Antonio Lera: SVILUPPARE LA TOLLERANZA NELLA RESILIENZA. SIAMO UN UNICO TESSUTO SOCIALE

 

Oggi più che mai appare imperativo sviluppare la tolleranza all’interno del percorso di resilienza personale e collettivo che sottolinea l’assunto che siamo un unico tessuto sociale, quest’ultimo principio sempre più importante soprattutto a seguito dell’emergenza legata alla pandemia del Covid.

Se è vero che l’emergenza epidemiologica, con le sue varie fasi, ha determinato uno sconvolgimento sociale, mettendo in discussione tutti i paradigmi regolatori della collettività ed in particolare ha costretto molti a operare delle scelte sia in termini individuali che collettivi, è vero anche che ciascuno è chiamato a risolvere il conflitto creatosi all’interno del rapporto tra dovere e diritto, rispetto ai temi fondamentali della salute e del lavoro che assieme rimandano alla responsabilità delle scelte che non debbono trasformare ogni situazione in discussione, conflitto e lotta per la supremazia.

Sviluppare la tolleranza non significa dunque cedere, fare un passo indietro ma al contrario sottolinea le capacità di resilienza sociale nel difficilissimo compito di saper disinnescare ogni circostanza che allontani dalla cooperazione essendo sempre vincente la linea del rispetto della diversità, soprattutto in termini di scelte.

 

 

 

 

Non dobbiamo farci condizionare dal fatto che una parte della collettività scelga l’adesione al vaccino ed un’altra parte di cittadini (lavoratori o meno), scelga di non vaccinarsi. Ciascuna delle scelte merita rispetto a prescindere da quella che potrebbe essere ritenuta la migliore, poiché la cosa più importante è il non far seguire alle distanze e restrizioni legate all’emergenza Covid, delle distanze sociali o ancor peggio l’erezione di barricate di pensiero e di azione tra cittadini che si trovano all’interno di uno stesso tessuto sociale.

Occorre una dimostrazione di maturità da parte di tutti per impedire lo scollamento sociale e garantire la scelta individuale in termini di democrazia collettiva nell’ottica del principio di sussistenza della solidarietà e della condivisione delle responsabilità  con ampie riletture delle norme, non individuando come unica soluzione alle problematiche attuali il vaccino anti Covid, nella prospettiva della liberazione e del ripristino delle frequentazioni sociali che potrebbe di per sé essere assai condizionante, polarizzando l’attenzione del cittadino sui vantaggi secondari della scelta vaccinale che diviene cosi l’unica opzione ragionevole per il ritorno alla cosidetta normalità, sacrificando completamente il diritto del cittadino che di fatto si riduce e non può trovare ristoro in nessun decreto e con nessun indennizzo, quando viene meno la libertà.

 

 

 

 

 

D’altro canto emerge sul piano del principio di solidarietà ed è facilmente visibile come il ricorso alla vaccinazione e al distanziamento possa contribuire positivamente al miglior controllo della  pratica medico-sanitaria, considerando inoltre che la pratica vaccinale è solo consigliata e che da sempre esiste un obbligo vaccinale per alcuni vaccini e una raccomandazione per altri.

La tutela della salute pubblica e privata, è infatti appannaggio di tutti i cittadini e l’atteggiamento di ciascuno deve tener conto delle necessità della collettività. Allora esiste un miglior atteggiamento strategico all’interno di questo specifico contesto storico?

Entrambe le posizioni sono supportate da politiche informative basate sulla persuasione in un senso e nell’altro verso la scelta vaccinale o l’obiezione vaccinale.

Appare evidente come i relativi convincimenti che sottendono le rispettive posizioni assumano a volte carattere intimidatorio che va al di là delle scelte stesse, esprimendosi spesso il concetto chela miglior scelta è la propria, per cui da un lato l’intensificazione del processo vaccinale per il controllo della curva pandemica e dall’altro lo sconfessamento sistematico dell’utilità dell’impiego dei vaccini nella lotta al Covid, privilegiando di fatto la scelta del sostegno del sistema immunitario del singolo soggetto e sottolineando anche gli effetti indesiderati del vaccino.

 

 

 

 

Le parole diritto, ambiente, lavoro, autonomia e soprattutto salute,  sono i paradigmi che emergono dall’epidemia correlati tra loro, all’interno di una permeabilità reciproca, tra necessità collettive ed aspirazioni individuali, laddove si pretenda di cristallizzare gli obblighi individuali, in assenza di comprovate ed efficaci misure profilattiche e/o terapeutiche.

Se da un lato la scelta vaccinale appare essere alquanto sicura in quanto sottoposta a tutte le verifiche di sicurezza sul piano scientifico, non si può pretendere che tutti i cittadini aderiscano, come in tutte le cose della vita.

Prendersi cura della propria salute e di quella del tessuto sociale in cui siamo immersi, come organelli facenti parte delo stesso citoplasma,  è in ogni caso un compito di ciascuno di noi, uscendo però dalla deriva della tensione sociale e della protesta incondizionata con l’additamento verso chi aderisce al piano vaccinale.

Occorre dunque affrontare nel modo più delicato possibile la questione dello scarto sociale tra chi si vaccina e chi non si vaccina, raggiungendo il costrutto che deve vincere comunque il principio di equalità e di diritto per cui non occorre aggiungere distanza al distanziamento ed anzi mettersi gli uni al servizio delle ragioni dell’altro senza alcuna riserva, privilegiando il senso etico sociale che tanto bene può portare alla collettività ed al singolo, fino a  rendere una nazione un tempio sociale.

ANTONIO LERA (Scrittore e Psicoterapeuta)