Il bastione di nord-est, oggi inglobato nel palazzo Re, era chiamato “torrione Castorani” perché dato a censo a questa famiglia, che abitava nei pressi, per gran parte dell’Ottocento. Filippo Castorani nel 1816 infatti aveva chiesto la concessione, dietro il pagamento di un canone, sia del torrione, descritto come “… quasi cadente ed abbandonato al solo uso delle immondizie”, sia del sito adiacente per appoggiare il resto della sua casa con le mura del paese. Filippo Castorani era il fratello minore di Andrea, arciprete parroco di S. Flaviano e di Vincenzo, impegnato in diverse attività economiche (fra l’altro fu il primo armatore giuliese). Filippo fu cassiere comunale, sindaco facente funzioni, esattore della fondiaria, ricevitore doganale e procuratore a Giulianova della mensa vescovile. Per la cura e la lealtà dimostrate in questo incarico il vescovo Nanni lo ricordò nel testamento: «In segno poi di mia gratitudine li lascio e dono una coperta da letto di damasco rosso ed un taglio di abito a sua elezione del valore di ducati 30. All’arciprete suo fratello poi lasciò in dono il mio mantello violaceo con cordoncino d’oro».
All’età di 16 anni aveva sposato Teresa Ciafardoni di venti anni più grande ma, per il gossip dell’epoca, artefice dell’operazione era il fratello Andrea, accusato dall’intendente in un rapporto al Ministero dell’Interno con queste espressioni: “Seduce egli una signorina per darla in moglie ad un piccolo fratello”.
Filippo Castorani morì nel 1826 a 35 anni lasciando quattro figli: Rachele nata nel 1807, Marianna nata nel 1809, Flaviano nato nel 1813 e Maria Addolorata nata nel 1815. Quest’ultima si coniugò con il medico Tommaso Gaspari di Teramo, mentre agli altri fratelli si deve il lascito che ha dato origine all’omonimo istituto educativo assistenziale. Già Flaviano, morto anche lui prematuramente nel 1849, aveva disposto con atto privato reso pubblico, di lasciare eredi usufruttarie le sorelle, ma alla morte di queste tutti gli averi dovevano andare all’Ospedale S. Rocco. E così disposero Rachele e Marianna per testamento rogato dal notaio Volpi il I marzo 1899.
Tornando al torrione, nel 1871 Antonio Re ed i cognati, fratelli Valentini, chiesero in concessione “…un piccolo tratto di suolo pubblico fuori Porta Madonna e precisamente quello adiacente alla circonferenza del torrione Castorani…”. Dieci anni più tardi le sorelle Rachele e Marianna Castorani vendettero il torrione, “ora addetto a stallone”, ad Antonio Re e ai fratelli Valentini, dichiarando di possederlo come facente parte della loro abitazione, insieme ad una porzione “del largo interno scoperto e precisamente quello in confine con le mura del paese”, in modo che gli acquirenti potessero aprire una nuova porta d’accesso al torrione dalla parte del corso. In tal modo si posero le condizioni per costruire attorno al torrione il palazzo Re come lo vediamo oggi.
Secondo chi scrive di questo bastione abbiamo anche una testimonianza artistica dovuta allo scultore Raffaello Pagliaccetti. Infatti il disegno a matita conservato presso il museo civico di Teramo dal titolo “il torrione”, firmato dall’artista, raffigura un tratto di cinta muraria con un bastione in primo piano. Poiché accanto alle mura sono raffigurate tre donne con le conche sulla testa, che evidentemente fanno ritorno al paese dopo aver raccolto l’acqua alla fontana, si può ragionevolmente ipotizzare che queste provengano dalla “fontanella” esistente sul lato est sotto le mura, percorrendo il sentiero che porta al torrione Castorani e quindi alla Porta da Capo.
Nelle foto il disegno di Pagliaccetti e il soffitto a volta ribassata del locale superiore del torrione Castorani, ora inglobato nel Palazzo Re.