lui “non ha nulla a che fare con il tema dell’inclusione e dell’esclusione” e respinge al mittente bollandole come “sciocche” le critiche in tal senso. Il punto non è se il progetto giuliese è inclusivo (sicuramente no) od escludente (a rischio): il nocciolo della questione è che le famiglie con autistici guardano molto più avanti e si sentono distanti rispetto ad una visione meramente assistenzialista e ormai sorpassata che emerge dall’iniziativa delle istituzioni. Calafiore si arrampica sugli specchi per difenderla, aggrappandosi ai 40 anni di professione medica, a definizioni da Treccani e a presunte manipolazioni politiche. Ma la pezza rischia di essere peggio dello strappo. Perché, Covid o non Covid, il tutto rivela una cronica mancanza di progetti inclusivi di ampio respiro e la drammatica assenza di dialogo delle istituzioni preposte con gli operatori diretti del settore, con le associazioni e soprattutto con le famiglie che lottano da una vita per integrare ed includere i loro figli disabili nel tessuto sociale, nella scuola, nello sport, ecc… E si ritrovano all’improvviso una spiaggia dedicata.
“Meglio di niente, accontentati” mi ha detto un amico. Ma se ragioniamo così avalliamo un modello di assistenza sanitaria che avrà sempre una giustificazione per le mancanze o per gli errori. Una volta si chiama “mancanza di fondi”, un’altra “carenza di organico”, poi “colpa della Regione…Comune…ASL ecc..ed oggi “Pandemia”.
Spero vivamente che l’iniziativa “Granelli…di gioia” sia rivista e corretta: sono anche i “normodotati” che hanno bisogno di includere i disabili, e ne trarranno solo vantaggi. Qualunque forma di esclusione o separazione va evitata. In questo caso si potevano cercare soluzioni diverse, ma si è preferito percorrere una strada sicura e battuta che ci riporta anni indietro. E il tutto fatto con le migliori intenzioni.
Granelli…di gioia. Ma Cum grano salis.
Vi ringrazio
Nicola Cericola