«John Foster è un avvocato di successo. Conduce un’esistenza tranquilla, tra il lavoro nello studio e la vita di coppia con l’amata moglie, nella città di South Shields, in Inghilterra. Ama il mare, la vista di quell’azzurro, come i suoi occhi, è per lui fonte di pace e serenità dove potersi immergere e rifugiare. Eppure qualcosa di improvviso sembra rompere l’equilibrio che John era riuscito a costruire.
L’inizio di un nuovo giorno, una lettera inaspettata. Riceverà un invito che lo porterà a tornare a rivivere il suo tormentato passato, tra orrori e disperazione, durante il Secondo Conflitto Mondiale.
Un passato che aveva cercato di dimenticare, ma che, prepotentemente, torna come un’ombra nella sua vita.» (dalla seconda di copertina).
Infatti gli viene proposto dal giornale“Daily Telegraph”di Londra di effettuare un’intervista sugli anni di guerra che John ha trascorso in Italia nel 1943.
Dapprima è molto titubante in quanto ricordare quel periodo per lui è molto, ma molto doloroso.
Ma poi accetta, convinto soprattutto dalla consorte Alison, orgogliosa da sempre delle vicende belliche di John.
Quindi il libro del Verrocchio è tutto il racconto delle vicende belliche del protagonista nell’intervista-testimonianza che il “Daily Telegraph” voleva raccogliere tra le persone che servirono il Regno Unito nella Seconda Guerra Mondiale.
È un’attenta e precisa ricostruzione storica, sicuramente non facile, ma molto precisa, scorrevole e dettagliata di alcune vicende storiche avvenute nel dilaniato Abruzzo lungo la linea Gustav.
Il Verrocchio ha consultato e letto attentamente diverse fonti sulla Seconda Guerra Mondiale, ed ha steso il racconto con una precisione che dire maniacale è veramente poco.
Dopo l’8 settembre 1943, John Foster viene liberato dal campo di prigionia in Abruzzo, e praticamente raggiungerà a piedi, dalle montagne intorno a Sulmona, Pescara per poi imbarcarsi e tornare nel Regno Unito.
E qui l’Autore descrive i luoghi che il protagonista attraversa, con anche ampie digressioni sulla storicità dei luoghi medesimi.
Molto, ma molto interessante è l’”Introduzione”dell’Autore in cui fa un sintetico quadro storico della Seconda Guerra Mondiale, ponendo, e bene, in risalto l’umanità degli abruzzesi in quanto ai loro occhi non vi erano inglesi, tedeschi, americani, cinesi, polacchi, ma solo esseri umani che cercavano la speranza per alleviare le ferite del corpo e dell’anima.
È un libro che si legge tutto di un fiato in uno stile molto fluido, ed in una prosa curata, alle volte, meglio di coloro che si definiscono scrittori.
Il filo conduttore si articola poi, con vera originalità, in svariati quadri, che potrebbero tranquillamente essere ciascuno una narrazione a sé stante, soprattutto, come dicevo, per le dotte e precise digressioni storiche (soprattutto sui luoghi, ma anche linguistiche).
Il Verrocchio è altresì, come dicevo (e lo si nota tra le pagine del romanzo), un fine cultore di quella saggia ed autorevole Signora, oggi alquanto trascurata ed abbandonata.
Mi riferisco alla Storia, rappresentata, sin dai tempi antichi, dalla musa Clio.
Poiché se è vero, come è vero, che la Storia è “magistra vitae” (di ciceroniana memoria), appare evidente che la stessa, come tanti saggi maestri, è oggi tenuta in scarsa considerazione e, comunque, ben poco, per non dire affatto, vengono apprezzati e messi in pratica i suoi insegnamenti.
Ed invece nel romanzo c’è tutto codesto.
Il racconto è inventato, ma i fatti sono veri.
Dobbiamo quindi essere grati al Verrocchio per questa sua continuazione di una proficua carriera di scrittore, di narratore e di vero ed autentico storiografo.
Bellissima la conclusione della “Prefazione” della docente e critica cinematografica (ed il libro appare anche come la visione di un duro film di guerra) Andreina Sirena: «[…] Insieme all’oppressione della comunità emerge l’interiorità del singolo, la tempra di un animo che resiste, il valore indelebile della memoria che per le generazioni attuali è l’unica risorsa per comprendere quanto sia stata impervia e sanguinosa la strada per riconquistare la libertà che oggi si sbandiera.».
Grazie Andrea!
Gianluigi Chiaserotti