di Goffredo Palmerini
NEW YORK – Si può tranquillamente affermare che il Columbus Day è davvero tornato al grande smalto, dopo la pandemia che ha imposto per due anni il completo fermo delle manifestazioni e lo scorso anno una ripresa non del tutto convincente. Invece la 78^ edizione del Columbus Day recupera senza riserve il suo splendore, illuminato per di più da due splendide giornate di sole e un cielo terso color cobalto in magnifico contrasto con le svettanti architetture della metropoli. New York si mostra dunque nella sua veste più bella, specie quando il tempo è sereno e può ostentare la cornucopia di colori cangianti del suo cuore naturale, qual è Central Park anzitutto, ma anche le altre oasi verdi, oltre al contorno piantumato di Manhattan che si distende nelle acque dell’Hudson River, dell’Atlantico e dell’East River. Ogni cosa sembra essere tornata al posto giusto. Persino le contestazioni, peraltro a New York sempre rare e isolate, nei confronti della festa che celebra Cristoforo Colombo e il contributo reso dagli italiani d’America, sociale e culturale, alle fortune degli Stati Uniti, quest’anno non si sono proprio viste, con la speranza che così permanga la situazione. D’altronde le motivazioni della contestazione e della cancel culture nei confronti di Colombo, dalla cui responsabilità in uno spericolato nesso causa-effetti discenderebbe ad oltre tre secoli di distanza il genocidio dei nativi d’America ed altre atrocità, sono talmente abborracciate da offendere la storia, se non la stessa ragione. Occorrerebbe un grande sforzo culturale nelle scuole d’America e nelle università per far maturare da un lato una coscienza condivisa sui meriti di Colombo e dall’altro sulle popolazioni native e sulle responsabilità storiche dei massacri che hanno subito, umani e culturali. Dunque appare opportuna e legittima la Giornata nazionale riservata ai nativi e alle popolazioni indigene degli Stati Uniti che il Presidente Biden ha per la prima volta proclamato nella data dell’11 ottobre.
Corrono 530 anni da quel 12 ottobre 1492 quando Cristoforo Colombo scoprì l’America, il nuovo mondo. E’ invece dal 1929 che qui a New York si commemora l’impresa del navigatore genovese e il contributo degli immigrati italiani allo sviluppo della nazione americana. Fu un italiano di origini irpine, Generoso Pope, imprenditore di grande talento, ad iniziare nella Grande Mela la celebrazione del Columbus Day con una parata che da East Harlem scendeva fino al monumento dedicato a Cristoforo Colombo, al Columbus Circle, angolo sud di Central Park adiacente all’8^ Avenue. Sin dall’origine il Columbus Day è la manifestazione dell’orgoglio italiano per eccellenza, qui a New York come in tutti gli States, mantenendo lo spirito solidaristico verso i connazionali bisognosi che Pope impresse alla manifestazione e che oggi si traduce in una cospicua raccolta di fondi da parte della Columbus Citizens Foundation, destinati in gran parte a borse di studio per mantenere vive in America le radici della nostra cultura, l’italian heritage. Dunque, non un evento di folclore italiano, come talvolta potrebbe apparire a chi non ne conosce le origini, ma davvero un’occasione annuale per esprimere l’orgoglio della comunità italiana per il valore della nostra cultura, per il contributo reso dagli immigrati italiani alla crescita e alla storia degli Stati Uniti d’America. Tutti elementi che nel Columbus Day si fondono in un crogiolo incandescente di emozioni profonde, palpabili, autentiche.
Quest’anno chi scrive queste emozioni può raccontarle non da spettatore, ma dal di dentro, quale membro della delegazione dell’AIAE (Association of Italian American Educators), l’associazione culturale composta da docenti delle Università, College e High School dell’area di New York della quale è presidente Josephine Maietta, infaticabile operatrice culturale e conduttrice radiofonica su WRHU, l’emittente di Hofstra University assai seguita nella Tristate Area. Recentemente, infatti, su proposta della Presidente il Consiglio direttivo dell’AIAE aveva approvato la nomina di chi scrive nell’Advisory Board. Quasi un privilegio per me essere l’unico membro non residente negli Stati Uniti. Ma ora veniamo alla cronaca delle due giornate di manifestazioni , che culminano con la celebre Parata del Columbus Day, la più suggestiva al mondo, nel secondo lunedì di ottobre, il più prossimo al 12 ottobre. Quest’anno il Columbus Day cade il 10 ottobre. Sono le 9 di mattina quando raggiungo la Cattedrale di St. Patrick. Già dietro le transenne, sulla Quinta Avenue, il pubblico comincia a prendere posizione, mentre lungo la più famosa ed esclusiva strada di New York cresce l’andirivieni del servizio organizzativo, i poliziotti agli incroci, i vari gruppi che si dirigono ai luoghi di ammassamento, tra la 43^ e 46^ Strada. Gran fermento davanti alla Cattedrale, arrivo giusto in tempo per l’inizio della celebrazione eucaristica che anticipa la Parata. L’annuale Messa solenne del Columbus Day, presieduta dall’Arcivescovo di New York, è sempre un’occasione di riflessione sui milioni di uomini, donne e bambini che sono giunti in America alla ricerca di libertà e di migliori opportunità di vita, ma anche sulla fede in Dio che li ha aiutati a superare sacrifici, stigmi e avversità.
