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Giornata Mondiale del Rene: la SIMG propone un nuovo ruolo per il medico di famiglia. Grazie ai nuovi strumenti una diagnosi precoce è possibile

La Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie rinnova la collaborazione con i nefrologi per affrontare la malattia renale cronica. È una patologia che colpisce il 10% della popolazione mondiale, con gravi conseguenze e un tasso di mortalità in crescita. Rilevanti i costi per il SSN. La dieta mediterranea può essere alleata

Il Medico di Medicina Generale può essere determinante nell’individuare precocemente i pazienti affetti da malattia renale cronica, spesso dovuta a ipertensione, diabete o scompenso cardiaco, caratteristiche proprie della maggior parte di coloro che frequentano i nostri ambulatori” sottolinea Gaetano Piccinocchi, Consigliere SIMG

Il prossimo 10 marzo si celebra in tutto il mondo la Giornata Mondiale del Rene. Si tratta di un’iniziativa promossa dalla Società Internazionale di Nefrologia e dalla Federazione Internazionale delle Fondazioni del Rene, volta a creare consapevolezza sulla necessità di comportamenti preventivi, sui fattori di rischio, sull’importanza di una diagnosi precoce, su come convivere con una malattia renale cronica, patologia talvolta sottovalutata, ma dalle conseguenze molto gravi, visto che può condurre a dialisi o trapianto ed è gravata da un alto rischio cardio-vascolare.

UN NUOVO RUOLO PER IL MEDICO DI FAMIGLIA – La Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie ha aderito alle iniziative della Giornata con l’obiettivo di definire una nuova collaborazione tra Medici di famiglia e specialisti nefrologi. “Il Medico di Medicina Generale può essere determinante nell’individuare precocemente i pazienti affetti da malattia renale cronica, spesso dovuta a ipertensione, diabete o scompenso cardiaco, caratteristiche proprie della maggior parte di coloro che frequentano i nostri ambulatori – sottolinea Gaetano Piccinocchi, Consigliere SIMG – Talvolta questi pazienti vengono curati per la patologia di cui soffrono, ma senza che si presti sufficiente attenzione alla funzionalità renale, rischiando una degenerazione verso la malattia renale cronica. Occorre dunque prestare maggiore attenzione a questo aspetto ed è necessaria una collaborazione più strutturata con gli specialisti e che le regioni si dotino di PDTA sul tema”.

I NUOVI STRUMENTI A DISPOSIZIONE DEL MMG – Un apporto più significativo del Medico di famiglia oggi è possibile. Il suo ruolo è rilevante anzitutto perché nei cinque stadi che contraddistinguono la malattia renale cronica, la presa in carico del paziente spetta al MMG fino alla prima parte della terza fase. Quest’ultima, infatti, si distingue in base al filtrato glomerulare in 3a e 3b, quando poi dovrebbe subentrare il nefrologo.

Una funzione più incisiva del Medico di famiglia oggi è possibile grazie all’informatica – evidenzia Piccinocchi – Oltre alla cartella clinica, il MMG dispone di alcuni gestionali che permettono di identificare rapidamente i pazienti con fattori di rischio: nel momento in cui si prescrivono esami per patologie come diabete, ipertensione, obesità, il programma calcola in automatico il filtrato glomerulare, ossia la funzionalità renale, definendo lo stadio di malattia renale cronica. Questo sistema permette anche di praticare la cosiddetta medicina di iniziativa: il MMG può valutare lo stadio di funzionalità renale dei pazienti affetti da fattori di rischio tramite i valori presenti nel database. Come ulteriore supporto, la SIMG sta facendo partire un’iniziativa che permetterà di dotare i MMG di strumenti per verificare il calcolo dell’albumina nelle urine, che costituisce un ulteriore indice di approfondimento diagnostico”.

L’INSUFFICIENZA RENALE CRONICA IN NUMERI – I dati ufficiali relativi alla malattia renale cronica rischiano di essere sottostimati, vista la scarsa identificazione nelle prime fasi, ma aiutano, comunque, a far comprendere la gravità della patologia e delle sue conseguenze. “La malattia renale cronica ha una prevalenza al mondo nel 10% – spiega il Prof. Luca De Nicola, Professore ordinario di nefrologia e Direttore della Scuola di specializzazione all’Università Vanvitelli di Napoli – In Italia, grazie alla dieta mediterranea, siamo sul 7%, quindi colpisce circa 2-2,5 milioni di individui. Negli ultimi 10 anni, però, in Italia gli ingressi in dialisi sono sostanzialmente rimasti invariati, con circa 45 mila pazienti oggi in trattamento dialitico. Inoltre, a differenza di altre patologie cronico-degenerative come ictus o infarto, la mortalità per malattia renale cronica è in crescita a causa degli elevati numeri di diabete e ipertensione. Ciononostante, malattie come le neoplasie, che provocano un’aspettativa di vita analoga alla dialisi, vengono percepite diversamente da media, cittadini, comunità scientifica: da un’indagine dell’ANMCO – Associazione Nazionale Medici Cardiologi e dell’ISS è emerso che in Italia tra i pazienti affetti da malattia renale cronica (circa 2,5 milioni) solo il 10% ne era consapevole. Questo impone una maggiore collaborazione tra MMG e i diversi specialisti coinvolti (diabetologo, cardiologo, nefrologo), tanto più che oggi abbiamo a disposizione numerosi farmaci per cambiare la storia naturale della malattia”. È pertanto fondamentale riferire il paziente nefropatico al nefrologo in presenza di una funzione ridotta (filtrato renale inferiore a 45 mL/min), proteinuria, anemia, ipertensione resistente alla terapia standard.

PREVENZIONE E CURA TRA NUOVI FARMACI, DIETA MEDITERRANEA E CORRETTI STILI DI VITA – La prevenzione del danno renale può rivelarsi fondamentale, mentre in caso di avanzamento della patologia, si può disporre di farmaci efficaci e innovativi. “Negli ultimi anni, la nefrologia sta vivendo una nuova era grazie a farmaci innovativi che cambieranno la storia naturale della malattia renale cronica e rallenteranno la progressione del danno renale verso la terapia sostitutiva (trapianto o dialisi). In aggiunta agli inibitori del RAS, stanno entrando nella pratica clinica quotidiana le gliflozine, farmaci che hanno dimostrato una capacità protettiva cardio-renale – commenta il Prof. Loreto Gesualdo, Professore Ordinario di Nefrologia presso l’Università di Bari – Nate per contrastare il diabete, le gliflozine riducono il rischio di entrare in dialisi anche del 40%. Intervenire nella cura della patologia prima di arrivare al trattamento sostitutivo (dialisi o trapianto) influisce notevolmente anche sugli aspetti socio-economici: un paziente con malattia renale cronica, nei diversi cinque stadi, può costare da 2 a 7mila euro all’anno, ma quando inizia la dialisi può costare tra i 35 e 50mila euro per anno. Per questo è necessario adottare interventi di prevenzione primaria basati sui corretti stili di vita (alimentazione di tipo mediterraneo, attività fisica, astensione dal fumo, assunzione moderata di alcol, costante idratazione) che sono in grado di modificare l’incidenza della malattia renale cronica, in quanto prevengono diabete, obesità e ipertensione che rappresentano il 70% delle cause di malattia renale cronica (il restante 30% è dovuto a glomerulonefriti e malattie genetiche)”.

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