25 aprile 1881: è il giorno in cui viene ufficialmente inaugurato il teatro Comunale di Atri, e lo spettacolo che si presenta agli occhi degli spettatori è di quelli che ben difficilmente si dimenticano. Atri ha l’aspetto di una signora aristocratica a cui tempo e decadenza non sono capaci di portar via i tratti genetici della bellezza e quelli eleganti della personalità. La storia lascia tracce dentro e fuori rimangono i connotati di una storia che non sfugge nemmeno al più incauto dei turisti, perché basta girarsi dalla parte opposta alla Cattedrale e lo sguardo sarà premiato da una visione di architettura neoclassica milanese. Il teatro di Atri, esternamente, si richiama alla Scala di Milano, e il merito va ascritto all’architetto Francesco Consorti, che seppe inserire la struttura nel tessuto urbano pur condizionato dalla severa mole della Cattedrale. Fu il sindaco Antonio Finocchi il vero promotore dell’iniziativa, l’uomo che 142 anni fa vide realizzato il teatro che da sempre aveva sognato e che rappresenta l’unico teatro storico della provincia di Teramo: la sua storia si è dunque intrecciata a doppio filo non soltanto con la cultura locale ma anche con quella interprovinciale.
Se esternamente il teatro richiama la Scala, internamente l’approccio a ferro di cavallo rimanda al San Paolo di Napoli. Gli affreschi del soffitto restituiscono scene di trionfo della Melodia e dell’Armonia, con cetra e immancabile violino. L’insieme pare mosso dal vento dei musicanti, e nel cielo turchino illuminato da fasci rosei di luci, volteggiano i gruppi alati ornati con putti, inserti di corolle, fogliame e nastri fluttuanti. Sui cavalli alati sorride Euterpe, la Musa che primeggia sia nella veste di Armonia e Melodia, con in mano i diversi strumenti musicali.
Sotto la volta il loggione ospita circa 300 posti a sedere; al di sotto si estendono 13 palchi di terzo ordine ed altrettanti di secondo, tra cui quello riservato al Comune, segnato con stemma cittadino, posto sopra l’ingresso. Seguono 12 palchi di prim’ordine. Ognuno di essi ha una profondità di metri 1,80 e un fronte di metri 2,10. All’esterno i palchi sono decorati con intagli lignei scolpiti a mano dai maestri Raffaele Del Bello e Gerardo Gerardini; seguono i dipinti di Pietro Giovannetti e indorati in oro zecchino da Giuseppe Manaresi. In platea, infine, si hanno 12 poltrone e 90 sedie. Complessivamente la capienza del Comunale è di 554 spettatori.
Sulla bocca d’opera si hanno quattro ritratti: Verdi, Rossini, Goldoni e Alfieri in chiaroscuro; al centro l’orologio opera del maestro atriano Luigi Orlando. L’imponenza del palcoscenico è data dalle sue misure: un fronte di metri 15,10 ed una profondità di metri 18,75. L’impianto scenico è opera di Federico Mancini, di Teramo, mentre il telone con l’imperatore Elio Adriano, intento a bruciare i libri dei debiti delle province, è opera di Giustino Di Giacomo, nativo di Chieti. Sopra l’atrio è collocato il foyer destinato a scopi culturali, che fu realizzato successivamente al giorno dell’inaugurazione. L’intera opera lignea dalla platea ai palchi, dal loggione al palcoscenico, è dovuta a Vincenzo Nini, di Senigallia, a cui si deve la realizzazione di tutti gli interni.
La città di Atri trova nel teatro il punto di riferimento sociale, politico e culturale, il centro di aggregazione e lo specchio dei tempi. Tutti gli atriani – ma non solo essi – hanno visto e si sono emozionati nell’osservare da vicino questo scrigno bellissimo, di generazione in generazione, godendosi in primis le opere liriche, dal Rigoletto di Verdi nel 1886 alla prima della Carmen di Bizet l’anno successivo. Nell’ultimo secolo hanno applaudito il battesimo in pubblico della Banda musicale di Atri, fino a chiedere i bis a tutti i più grandi della storia del teatro nazionale: Ugo Pagliai, Giorgio Albertazzi, Carmelo Bene, per arrivare fino a Gigi Proietti, che proprio ad Atri presentò in anteprima nazionale lo spettacolo “A me gli occhi please”. E poi prosa, lirica, concerti, saggi scolastici, feste di tutti i tipi. Il Teatro ha fatto anche da dormitorio alle truppe inglesi, di passaggio in Abruzzo nel secondo conflitto mondiale per recarsi ad Ortona. Negli anni Ottanta la struttura fu oggetto di restauro conservativo, sia internamente sia esternamente: soltanto allora si scoprirono le locandine che campeggiavano sulle mura dei camerini a ricordo di quelle meravigliose serate culturali.
Del resto, da sempre Atri è una città di cantanti. Sono ancora molti gli atriani che ricordano Teresa Cantarini, mezzosoprano che negli anni ’50 arrivò anche al teatro dell’Opera di Roma dove rappresentò l’opera di Cyrano di Bergerac in quattro atti. Era una stella del firmamento lirico di Atri, che prese le mosse proprio dal teatro Comunale. Successivamente l’artista convolò a nozze con un medico dentista, si trasferì negli Stati Uniti e lasciò la brillante carriera.
Oggi il teatro Comunale rappresenta la città di Atri a livello culturale, con le sue molteplici iniziative organizzate in tutti i periodi dell’anno. L’auspicio è che contribuisca ancora fattivamente alla formazione e all’identità culturale di una città e di un territorio per tutti quei giovani che ambiscono a calcare le scene, come hanno fatto in precedenza coloro i quali li hanno preceduti e che, pur di affermarsi e fare esperienza, avevano il coraggio di recitare dinanzi al pubblico di Atri all’interno del Comunale, gemma ottocentesca della cultura abruzzese.
Paolo Martocchia