Riconoscibile dai due svettanti campanili, la St. Patrick Cathedral è un monumento magnifico, molto visitato dai turisti. Dopo la Cattedrale di Washington, St. Patrick è la seconda più grande chiesa degli Stati Uniti, bella nel suo stile e nei decori neogotici. Fin dalla posa della prima pietra, avvenuta nel 1858, la cattedrale è stata al centro della vita di New York, anche se gli abitanti ritenevano fosse situata troppo a nord dell’allora centro residenziale e commerciale della città. Oltre allo splendore della struttura architettonica, la cattedrale vanta vetrate colorate realizzate a Chartres, Birmingham e Boston, mentre il rosone è di Charles Connick, forse il più grande artista di questo genere nella storia americana. Gli altari di St. Michael e St. Louis furono progettati da Tiffany & Co, mentre quello di St. Elizabeth è di Paolo Medici di Roma.
All’ingresso del tempio c’è l’attento controllo di chi entra da parte degli addetti, per il rispetto dei posti assegnati nell’invito: nelle due file della navata centrale prendono posto le personalità americane, i dirigenti della Columbus Foundation, gli esponenti della comunità italiana di New York e delle varie associazioni, gli invitati delle delegazioni giunte dall’Italia. Preferisco sistemarmi avanti nella navata laterale destra, anche per poter più liberamente scattare qualche foto. Alle 9 e mezza in punto inizia la celebrazione, con una lunga processione di chierici, diaconi e sacerdoti, poi una decina di vescovi e prelati, quindi l’Arcivescovo di New York, il Cardinale Timothy Dolan che presiede la celebrazione. L’organo, con il suo timbro possente, intona le note del Preludio, l’Ave Maria di Pietro Alessandro Yon, cui segue l’inno d’ingresso cantato dal Coro della Cattedrale. L’Arcivescovo Dolan apre la celebrazione con il saluto alle autorità italiane, in primis il Console Generale d’Italia a New York, Fabrizio Di Michele, e agli esponenti della Columbus Foundation. Quindi fa un breve richiamo sul significato del Columbus Day, sul valore del contributo degli immigrati italiani nella società e nella cultura americana. Sottolinea anche l’impegno pastorale e sociale che ebbe verso gli emigranti italiani Mons. Giovanni Battista Scalabrini, proclamato santo domenica scorsa da Papa Francesco. Una grande immagine del santo viene esposta davanti l’altare, fino all’offertorio. “Oggi siamo tutti italiani!“, conclude il Cardinale Dolan, dando inizio alla Messa. L’omelia, affidata a Mons. Nicholas DiMarzio, Vescovo Emerito di Brooklyn, è un puntuale riconoscimento all’opera degli immigrati italiani. Passaggi significativi dell’omelia ne hanno tratteggiato i meriti, tanto che, assai irritualmente, alla fine della predica un grande applauso conferma l’apprezzamento delle parole del presule. Alla conclusione della Messa l’organo e il Coro eseguono gli Inni nazionali italiano e americano. I celebranti passano tra le due file di banchi della navata centrale per far rientro in sagrestia, mentre il Cardinale Dolan dispensa strette di mano, sorrisi, saluti e benedizioni.
