Cultura & Società, In rilievo

Le Forme del tempo Manolo Valdés in mostra a Roma nel Museo di Palazzo Cipolla

L’esposizione dell’artista spagnolo, a cura di Gabriele Simongini, resterà aperta fino a tutto luglio

 

di Goffredo Palmerini

 

 

ROMA – Resterà aperta fino a tutto luglio la mostra di Manolo Valdés, allestita a Roma nel Museo di Palazzo Cipolla, in via del Corso 320. L’esposizione dell’artista spagnolo, curata da Gabriele Simongini, era stata aperta il 17 ottobre 2020 per doversi concludere lo scorso gennaio, ma la pandemia ne ha consigliato la proroga alla fine di luglio. Fortemente voluta dal Prof. Emmanuele Francesco Maria Emanuele, presidente della Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale che l’ha promossa, la mostra è realizzata da POEMA in collaborazione con la Galleria Contini di Venezia, con il supporto organizzativo di Comediarting e Arthemisia. Si tratta di una settantina di opere – provenienti dallo studio dell’artista e da importanti collezioni private – fra quadri e sculture (in legno, marmo, bronzo, alabastro, ottone, acciaio, ferro, ecc.), alcune delle quali di grandi dimensioni, che forniscono un ampio scorcio del percorso creativo di Valdés, dai primi anni Ottanta all’attualità.

 

Nella ricerca figurativa e ludicamente visionaria di Manolo Valdés gli artisti del passato più o meno lontano – da Velázquez a Rubens e Zurbarán, da El Greco a Ribera fino a Léger, Matisse, Lichtenstein, ed altri – diventano interlocutori con cui intrattenere un colloquio costante e ai quali rendere omaggio, ampliando lo spazio polifonico del suo lavoro. È come se l’immagine prelevata da Valdés nel passato più o meno recente si fosse trasformata, recependo i mutamenti dell’arte successiva, particolarmente attraverso l’informale e la Pop Art, fino ad approdare davanti a noi in una nuova veste, con i buchi e le lacerazioni della materia impressi da questo lungo viaggio nel tempo. Il catalogo della mostra, pubblicato da Manfredi Edizioni, contiene testi del Prof. Emanuele, del curatore Gabriele Simongini, di Kosme de Barañano, oltre a tutte le opere esposte e ad un’ampia biobibliografia dell’artista.

 

Gabriele Simongini, storico saggista critico e docente di Storia dell’Arte contemporanea all’Accademia di Belle Arti di Roma, a riguardo dell’evento artistico annota: «Questa mostra è stata ideata dal Prof. Emmanuele Emanuele, insigne mecenate e Presidente della Fondazione Terzo Pilastro – Internazionale, la cui famiglia ha antiche radici ispaniche e che da molti anni intrattiene privilegiati rapporti culturali con la Spagna. Inoltre, come ha scritto Henry James, “a Roma il tempo si disintegra”, e quindi, per forza di cose, proprio qui doveva prima o poi arrivare Valdés, il giocoliere del tempo lineare disintegrato e poi trasformato in opere dalla natura ibrida, essendo nuove ed antiche senza soluzione di continuità».

 

Tra l’altro così scrive ancora il curatore della mostra Gabriele Simongini: «[…] l’opera-matrice, di capitale importanza per l’inesausto andirivieni di Valdés nel labirinto della storia dell’arte, è “Las Meninas” di Velázquez, soprattutto per quell’intreccio fra realtà ed illusione, per quel gioco con la verità e con le apparenze, che costituiscono il cuore di quel capolavoro e del barocco spagnolo ma anche del lavoro stesso di Valdés. L’artista riesce, quasi per magia, a conferire una tridimensionalità scultorea a figure e personaggi prima “condannati” alla bidimensionalità della tela, ed opera un continuo ribaltamento di ruoli nei valori plastici attribuiti alla pittura con la sua strabordante matericità e in quelli pittorici dati spesso alla scultura tramite l’importanza del colore, nonché nella sorprendente “materializzazione” plastica del disegno in opere di notevoli dimensioni ma dall’estrema leggerezza visiva e poetica. […] ».

