Il magistrato Caterina Chinnici, europarlamentare, ha incontrato questa mattina, al Kursaal di Giulianova, alcune classi delle scuole cittadine, nell’ ambito di “Parole in circolo”, la rassegna organizzata dall’ associazione Forum Artis in collaborazione con la Biblioteca Civica ed il Patrocinio del Comune di Giulianova. Erano presenti il Vicesindaco Lidia Albani, gli assessori Paolo Giorgini e Soccorsa Ciliberti, il direttore della Biblioteca e dei Musei civici Sirio Maria Pomante, il professor Mastrocola, Rettore dell’ Università di Teramo, il Comandante della Compagnia Carabinieri di Giulianova, il Tenente Colonnello Vincenzo Marzo, il Comandante della Guardia di Finanza di Giulianova, Capitano Teo Sordillo, quello della locale Guardia Costiera, il tenente di Vascello Daniela Sutera e, per la Polizia Municipale, il Maresciallo Mauro Bontà. Ha colloquiato con Caterina Chinnici la giornalista e promotrice della rassegna Alessandra Angelucci. Il Magistrato, figlia del giudice Rocco Chinnici, ucciso dalla mafia il 29 luglio 1983, ha condotto il dialogo lungo un duplice binario: da una parte il filo dei ricordi familiari, dall’altro la riflessione sociale, storica, morale. Dal palco del Kursaal, si è dunque dipanato un discorso vivace, mai scontato, interessante perchè alimentato, in ogni suo punto, dalla testimonianza personale e dalle convinzioni radicate in una limpida esperienza personale, professionale e, nell’accezione migliore e più vitale del termine, “politica”. Alla platea, l’onorevole Chinnici ha consegnato parole ed immagini: su tutte, quella di Rocco Chinnici, padre discreto, autorevole senza essere autoritario, che esce ogni giorno di casa “con la testa alta, la schiena dritta, la borsa dell’ufficio nella mano destra”. La testa alta e la schiena dritta sono quelle di un uomo normale, che tutte le mattine saluta i figli con un bacio sulla fronte, ma che ha portato la propria tensione morale, il rigore e l’impegno quotidiano, all’estrema conseguenza, al sacrificio della vita. Caterina Chinnici ha detto di non essersi mai sentita una vittima di mafia, perchè una vittima è, per antonomasia, una persona “al tappeto”. La resa, invece, non si addice a chi decide di afferrare il testimone e di “fare memoria” non celebrando gli scomparsi, ma portando avanti ciò che proprio Rocco Chinnici, per primo, aveva intuito: la certezza che il lavoro giudiziario non può prescindere dal cambiamento culturale e che ai processi penali va affiancata, sempre, la diffusione della cultura della correttezza e del rispetto. Ai ragazzi l’onorevole Chinnici ha spiegato che il cuore della parola “legalità” coincide con la tutela dei diritti e che proprio nei diritti risiede la chiave della libertà. Oggi la mafia non uccide , ma manovra gli interessi economici, soffoca lo sviluppo, riduce all’osso le opportunità di lavoro e di riscatto, mette a rischio il futuro dei più giovani. “La giustizia non è un’illusione”, è stato detto, ma un valore raggiungibile se la testa è alta, la schiena dritta, salda la coscienza e “lieve” il ricordo di un bacio sulla fronte.
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