Sono quasi le 11 quando esco dalla cattedrale. E’ quasi l’ora della sfilata, il cui inizio è previsto per le 11:30, C’è grande fermento sulla Quinta Avenue e sulle strade laterali dove si concentrano i gruppi, le bande, i carri, i mezzi e le rappresentanze dei vari Corpi – Polizia municipale di New York, Vigili del Fuoco, Corpo sanitario, Sceriffi di diverse Contee dell’area metropolitana della Grande Mela – e le altre varie rappresentanze associative, in un tourbillon di colori e di voci frenetiche. All’orario previsto muove la testa della Parata con un drappello di agenti a cavallo del Dipartimento della Polizia urbana di New York, seguito da una copiosa pattuglia di agenti su motociclette lampeggianti e da una compagnia di poliziotti urbani, in marcia al passo dietro la banda del NYPD. Seguono i carri sontuosamente allestiti – dalla Columbus Foundation e da varie altre associazioni – con i nostri colori nazionali, con a bordo molti ragazzi e persone che sventolano piccole bandiere tricolori. Intervallano il corteo le bande dei college, con sbandieratori e majorettes, centinaia e centinaia di giovani nelle loro lustre divise, attenti al passo e presi dal ruolo. Per loro è un grande onore sfilare tra cotanto pubblico. Più tranquilli i musicisti delle bande militari, adusi a queste cerimonie. Suggestive, infine, le bande di cornamuse, con i musici in rigoroso kilt di stoffa scozzese. Quel che si muove nelle retrovie è una sarabanda di dimensioni inimmaginabili: 35 mila persone che si preparano a sfilare, ciascuna rappresentanza al suo turno, talvolta dopo ore di attesa, se si pensa che la Parata si conclude intorno alle tre e mezza del pomeriggio. Tutto però è regolato secondo un canone sperimentato dal rigido cerimoniale della parata. Tutto gira come un orologio, almeno così appare. Ormai la marea di spettatori, intorno al milione, è ordinatamente assiepata dietro le transenne, sui due lati della Quinta Avenue. Gente d’ogni età, buona parte con bandierine tricolori e stelle e strisce e i turisti incantati.
Primo gruppo a sfilare è quello della Columbus Foundation, con in testa il Grand Marshall di questa edizione, Tom Golisano, uomo d’affari e già politico, quindi il Presidente e i governors della fondazione, con il lungo seguito di rappresentanza. Sfila il gruppo Italian American New Yorkers, che ospita il Console Generale d’Italia Fabrizio Di Michele. Anche le Maserati sfilano, come antiche e nuove auto della Polizia di New York, un nutrito allegro e coloratissimo gruppo di Vespe Piaggio e un altrettanto intrigante corteo di bellissime auto d’epoca Cadillac, in una serie di modelli, dal 1947 a quelli di qualche anno fa. Sfila poi una delegazione italiana di Vigili del Fuoco, seguita dalla cospicua sequela dei Pompieri del dipartimento di New York (FDNY), con i loro mezzi d’epoca e attuali, una numerosa rappresentanza. Calorosa l’accoglienza che il pubblico gli riserva. Numerosi sono d’origine italiana gli amati eroi di tante operazioni di soccorso, ma soprattutto si ricordano gli eroi delle Twin Towers, dove in quella tragedia 343 pompieri persero la vita. Sui lati di uno dei mezzi sono stampati i nomi dei pompieri deceduti in servizio l’11 settembre 2001.
Mentre all’angolo della 47^ Strada osservo la sfilata e aspetto il mio turno non più da spettatore ma da attore, sento una voce nota che mi chiama. E’ Francesca Alderisi, già amatissimo volto della Rai nei programmi di servizio destinati agli italiani nel mondo e fino all’insediamento del nuovo Parlamento, il 13 ottobre, Senatrice della Repubblica nella Legislatura conclusasi con il voto del 25 settembre scorso. Era stata eletta nel 2018 nella Circoscrizione Estero Nord-Centro America con un alto numero di preferenze. Francesca è stata sempre attenta alle tematiche dell’emigrazione, empatica nei programmi che ha condotto su Rai International e sensibile ai problemi dei nostri emigrati. Peraltro ha sempre frequentemente visitato le nostre comunità, già prima dell’impegno parlamentare. Tra noi un abbraccio di antica amicizia – più volte sono stato ospite nei suoi programmi in Rai – ha rinnovato l’incontro al Columbus Day. In diverse occasioni ci siamo incontrati a New York proprio alla parata, la volta più recente nel 2017.
Passa il gruppo AIAE, guidato dalla effervescente presidente Cav. Josephine Maietta. Mi unisco al gruppo e vivo la sfilata dalla 47^ strada alla 69^, fino al red carpet dove sono allestite le tribune degli spettatori, le postazioni televisive e radiofoniche, dove si alternano le voci dei cantanti, dei presentatori e dei giornalisti che intervistano personaggi e personalità alla conclusione del loro turno di parata. E’ un bel vedere, lungo il percorso sulla Quinta Avenue, gli spettatori che seguono la sfilata, che salutano ed applaudono. Senza dubbio la Columbus Day Parade di New York resta la manifestazione più suggestiva, imponente e rilevante nel richiamare l’attenzione sul contributo degli immigrati italiani alla crescita degli Stati Uniti d’America. Ciò è avvenuto grazie al loro talento e alla loro creatività, ma è anche dovuto all’indomito coraggio nell’aver dovuto subire, prima di veder raggiunto il loro sogno americano, specie negli anni della prima emigrazione, terribili prove di violenza morale e talvolta fisica, fino al linciaggio, pregiudizi e stigmi, che raccontano la storia dolorosa del fenomeno migratorio italiano. Grazie a quel coraggio le generazioni successive si sono affrancate da quei torti ed hanno saputo dimostrare il loro valore in ogni campo della società americana, spesso in ruoli di primo piano, guadagnandosi rispetto e stima, rendendo così onore all’Italia.
