L’AQUILA – Ad un anno dall’ingresso dell’Italia nella II guerra mondiale, la Chiesa aquilana
contemplava la chiusura della fase pastorale del novarese presule Gaudenzio Manuelli e
l’avvento del suo successore, monsignor Carlo Confalonieri. Nato a Seveso da famiglia artigiana
il 25 luglio del 1893, ordinato sacerdote alla Gregoriana, cappellano militare nella Grande Guerra,
fu segretario personale, nel 1921, dell’allora primate milanese Achille Ratti (1857-1939), il futuro
papa Pio XI (1922-1939), che nel 1914 fu ospite all’Aquila dei sui nipoti Anteri-Persichetti.
Per taluni osservatori, il fatto che questo plenipotenziario vaticano fosse entrato a L’Aquila dalla
piazza della fontana Luminosa significava una sorta di omaggio al Grande comune di un Adelchi
Serena (1895-1970), allora a capo del Partito Nazionale Fascista. In realtà gli atti ufficiali e gli
orizzonti profondi palesati dal presule milanese in quel tempo difficilissimo, sarebbero stati
improntati alla normale diplomazia verso il regime fascista.
Nella realtà seminariale aquilana, e nello stesso laicato religioso del capoluogo abruzzese,
permaneva l’eco sia del Popolarismo di Vincenzo Rivera (1890-1967), che di quel contrasto tra la
Chiesa e il regime fascista, che, verificatosi sul crinale educativo negli primi anni trenta, aveva nel
1931 ispirato a Pio XI l’enciclica “Non abbiamo bisogno”. Sullo sfondo delle suggestioni neo-
pagane del regime hitleriano da un lato, e le persecuzioni cristiane nei regimi laicisti del Messico e
della Spagna dall’altro, si stagliano le due encicliche antitotalitarie di papa Ratti: “Mit Brennender
Sorge” e “Divini Redemptoris”, entrambe del 1937.
Grande fu la soddisfazione manifestata da Confalonieri in una missiva indirizzata a Giulio
Andreotti (1919-2013), succeduto alla presidenza nazionale della FUCI ad Aldo Moro (1916-
1978), per la ricostituzione del segretariato fucino aquilano intitolato per la parte maschile al
cristiano sociale Giuseppe Toniolo (1845-1918) e per quella femminile a Piergiorgio Frassati
(1901-1925), l’erede della sabauda “Stampa” vilipesa dal fascismo radicale.
Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, l’aquilano che fa parte delle retrovie della “Linea Gustav”
contro gli angloamericani, conosce suo malgrado la sequela di cruciali fatti bellici: nel 1943, il 12
settembre, la liberazione del Duce Benito Mussolini (1883-1945) a Campo Imperatore da
parte degli alianti germanici; il 23 settembre l’eccidio alle Casermette di nove giovani-martiri
aquilani; l’8 dicembre, il bombardamento inglese alla stazione ferroviaria e Zecca di Stato col
tesoro della Wermacht; nel 1944, l’11 maggio, i mitragliamenti aerei a Rocca Di Mezzo, Rocca di
Cambio, San Demetrio, San Gregorio; il 7 e 11 giugno, le rappresaglie di civili ad opera di
Panzergrenadieren a Filetto ed Onna, prima del 13 giugno di Sant’Antonio e della Liberazione
Alleata.
L’Arcidiocesi fu esempio tangibile della strategia adottata in tempo di guerra dal Vaticano di papa
Pio XII (1876-1958), in coerenza ineludibile ai valori cristiani, sotteso ad assistere sfollati e dare
rifugio a chiunque lo chiedesse in chiese e conventi disseminati in Italia. Monsignor
Confalonieri mise a disposizione risorse personali e oggetti del suo corredo sacro per la salvezza
di ogni vita italiana o straniera, senza timore delle reazioni delle autorità della Repubblica Sociale e
germaniche, cui negò ogni tipo di appoggio morale e logistico, anzi, adoperandosi per mettere al
riparo quanti più pezzi di arte sacra aquilana ed abruzzese da razzie di occupanti e bombardamenti
Alleati.
D'intesa col Sostituto segretario vaticano, il futuro Paolo VI, unico e solo alto prelato fuori la curia
romana, Confalonieri ricevette in segreto dalla comunità israelitica internazionale ingenti somme
di denaro destinate all'aiuto di centinaia di ebrei d'Abruzzo e provenienti da Roma e dall'estero.
Causa la distruzione della Zecca di Stato alla stazione ferroviaria, pure, Confalonieri riceveva dal
governatore dell’Istituto di emissione Vincenzo Azzolini (1881- 1967) il modello delle banconote
da mille lire e 90 quintali di carta, occultandole alla Wermacht. Quella che fu la valorosa resistenza
‘bianca’, ignorata dalla odierna stampa “politicamente corretta”, ebbe come referenti il canonico
Giuseppe Di Loreto e Amalia Agnelli, mentre religiosi e religiose, semplici cattolici laici e
laiche, con autentico spirito di abnegazione, a sprezzo di ogni pericolo, provvidero a dare asilo da
parte dell’Arcidiocesi a prigionieri Alleati, ad ebrei e a partigiani.
