Ancora una giornata da dimenticare, per la Polizia Penitenziaria di Teramo: una giornata di violenza choc e di rabbia. E l’ira del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria è rivolta a tutti coloro che non hanno raccolto, in questi mesi, i reiterati allarmi dei rappresentanti sindacali dei Baschi Azzurri.
“Ieri sera, per motivi ancora da accertare, all’orario di chiusura delle celle, un detenuto albanese inaspettatamente ha spintonato l’unico Agente di sorveglianza riuscendo ad aprire gli sbarramenti delle sezioni e le due fazioni sono venuti alle mani”, denuncia il Segretario provinciale del SAPPE Giuseppe Pallini. “Solo grazie alla prontezza d’intervento del personale accorso ha evitato guai peggiori per l’ordine interno. Questo episodio evidenzia ancora una volta se c’è ne fosse bisogno la gravissima carenza di personale atteso che nei reparti detentivi dovrebbero essere di servizio tre poliziotti, invece ve n’era solamente uno”.
“A queste condizioni, con un sovraffollamento di 170 detenuti in più, non si può garantire la sicurezza dell’istituto ponendo a repentaglio l’incolumità degli operatori di polizia e dei detenuti”, prosegue Pallini. “Non è più rinviabile l’adeguamento dell’organico dei poliziotti e il trasferimento in altre sedi di almeno 70 degli attuali detenuti per ripristinare un clima lavorativo sereno e che permette di assicurare le attività trattamentali a favore dei detenuti. Rinnoviamo il nostro ‘grido d’allarme’ al Prefetto di Teramo affinché anch’egli solleciti il Ministro della Giustizia a risolvere i problemi della Casa Circondariale di Teramo e, nel frattempo, valuti l’opportunità di convocare con urgenza il Comitato per l’ordine e la sicurezza prima che la situazione sfugga di mano dagli esiti imprevedibili”.
“Alla politica teramana tutta”, conclude il SAPPE, “si chiede un atto ispettivo presso l’istituto di pena per verificare le condizioni lavorative del personale di Polizia Penitenziaria e degli altri operatori e se vi sono le condizioni per assicurare ai detenuti quanto stabilito dalla carta costituzionale”.
“Non passa giorno che non si verificano aggressioni nei confronti della Polizia Penitenziaria che presta servizio in Abruzzo ed a Teramo in particolare: e siamo sconcertati dall’assenza di provvedimenti in merito contro chi si rende responsabile di queste inaccettabili violenze, determinando quasi un effetto emulazione per gli altri ristretti violenti. Aggressioni, colluttazioni, ferimenti contro il personale, così come le risse ed i tentati suicidi, sono purtroppo all’ordine del giorno”, aggiunge Donato Capece, Segretario generale del SAPPE, che esprime la solidarietà del primo Sindacato del Corpo al Reparto teramano di Polizia Penitenziaria.
Per Capece, “servono interventi urgenti e strutturali che restituiscano la giusta legalità al circuito penitenziario intervenendo in primis sul regime custodiale aperto. La via più netta e radicale per eliminare tutti questi disagi sarebbe quella di un ripensamento complessivo della funzione della pena e, al suo interno, del ruolo del carcere: certo non indulti o amnistie. Espellere gli stranieri detenuti in Italia, per fare scontare loro la pena nelle carceri dei Paesi di origine, potrebbe già essere una soluzione, come anche prevedere la riapertura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari dove mettere i detenuti con problemi psichiatrici, sempre più numerosi, oggi presenti nel circuito detentivo ordinario. La Polizia Penitenziaria è veramente stanca di subire quotidianamente gratuite violenze per l’incapacità di una Amministrazione che non riesce ad intercedere ai livelli politici competenti, anch’essi sicuramente non esenti da gravi responsabilità”.
Impietosa la denuncia di Capece: “Tutti i giorni i poliziotti penitenziari devono fare i conti con le criticità e le problematiche che rendono sempre più difficoltoso lavorare nella prima linea delle sezioni delle detentive delle carceri, per adulti e minori. Mi riferisco alla necessità di nuove assunzioni nel Corpo di polizia penitenziaria, corsi di formazione e aggiornamento professionale, nuovi strumenti di operatività come il taser, kit anti-aggressioni, guanti antitaglio, telecamere portatili, promessi da mesi dai vertici ministeriali ma di cui non c’è traccia alcuna in periferia”.