 

Annota il prof. Emmanuele F. M. Emanuele: «Le opere di Valdés, siano esse dipinti o sculture, sono percorse da una forza e una vitalità dirompenti, trasmesse dalla sapiente lavorazione che l’artista fa dei materiali più vari, fino a comunicare allo sguardo quasi una sensazione tattile. Del suo lavoro apprezzo, in particolare, l’attitudine ad attingere in maniera del tutto trasparente e naturale al repertorio artistico del passato per reinterpretarlo in chiave contemporanea, a conferma della mia convinzione che l’arte è un fluire ininterrotto, un dialogo costante tra i grandi di ieri e di oggi, e che non ha dunque senso racchiuderla in periodi rigidi ed impermeabili tra loro. Dare spazio ad eventi come questa mostra è ancora più importante in questo drammatico momento storico, afflitto dall’emergenza sanitaria e dalla conseguente grave crisi economica e sociale che ci ha colpiti, alla quale mi prodigo per dare risposta anche attraverso l’arte e la cultura, nella speranza di contribuire ad alleviare la penosa condizione esistenziale in cui si trovano i nostri concittadini.».

 

Manolo Valdés nasce in Spagna, a Valencia, l’8 marzo 1942. Nel 1957, si iscrive alla Real Academia de Bellas Artes de San Carlos di Valencia. Due anni dopo lascia la scuola per dedicarsi interamente alla pittura. Nel 1962, partecipa all’Esposizione Nazionale di Belle Arti, presentando l’opera “Barca” – ora al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía -, nella quale già sono evidenti quelli che saranno gli elementi costanti della sua pittura: il tema figurativo e l’uso informale della materia. Valdés attinge molto dal patrimonio artistico spagnolo, in particolare da Velázquez e Picasso, e dall’informale dei suoi immediati predecessori: Manolo Millares, Antonio Saura e Antoni Tàpies.

 

Nel 1965, insieme a Rafael Solbes e Juan Antonio Toledo, Valdés partecipa al XVI Salone della Giovane Pittura di Parigi, ottenendo un grande successo di critica. Nasce così il gruppo Equipo Crónica, che si differenzia dal gruppo precedente per il prevalente utilizzo della pittura e la scelta di una tematica più ampia, impersonale e fortemente influenzata dalla Pop Art, con uno sguardo critico verso il regime franchista e la storia dell’arte. Toledo lascia il gruppo molto presto, mentre Valdés e Solbes continuano a lavorare insieme fino alla morte di quest’ultimo nel 1981. Nel 1983, Manolo Valdés ottiene un notevole successo anche nell’ambito della grafica e riceve il Premio Nazionale delle Arti Plastiche. Tre anni dopo, viene invitato a partecipare alla Biennale del Festival Internazionale di Arti Plastiche di Baghdad, dove ottiene la Medaglia d’Oro.

 

A partire dal 1992, l’artista concentra il suo interesse sulla scultura e decide di aprire uno studio più grande a New York, dove si era trasferito nel 1988. Nel 1999, insieme a Esther Ferrer, Valdés rappresenta la Spagna alla Biennale di Venezia. Nel 2000 ritorna in Spagna e alterna i suoi soggiorni tra New York e Madrid. Nel 2002 il Guggenheim Museum di Bilbao gli dedica una retrospettiva. A Madrid, realizza un insieme di sculture per il nuovo aeroporto internazionale. Nel 2006, al Museo Reina Sofia, si tiene una retrospettiva, nella quale vengono riuniti tutti i lavori dei suoi ultimi venticinque anni. Da menzionare sono, a seguire e fra le tante, le esposizioni al National Art Museum of China di Pechino e allo State Russian Museum di San Pietroburgo. Nel 2019 gli è stata dedicata un’importante antologica nel Museo Casa Rusca di Locarno.

 

Sue opere sono nelle collezioni del Metropolitan Museum of Art di New York, Musée National d’Art Moderne Centre George Pompidou di Parigi, Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía a Madrid, Fundaciòn del Museo Guggenheim a Bilbao, Kunstmuseum a Berlino, solo per citarne alcune. Sue sculture monumentali sono state esposte o installate in permanenza a New York (Park Avenue; Botanical Gardens; Broadway), a Parigi (Place Vendôme; nei giardini del Palais Royal), a Madrid, Valencia, Montecarlo e Pietrasanta. Attualmente Manolo Valdés vive e lavora a New York e Madrid, ed è rappresentato in Italia dalla Galleria d’arte Contini.

 

 

 

 

 

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