Grande è stato il contributo degli abruzzesi per il lavoro nel mondo. Perciò, il ricordo della tragedia di Marcinelle il sobborgo operaio di Charleroi in Belgio dove l’8 agosto del 1956 per un incidente in una miniera di carbone morirono 262 minatori, 136 dei quali provenienti in gran parte dall’Italia e molti di questi dalla nostra regione, non può passare come una mera commemorazione ma deve tradursi in una occasione di riflessione
La “Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo”, che proprio oggi viene celebrata, è stata concepita e voluta per informare sul contributo sociale ed economico che i nostri lavoratori hanno portato all’estero. E sottolinearne gli esiti. Italiani che sono emigrati esportando il genio italiano e la laboriosità, che con il loro lavoro hanno contribuito alla crescita delle nazioni in cui decisero di andare a vivere ma che non dimenticarono mai le radici, la cultura e la identità che li avevano forgiati. Riferimenti che sono stati la loro forza quotidiana per difendersi e affermarsi e per promuovere, implicitamente, il nome dell’Italia nel mondo.
Eppure, proprio guardando alla necessità che impose ai nostri conterranei di andare lontano a cercare fortuna, non possiamo non sottolineare come il lavoro sia uno dei diritti primari ancora oggi da garantire. Il lavoro, cioè l’attività che rende l’individuo autonomo e libero e che lo inserisce con un ruolo preciso e gratificante nella società. Un diritto perciò, che dovrebbe essere sempre più un dovere assicurare. Purtroppo, ancora assistiamo alla sua “concessione”, ancora siamo immersi in un’epoca che lo intende come mera necessità cui rispondere con la logica del favore. Ancora è una chimera per troppi giovani. Com’è inquinato, vilipeso, oltraggiato tale diritto, al punto da farne pure oggetto di scambio elettorale!
Com’è dimenticato!
Gli eventi che si susseguono, paiono relegare in un angolo il lavoro, con i suoi problemi e le sue specificità. Cosi, il tema sembra aver perso centralità nel dibattito politico e talvolta non essere più il punto di riferimento della proposta politica per individuare misure e strumenti per difenderlo, garantirlo, assicurarlo, come prevede la nostra Costituzione.
Le necessità che impone questo tempo difficilissimo, ci devono aiutare a costruire un nuovo patto per il lavoro. Sì, accanto alla ricostruzione post-sisma e a quella post-Covid, la politica deve imporre le ragioni del lavoro, che tra l’altro hanno in sé gli elementi imprescindibili per fornire le chiavi di uscita dall’emergenza.
La perdita dell’occupazione per molti a causa della pandemia, lo stato di crisi in cui ha gettato interi settori economici e produttivi, l’impossibilità di protrarre per un tempo indefinito le misure assistenziali, hanno implicazioni generali; ad esse, nella nostra terra, si aggiungono quelle appunto causate dal terremoto. Ecco allora, che questi aspetti pongono la questione di ripensare i tempi e l’organizzazione del lavoro, ponendo sul tavolo l’urgenza di un salto in avanti, per costruire nuovi scenari dove il progresso tecnologico sia davvero al servizio del cittadino, strumento di crescita individuale e collettiva.
Questo anima il mio impegno amministrativo e dà sostanza alla mia passione e alla mia missione politica. La sponda di entrambi è la serenità dei miei concittadini ma so che senza lavoro non può esserci benessere di alcun genere. Il nostro impegno segue questa stella polare.