Le manifestazioni del Columbus Day edizione n. 78 hanno avuto, come da tradizione, il loro prologo nella mattinata di domenica 9 ottobre, al Columbus Circle sotto la stele con la statua di Cristoforo Colombo. Alle 9:30 l’inizio della Cerimonia di Proclamation del Columbus Day. Una dichiarazione che tutte le istituzioni pubbliche rendono in tutti gli Stati Uniti nella Giornata dedicata a Cristoforo Colombo, e dunque a New York il Sindaco e il Governatore. Sarebbe lungo riprendere i passi più importanti delle due dichiarazioni. Possono tuttavia essere ricomprese entrambe nella Proclamation diramata dalla Casa Bianca. Il Presidente Joe Biden ha così articolato il suo messaggio all’intera Nazione per il Columbus Day. “Nel 1492 Cristoforo Colombo salpò dal porto spagnolo di Palos de la Frontera per conto della regina Isabella I e del re Ferdinando II, ma le sue radici risalgono a Genova, in Italia. La storia del suo viaggio rimane motivo di orgoglio per molti italo-americani le cui famiglie hanno anche attraversato l’Atlantico. Il suo viaggio ha ispirato molti altri a seguirlo e alla fine ha contribuito alla fondazione dell’America, che è stata un faro per gli immigrati di tutto il mondo. Molti di questi immigrati erano italiani e, per generazioni, gli immigrati italiani con coraggio hanno lasciato tutto indietro, spinti dalla loro fede nel sogno americano: costruire una nuova vita di speranza e possibilità negli Stati Uniti. Oggi, gli italoamericani sono leader in tutti i campi, inclusi governo, sanità, affari, innovazione e cultura. Le cose non sono sempre state facili; il pregiudizio e la violenza spesso hanno bloccato la promessa di pari opportunità. In effetti, il Columbus Day è stato creato dal presidente Harrison nel 1892 in risposta al linciaggio su motivazioni anti-italiane di 11 italoamericani a New Orleans nel 1891. Durante la seconda guerra mondiale, gli italoamericani furono persino presi di mira come sospetti nemici. Ma il duro lavoro, la dedizione alla comunità e la leadership degli italoamericani in ogni settore rendono il nostro paese più forte, più prospero e più vivace. La comunità italoamericana è anche una pietra angolare delle relazioni strette e durature della nostra nazione con l’Italia, un alleato vitale della NATO e un partner dell’Unione europea. Oggi, la partnership tra Italia e Stati Uniti è al centro dei nostri sforzi per affrontare le sfide globali più urgenti del nostro tempo, incluso il sostegno all’Ucraina nella difesa della sua libertà e democrazia. In commemorazione dello storico viaggio di Cristoforo Colombo 530 anni fa, il Congresso, con risoluzione congiunta del 30 aprile 1934 e modificata nel 1968 (36 U.S.C. 107), e successive modifiche, ha chiesto al Presidente di proclamare il secondo lunedì di ottobre di ogni anno come “Giorno di Colombo”. Ordunque Io, Joseph R. Biden Jr, Presidente degli Stati Uniti d’America, proclamo il 10 ottobre 2022 come Columbus Day. Dispongo che la bandiera degli Stati Uniti sia esposta su tutti gli edifici pubblici nel giorno stabilito in onore della nostra storia diversificata e di tutti coloro che hanno contribuito a plasmare questa Nazione.”
L’evento presso Columbus Circle è stato curato dal National Council of Columbia Associations in Civil Service Inc. Numerosi gli interventi che si sono susseguiti per la Proclamation, in rappresentanza della Columbus Citizens Foundation e di altre associazioni. Semplicemente perfetto l’intervento del Console Generale d’Italia Fabrizio Di Michele reso alla Cerimonia di Proclamation, richiamando il valore di Cristoforo Colombo nella scoperta del nuovo mondo in quel lontano 12 ottobre 1492 e il contributo degli immigrati italiani nella storia degli Stati Uniti d’America, motivo di orgoglio per le nostre comunità che qui hanno realizzato il loro sogno. Un discorso non convenzionale che ha messo con nettezza punti fermi anche rispetto alla tendenza contestativa della Giornata dedicata a Cristoforo Colombo, con la decisa affermazione dei meriti umani e culturali della comunità italiana negli States. Un intervento molto apprezzato e applaudito. Una persona che ha passato la vita nel Consolato Generale di New York mi ha confidato che il discorso del Console Di Michele è stato il più bello che abbia mai sentito.