50 anni di cinema: 117 film da direttore e altri 40 da operatore
Sarà Sergio D’Offizi a ritirare l’Esposimetro d’Oro alla Carriera il prossimo sabato 10 ottobre, al cineteatro Comunale di Teramo, nel corso della cerimonia di premiazione della 25^ edizione del Premio Internazionale della Fotografia Cinematografica “Gianni Di Venanzo”.
La giuria del Premio Di Venanzo, presieduta dal critico e saggista cinematografico Stefano Masi, ha inteso premiare una carriera eccezionale: D’Offizi, nato a Roma il 1 luglio 1934, ha girato ben 117 film come direttore della fotografia, 20 come operatore e 20 come assistente operatore. Una vita intera dedicata al cinema, iniziata a 17 anni seguendo il padre che lavorava nel campo della produzione cinematografica. Ha legato il suo nome a molti film di Alberto Sordi e a tanti altri registi della Commedia italiana. In una intervista rilasciata a Claudio Manari ha ricordato i film a cui si sente più legato: “…in verità li ho amati tutti, ogni film, ogni esperienza professionale mi ha arricchito, mi ha dato qualcosa, mi ha fatto crescere, fare esperienza. Però posso dire che 2 film “emotivamente” sono rimasti nel mio cuore “Detenuto in attesa di giudizio“ di Nanni Loy ed “ Il Marchese del Grillo” di Mario Monicelli .” Oltre che con Alberto Sordi, solido anche il rapporto lavorativo con Nanni Loy, che annovera tra i suoi registi preferiti, e da non dimenticare affatto, tuttaltro, l’aver tenuto a battesimo Massimo Troisi, curando la fotografia del suo eccezionale esordio cinematografico, lo splendido Ricomincio da tre (1981).
Dichiaratosi da sempre un “pellicolaro”, per ribadire che quello che dava la pellicola non può dare il digitale, Sergio D’Offizi ha avuto modo di precisare: “…Paragono il passaggio al cinema digitale, a quello dei miei anni, al passaggio tra il bianco e nero al colore. La tecnologia avanza e credo che i direttori della fotografia come fecero allora debbano avere coraggio ed osare, utilizzando i nuovi mezzi e strumenti sempre per sperimentare nuove tecniche e elaborare la luce… già la luce, scrivere con la luce, illuminare le scene, manipolare la luce, creare le atmosfere volute dai racconti che vengono portati sullo schermo dimenticando il supporto che si usa…”.
Sempre nell’intervista rilasciata a Claudio Manari, Sergio D’Offizi rimarca l’importanza della fotografia cinematografica: “…ritengo che la fotografia sia la materia prima per il cinema, senza non esisterebbe! La fotografia è un sentimento. Non si può fotografare la gioia e il dolore nella stessa maniera. La luce descrive i tanti stati d’animo di una persona, caratterizza le scenografie di un film, impreziosisce i costumi, ma soprattutto riesce ad attutire i difetti di un viso, caratterizzandolo; naturalmente deve essere ben gestita dal direttore della fotografia.”
D’Offizi ha raccontato le sue esperienze in due pubblicazioni: “Sordi ed io- La mia vita sul set” (Lombardi Editori), e insieme a Gerry Guida “Cinquant’anni dietro la macchina da presa – La mia fotografia nei film” (Effepi Libri).