Bisegna (L’Aquila)1210 metri sopra il livello del mare; sorge su uno sperone roccioso posto ai piedi della Montagna Grande, proprio all’inizio della Valle del Giovenco. È situato all’estremità settentrionale del Parco Nazionale d’Abruzzo, ed è punto di partenza di numerosi itinerari naturalistici. Le telecamere Rai con Sem Cipriani si sono spinte fin qui insieme allo scrittore Peppe Millanta per una nuova puntata della rubrica a cura di Paolo Pacitti,“Quota Mille”.
Il borgo attuale, edificato nel periodo dell’incastellamento, probabilmente sorge sulle rovine dell’antico castello Visinio, dei Marsi, distrutto nel 270 a.C.
Il nome potrebbe significare “esce dal fiume”, a ricordare la presenza qui della sorgente del Giovenco, e si è modificato nel tempo fino all’attuale denominazione di Bisegna.
“La fortuna del borgo – spiega Millanta – è sempre stata legata alla sua posizione strategica: qui infatti il Fucino si collega con la Marsica, e ne è testimonianza la torre, utilizzata in passato per gli avvistamenti e per il controllo del passo, e in collegamento ottico con altre torri poste lungo la valle. Ma sparsi per il borgo ci sono dei segni più meno evidenti, che ci possono raccontare molto dell’importanza del luogo”.
“Si tratta – prosegue – di queste mezzelune, che troviamo scolpite in molte costruzioni: rappresentano il crescente lunare, simbolo della famiglia romana dei Piccolomini, signori del luogo. Poco più avanti troviamo incisa la scritta ‘Audaces Fortuna Iuvat 1541’ e al centro una mezzaluna posta su una colonna: con ogni probabilità celebra un avvenimento accaduto tra i Piccolomini e i Colonna, i loro acerrimi nemici, che avevano come stemma, appunto, una colonna”.
Nei dintorni di Bisegna si trovano delle pietre rossastre: si tratta di bauxite, un minerale da cui si estraggono ferro e alluminio; a San Sebastiano dei Marsi infatti, frazione di Bisegna, nel 1844 fu costruita una ferriera, di cui oggi si possono ammirare i resti, che veniva rifornita grazie ad un sentiero d’alta quota che arrivava fino alla miniera della vicina Lecce nei Marsi, nella località non a caso definita Collerosso.
A parlarne è anche un testimone d’eccezione, il viaggiatore e scrittore inglese Edward Lear, che passò di qui l’anno prima della sua apertura e che riporta nel suo diario un divertente aneddoto: pare che nello stesso periodo, nelle vicinanze, fosse stata aperta anche una fabbrica per estrarre lo zucchero dalle patate, e che gli abitanti, di fronte a tutte queste novità, fossero ancora un po’ confusi, tanto da domandargli se fosse uno di quegli stranieri arrivati lì per tirare fuori lo zucchero dal ferro.
Fu scelto proprio questo luogo per alcuni fattori strategici, come l’abbondanza delle acque, e la vicinanza dei boschi per il legname. E da qui quindi si può immaginare che partisse una lunga processione di animali da soma, muniti di ceste e sacchi.
La ferriera produceva per lo più oggetti per il camino, grate, e ringhiere per i balconi, come se ne vedono ancora tante per le case del paese, e fu dismessa alcuni decenni dopo. Oggi sul posto sono ancora visibili i suoi ruderi, mentre si è lasciato spazio alla costruzione dell’acquedotto.
Ma il percorso che portava dalla miniera alla ferriera compone oggi il Cammino della Bauxite, inserito nella Rete Italiana dei Cammini.
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