MOSTRA. Fondali di Stefano Ianni “Un altro giorno a Sasso della Cajana” , Sabato 30 luglio. Trabocco Sasso della Cajana – località Vallevò – Rocca San Giovanni (CH)

L’arte contemporanea su uno dei trabocchi più belli e suggestivi della costa abruzzese. Sabato 30 luglio
2022, presso il Trabocco Sasso della Cajana di Marino Verì in località Vallevò, Rocca San Giovanni (Chieti),
Stefano Ianni allestirà la mostra “Fondali”, che potrà essere visitata dall’alba al tramonto. Si tratta di un
ciclo di diciotto opere di cui due appartenenti al ciclo “Still lives and memories in fur” del 2014 e le restanti,
inedite, realizzate dal 2018 al 2021.
Trabocco Sasso della Cajana è il luogo perfetto per fare da cornice alle opere di Stefano Ianni che in questo
suo ultimo ciclo indaga il mare e la sua vita. “Con Marino Verì in questo luogo unico – spiega Ianni – l’idea
di portare qui i miei lavori è scattata immediatamente già nel 2017 con il ciclo: Mar Giallo. Così il passo per
progettare una nuova esperienza insieme è stato naturale dopo cinque anni in cui ho prodotto un nuovo
ciclo di lavori”.
Il trabocco, simbolo e segno del lavoro e del sacrificio delle genti di questa terra, è così descritto nel Trionfo
della Morte di Gabriele D’Annunzio: “Le due maggiori antenne verticali, sostenute alla base da piuoli di
tutte le grossezze, s’intersecavano s’intralciavano congiunti tra di loro per mezzo di chiodi enormi, stretti da
fili di ferro e da funi, rinforzati con mille ingegni contro le ire del mare. Due altre antenne, orizzontali,
tagliavano in croce quelle e si protendevano come bompressi, di là dalla scogliera, su l’acqua profonda e
pescosa. Alle estremità forcute delle quattro antenne pendevano le carrucole con i canapi corrispondenti
agli angoli della rete quadrata. Altri canapi passavano per altre carrucole in cima a travi minori; fin negli
scogli più lontani eran conficcati pali a sostegno dei cordami di rinforzo; innumerevoli assicelle erano
inchiodate su per i tronchi a confortarne i punti deboli. La lunga e pertinace lotta contro la furia e l’insidia
del flutto pareva scritta su la gran carcassa per mezzo di quei nodi, di quei chiodi, di quegli ordigni”.
L’allestimento coinvolgerà l’intera struttura del trabocco: alcune opere saranno inserite lungo il sistema di
pontili che conducono al casotto principale; altre, tra il sistema di tiranti e la struttura principale. Per le
particolari condizioni del sito, la mostra resterà allestita soltanto per un giorno, durante la quale la vita al
Trabocco Sasso della Cajana continuerà a scorrere regolarmente. Sarà, infatti, possibile visitare la mostra
dall’alba al tramonto tranne durante gli orari di pranzo e cena. Alle ore 17.00 è previsto il concerto del
“Quartetto Davì” con Daniela Stancu violino I, Viola D’Ambrosio violino II, Adriana Violeta Stancu viola,
Federico Orlando violoncello.
Info: Marino Verì: 347 913 5043 – Stefano Ianni: 338 9656195
In caso di condizioni meteo avverse l’evento sarà annullato.
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STEFANO IANNI: I FONDALI DELL'ARTE, L'ARTE DEI FONDALI

di Dante Marianacci

"Come per i pesci il mare, così il mondo è la casa dell'uomo", scrive Dante Alighieri nel De Vulgari
Eloquentia. I pesci di Stefano Ianni, dopo lunghi viaggi nel pensiero, approdano, sia pure per un giorno,
vicino alla loro casa, al loro ambiente naturale, ma non in esso, sicché il mare lo spiano dall'alto, scrutando
nei fondali, sospesi nel vento delle tele e dei cuscini, da uno splendido luogo della fiabesca costa abruzzese
dei trabocchi, le antiche palafitte di legno della pesca, a Vallevò di Rocca San Giovanni, proprio da uno di