Riguardo al silenzio sull’eccidio dei nove martiri aquilani, oltre il naturale conforto religioso a
quelle vittime innocenti, che si sia trattato da parte dell’Arcidiocesi di una decisione presa in buona
fede per evitare ulteriori afflizioni alla popolazione, valga il fatto innegabile che essa si sia sempre
opposta con successo alle tante sentenze capitali e di deportazione del tribunale speciale della
Geestaat Polizei di stanza, principalmente, al nosocomio di Collemaggio; senza contare la
diplomazia febbrile svolta da Confalonieri perché L’Aquila fosse dichiarata “città aperta” e per
persuadere la Wermacht e i repubblichini in ritirata verso il Nord a disinnescare le cariche
esplosive in edifici e ponti dell’aquilano, sull’abbrivio della venuta degli Alleati e della varie bande
partigiane. Di qui, nella memoria collettiva, l’uso del termine “miracolo di Sant’Antonio” per
ricordare lo scampato pericolo.
Per finire sui drammatici momenti cittadini, Confalonieri aveva invocato la protezione della
Madonna del popolo aquilano, in un atmosfera di devozione che portò gli agiografi d’epoca a
definire il biennio 1943-44 come luminoso per la storia ecclesiastica. Gli aquilani lo palesarono
tramite il quinto centenario di San Bernardino da Siena (1380-1444) e poi della sua
canonizzazione, e poi con il tredicesimo cinquantenario della incoronazione di Celestino V
(1209/10-1296) con l’esposizione delle reliquie sacre, la ricognizione dei venerati corpi delle beate
Antonia da Firenze (1400-1472) e Cristina da Lucoli (1480- 1543) l’elevazione consacrata da
Pio XII di San Vittorino a compatrono della città.
Il culto mariano assunse poi crismi di enorme penitenzialità collettiva a piazza Duomo, allorché
l’effige della Madonna di Roio, riportata al suo Santuario con una interminabile processione di
gente devota a ciascuna delle tredici sacre edicole pretese da Confalonieri. Cornice di fede ebbero
altresì i cortei per la incoronazione della Madonna di Cittaducale, la Madonna D’Appari, dei
Colli di Barete, ancora, della Madonna del popolo aquilano, venerata alla chiesa di San Marco. Nel
periodo dell’aspra tensione ideologica, Confalonieri curò la comunicazione sociale con il
periodico “Voce Amica”, attento alle questioni sul tappeto nazionale e a quelle schiettamente
municipali.
Tale foglio nel marzo del 1947 sottolineava quanto Confalonieri, nonostante campagne laiciste di
delegittimazione, sovvenisse le famiglie bisognose, distribuendo loro generi di ogni necessità,
prima anche del Piano americano “G.Marshall”. Il presule sostenne anche la città chiamata a
difendere il titolo di capoluogo regionale, nonché la richiesta tesa quanto ad ottenere il ritorno delle
istituzioni universitarie e la prospettiva del collegamento autostradale a Roma ed Adriatico. Lo fece
con parole coerenti, rispetto a forze politiche in ciò a targhe alterne. Una velata polemica ebbe con
altri giornali locali per ridenominare “San Salvatore” la scuola elementare del centro storico poi
intitolata ad “Edmondo De Amicis”.
L’Arcidiocesi stimolò intraprendenti prelati e le ACLI alla fondazione di “Il Risveglio d’Abruzzo”
per una dialettica fra Chiesa e parte laica di alto tenore culturale e democratico. La ripresa del
cattolicesimo aquilano aveva ripercussione nella libera attività politica e nelle epocali tornate
elettorali del 1946 e’48, per via di una maggioranza netta al partito della Democrazia Cristiana di
Lorenzo Natali (1922-1989) l’alter ego in Abruzzo, causa la progressiva scelta monarchica di
Vincenzo Rivera, del vastese Giuseppe Spataro (1897- 1979). Nel mentre del rinnovamento
arcidiocesano, Confalonieri, nel 1950, fu richiamato a Roma in qualità di Segretario della Sacra
congregazione dei seminari e delle università, sicché la municipalità per gratitudine conferirà al
cardinale milanese, tra i candidati alla successione a Pio XII nel 1958, l’onorificenza di “defensor
civitatis”. Il patrimonio di idealità e di energie innestate nel suo “Decennio aquilano” da
Confalonieri sarebbe continuato in un lascito pastorale e civile condiviso dall’intera comunità, al di
là delle divisioni politiche di quegli anni e a futura memoria.
*storico