Sante Lucidi, detto Santuccio di Froscia, o anche Sciarretta, per essere pronipote del più celebre brigante del Cinquecento, Marco Sciarra, nacque a Cesa, un casale di Rocca Santa Maria. Fu a sua volta uno dei più celebri briganti del Seicento, capo di una banda assai numerosa, che raggiunse al suo culmine l’incredibile cifra di un migliaio di uomini. La storia della sua vita e delle sue imprese viene raccontata da Elso Simone Serpentini nel suo ultimo libro, il sesto della collana rossa “Briganti d’Abruzzo” (Artemia Nova Editrice), che verrà presentato per la prima volta a Teramo, nella Biblioteca “Melchiorre Delfico” martedì 20 giugno alle ore 18. La presentazione si avvarrà dell’apporto del cantastorie Franco Palumbo, in arte Roppoppò, che seguirà brani musicali composti pe rl’occasione su testi originali del Seicento e su versi dello stesso Serpentini. Serpentini e Roppoppò sono insieme autori di un brano di grande successo, dedicato proprio al prozio di Santuccio, il celebre Marco Sciarra. Sempre nel corso della presentazione ci saranno letture sceniche di alcuni brani del libro di e con Sara Palladini. Interverrà anche il presidente del Parco Gran Sasso Laga avv. Tommaso Navarra. Alla pari di altri capi briganti del suo tempo, i Colranieri, Antonio delle Piagge detto Barbarossa, Savino Savini, Tommaso Vitelli detto Tommasuolo, Medoro Narducci, Salvatore Bianchini, Spagnoletto, Carlo Pompetti, Sfamurro, i Mancecchi, Santuccio scorrazzò alla guida dei suoi uomini in tutti e tre gli Abruzzi, ,a soprattutto usi monti della Laga, commettendo ogni genere di imprese criminose: razzie, estorsioni, omicidi, rapine. Raggiunto l’apice del successo, invano cercato, inseguito e perseguitato da bandi e prammatiche “contro i delinquenti,” fece del suo castello di Boceto di Campli il suo centro operativo. Nel 1684, rimasto solo con Titta Colranieri a fronteggiare una lotta senza quartiere condotta contro i banditi dal Marchese del Carpio, partì per Venezia e sotto le insegne della Serenissima prese parte alla guerra contro i Turchi, senza mai tornare nel teramano. Sua moglie, Marianna Rozzi, rimasta sola a Campli, aveva sempre il suo nome in bocca, ripetendo “Santucce mì”. A questo si sono ispirati Serpentini e Roppoppò in uno dei brani musicali che presenteranno per la prima volta, in cui la moglie di Santuccio ripete quasi ossessivamente il suo “Santucce mi’”, parlando delle lettere e dei regali che diceva di ricevere periodicamente dal suo marito lontano, minacciandone, per difendersi da chi l’avesse voluta importunare, il ritorno, che tuttavia non avvenne mai.
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