questi, che porta il suggestivo ed esotico nome di “Sasso della Cajana”, che vagamente ricorda il dantesco
sasso triestino, e, molto da vicino, il mitico trabocco turchino di dannunziana memoria.
Anche in queste diciotto opere nuove di “Fondali”, come già in quelle del “Mare giallo” nel 2017, arte e
natura, arte nella natura, natura nell'arte, si fondono in un imprescindibile binomio, in un processo
metamorfico di continuo interscambio, nella esuberante densità di esplosioni, di epifanie lungamente
meditate, o impulsivamente connotate, in cui pensiero, conoscenza e azione si combinano perfettamente
con risultati sorprendenti, per imbastire un racconto, per ricostruire una storia, che dal passato guardi al
futuro, pur consapevole, come ammonisce il poeta – i poeti sono sempre stati di casa nella vita familiare di
Stefano – "che la memoria è una moneta che non è mai la stessa".
Così gli strumenti dell'arte, la materia dell’arte, gli oggetti che diventano protagonisti nel delinearsi delle
forme, nella rappresentazione del pensiero e dell’interiorità, dell'idea da cui il pensiero scaturisce,
esprimono essi stessi il senso dell'operare creativo di Stefano Ianni, che, con i suoi numerosi cicli, ha già alle
spalle un viaggio di quasi un quarantennio: di studio, di recuperi e nuovi slanci, nel suo ricco e variegato
immaginario, nel situarsi del suo fare artistico nel mondo. Se, come ci ha insegnato Pessoa, il poeta è un
“fingitore” e la poesia è una finzione, per Picasso "l'arte è la menzogna che ci permette di conoscere la
verità", ma essa è anche “il luogo della perfetta libertà.” (André Suarés).
Così Stefano Ianni, in perfetta libertà, ma con grande rigore estetico, ha usato ed usa gli strumenti più vari
per esprimersi: pelle, pelliccia, tessuti, cromie diverse, che dalla iniziale contrapposizione tra il bianco e il
nero, si dispiega poi attraverso sentieri colorati, spesso navigazioni colorate, fino al giallo abbagliante del
mare, con le sue mitologie, i suoi simbolismi, le sue metafore, soprattutto come luogo ideale di avventura,
di mistero, proprio di libertà: “uomo libero, sempre avrai caro il mare!” (Baudelaire), anche nel senso che
materia e intuizione, materia e immaginazione si combinano idealmente, non per farci scoprire la realtà del
presente, ma per rimettere tutto in discussione e farci intuire qualche spiraglio di futuro. Quel giallo intenso
e immenso, per esempio, oltre a tutto il resto, muove a pensare a certe massicce gialle migrazioni, e
invasioni, forse dominazioni, che dal lontano Oriente inesorabilmente incombono.
L’itinerario esistenziale e creativo di Stefano si è mosso, non senza traumi, dall'austerità familiare delle
montagne aquilane, alla mutevolezza dell’Adriatico “selvaggio”, sicché mare e paesaggi marini sono stati
ultimamente i protagonisti prediletti e, in molti casi, le cornici non hanno rappresentato le linee che
delimitano i confini della creazione di un'opera. Anche i fondali marini, con le loro irregolari morfologie
costituite da declivi, avvallamenti, scarpate, fosse, dorsali, piane abissali – rappresentano tutto un mondo,
spesso a noi ignoto, e, come l’antimateria, tutto da scoprire e tutto da inventare. È in essi che ora
s’immerge il labirintico sogno dell’artista, e i suoi sorpresi pesci osservano, con occhi spiritati il mare
sottostante, e ne seguono il movimento delle onde sospinti dall’aria, tra bilance ed antenne di pino
d’Aleppo, e così si muovono anche le romantiche stelle marine impresse sulla tela di pelliccia che sventola
come la gonna di una fanciulla marina di Caproni, mentre altri pesci riposano (riposano?) guizzanti sopra
dei grandi cuscini di sogni.
Bisogna ammettere che è stato sempre più difficile decodificare i nuovi segnali delle opere da quando esse,
già nel primo Novecento, sono fuggite dai forzieri delle cornici – e ben ce lo ricorda Stefano con il ciclo “Still
lives and memories in fur” (Nature morte e memorie in pelliccia) – e si sono messe a percorrere altre strade,
si sono mischiate con la natura che vogliono rappresentare e stravolgere, con i labirintici suoi paesaggi
dell'anima, che qui si distendono su grandi cuscini sintetici, da psicoanalisi, ibridati nel postmoderno, con
quelle sue memorie impellicciate, che a volte sembrano incomprensibili, come certe poesie di Dylan
Thomas, ma, come dice il sociologo, non avrebbero alcun valore se non corressero continuamente il rischio
di non essere comprese. Se così non fosse, se così non fosse stato, non avremmo avuto le grandi
innovazioni dell'arte del Novecento. Occorre tempo per decodificare le cose nuove, in questo mare di
apparente libertà assoluta. L'arte, come la musica, anticipa sempre i tempi e correrle dietro è molto
faticoso, anche se straordinariamente suggestivo. D’altra parte, il mondo non è altro “che tutto ciò che
accade” (Wittgenstein), e dobbiamo essere consapevoli e gioirne, sommessamente tornando ad Aristotele,
“che in tutte le cose della natura c’è qualcosa di meraviglioso”.