TRA CARTE DA CUCU’ CAMPLESI E MONTORIESI E IL SUO PRIMO ROMANZO
“IO SONO DI ASPIES, GIOVANE VALOROSO DEL PRETUZIO”
Nicolino Farina lavora come Funzionario per le Tecnologie alla Direzione Regionale Musei d’Abruzzo
presso il Museo Archeologico Nazionale di Campli. Da giornalista ha saputo raccontare il territorio
aprutino come pochi. Ha pubblicato oltre trenta libri di cui tre dedicati al Cucù, un gioco di carte che
appassiona Montoriesi e Camplesi.
Caro Nicolino il tuo libro “Fermatevi Alquanto. Il Cucù dalla Torre degli Asinelli al Grattaculo tra
Gnaf e Bum” edito nel 2019 da Artemia Nova Editrice è diventato un punto di riferimento
internazionale per ogni collezionista o studioso di carte da gioco.
«Nel libro si fa chiarezza sulla storia e l’origine del gioco praticato con le speciali carte. Purtroppo la
pandemia non mi ha permesso di presentarlo a Montorio al Vomano e a Bologna, la città che sicuramente
ha visto nascere le carte da Cucù. Ha avuto consenso d’intenti a Brescia nella presentazione organizzata
dall’associazione “7Bello Cartagiocofilia Italiana” che raccoglie i maggiori collezionisti ed esperti di
carte d’Italia. Proprio sabato 26 giugno scorso, a pagina 20 del quotidiano Giornale di Brescia è comparso
un articolo sulle carte da gioco in cui si cita il mio lavoro sul Cucù. Spero di presentare il libro anche a
Montorio al Vomano che insieme a Campli ha tenuto in vita questo gioco salvandolo dall’oblio».
Hai anche disegnato alcune carte da gioco da Cucù?
«Si oltre alle carte da Cucù camplesi, ho disegnato delle carte da Cucù bresciane e delle carte da Gnav
norvegesi. Lo Gnav in uso in Danimarca e Norvegia è un gioco simile derivato dal Cucù cosi come il
Kille in uso in Svezia e Finlandia. Del mazzo disegnato per la città di Brescia, su iniziativa dell’avvocato
Gustavo Orlando Zon, ho avuto la proposta di incrementarlo per farlo diventare un mazzo da Cucù
bresciano-bergamasco».
Il gioco del Cucù quindi sta trovando un nuovo interesse in Italia e all’estero?
«Grazie al mondo straordinario del collezionismo le carte speciali da Cucù sono oggetto di grande
interesse internazionale. In Giappone, per esempio, dal 2000 si stampa un mazzo da Cucù con le scritte in
italiano e didascalie in giapponese. L’antico gioco con le specifiche carte da Cucù, per la sua specificità e
attuale rarità rappresenta uno scrigno d’interesse che può restituire un capitolo della storia
dell’antropologia culturale assai interessante che s’inserisce in quel grande filone della storia sociale che
studia l’evoluzione, la “lunga durata”, concepita da Braudel, delle mentalità, delle usanze delle
costruzioni simboliche e culturali che hanno attraversato i secoli, stratificando segni, significati,
comportamenti sociali, definendo e codificando regole e sanzioni».
È vero che il libro è apprezzato anche all’estero?
«Si, una libreria tedesca, mi ha fatto sapere la titolare di Artemia Nova Edizioni, ne ha commissionate
dieci copie; io personalmente ho spedito copie a studiosi in Inghilterra, Olanda, Norvegia, Svizzera,
Austria e Giappone. Il libro poi ha ricevuto un premio come saggio, il 19 giugno di quest’anno, al
Concorso letterario “Città di Grottammare”».
Attualmente cosa hai in programma a livello editoriale?
«Giovedì 15 luglio 2021 alle ore 20,30 verrà presentato alla necropoli di Campovalano il mio primo
romanzo intitolato “Io sono di Aspies, giovane valoroso del Pretuzio” pubblicato sempre da Artemia
Nova Edizioni».
Questa volta, dunque, ti cimenti a livello letterario?
«Si è vero, si tratta di un romanzo storico ambientato nel Pretuzio del VII secolo a.C. L’amore per la terra
natia, la curiosità, l’interesse per l’arte e la storia, le indagini in ambito di antropologia e di etnologia con
particolare interesse alla enogastronomia, hanno contraddistinto la mia vita e la mia formazione. Il
raccontare il territorio da ricercatore e giornalista, poi, mi ha avvicinato fortemente all’archeologia.
Fondamentale è stato il lavoro svolto da oltre quarant’anni nelle varie Soprintendenze Abruzzesi fino
all’approdo, nel 2010, al Museo Archeologico Nazionale di Campli e alla Necropoli di Campovalano che
mi ha permesso di toccare letteralmente con mano i reperti archeologici rinvenuti nel Teramano e
confrontarmi con tanti colleghi “scavatori” di lungo corso e affermati archeologi. Il romanzo,
naturalmente non vuol essere un trattato di storia ma un racconto avvincente, spero, capace di suscitare
emozioni e interesse in chi lo legge. Il fine, come per ogni scrittore, è il privilegio di saper regalare un
sorriso e il far vibrare qualche corda recondita dello spirito dei lettori».
Il romanzo che storia intreccia e chi è il protagonista?
«Aspies Pompelio è un pretuziano di diciotto anni che vive le inquietudini della sua età e del suo tempo
all’epoca del VII secolo a.C. Insieme a tutti gli altri giovani della comunità vive il passaggio della pubertà
e della spensieratezza alla condizione di adulto e delle responsabilità. Per la cultura del suo popolo è un
periodo di grande emotività carico di simbologie e condizioni di vita sociale in cui si entra nella comunità
degli uomini. Vive a Campii (Campli), la cittadella che identifica un vasto territorio ricco di borghi, posta
ai piedi dei Monti Gemelli, a ridosso di pascoli montani, boschi, colline e fiumi, non lontana da Pretut
(Teramo), la capitale dello Stato, e dal mare. È un territorio vocato alla pastorizia, alla produzione di olio
e vino, ricco di legna, acqua, cave di pietra, creta e ferro con una popolazione economicamente florida,
dedita soprattutto all’allevamento ma dotata di raffinati artigiani e abili commercianti. Un episodio
traumatico vissuto da bambino, gli ha segnato profondamente l’anima. Diventato un valente cavaliere
della milizia pretuziana va a difendere la sua comunità in scontri armati che lo vedono protagonista. Gli
eventi lo riportano all’episodio nefasto subito nella fanciullezza. Il turbamento lo tormenta fino a
fortificarlo, mentre l’amore travolgente per Livia gli ruba ogni pensiero. Agli albori della storia dell’Italia,
le vicende di Aspies aiutano a comprendere a fondo il territorio del Pretuzio abitato da un popolo antico di
stirpe Italica, capace di una cultura straordinaria e inaspettata che può restituire il giusto merito storico e il
senso di appartenenza alla provincia di Teramo e all’intero Abruzzo».
Pubblicato già su La Città, quotidiano d’Abruzzo, del 30 giugno 2021
pietro.serrani@tin.it