Appena si prende in mano questo libro sicuramente non lo si sa come definirlo.
Puo’ apparire immediatamente come una serie di poesie, ma a forma di racconto o racconti in forma poetica?
Ritengo entrambi.
Ed è una situazione del tutto originale.
Però alla fine della lettura, che vola, oserei dire, per la freschezza delle espressioni, per soprattutto il modo chiaro di scrivere, appare un romanzo.
Un romanzo, sentimentale e viscerale, ma certamente autobiografico dell’Autore.
L’Autore, uomo del sud [anche se per vicissitudini famigliari nato ad Uster (Svizzera tedesca)] ed ormai adulto è dilaniato (dalla seconda di copertina) da nostalgie, sensi di colpa, ma anche desideri e senza dubbio paure.
È un ricordo continuo di situazioni, persone, luoghi, l’essere padre, i figli che crescono e divengono adulti.
Il cambiare di continuo di casa.
L’arrivare per molti a fine mese.
Nel libro c’è quella “identità meridionale” cara ad Andrea Di Consoli.
E da codesta identità mi viene in mente un grande della nostra Letteratura pressocché contemporanea: Luigi Pirandello, e precisamente quello di “Uno, centomila e nessuno”. “Uno” perché ogni persona crede di essere un individuo unico con caratteristiche particolari ed una vita particolare;
“Centomila” perché l’uomo ha, dietro la maschera, tante personalità quante sono le persone che ci giudicano;
“Nessuno” perché, paradossalmente, se l’uomo ha centomila personalità diverse, invero, è come se non ne possedesse nessuna.
Andrea Di Consoli non voleva tornare a scrivere racconti poetici o poesie dopo “La navigazione del Po” (2007), ma ciò è avvenuto durante la pandemia e l’insistenza di un suo amico, lo scrittore Mario Desiati, che ha curato l’introduzione, il quale «[…] solo lui ha saputo vedere l’acqua in un pozzo che sembrava prosciugato. Come abbia fatto, non so. Ma so che di cuori nella sua stessa generazione uno scrittore ne incontra pochi: le dita di una mano sono più che sufficienti per contarli.» (dalla “Nota dell’Autore” finale).
È un libro che mi ha fatto molto pensare e ragionare sulla nostra esistenza, sulla nostra vita, sulle persone che frequentiamo, su anche selezionare le medesime.
Ogni Capitolo è sicuramente a sé stante, ma il filo logico della vita dell’Autore si capta e bene.
Scritto in uno stile lineare e ben curato, con una prosa che ti coinvolge.
In certi momenti sembra di essere nel luogo o nella situazione che il Di Consoli descrive.
«Con Dimenticami dopodomani Andrea Di Consoli ha dato ennesima prova della sua vocazione di “irregolare”, assai distante dalle mode correnti e da furbizie editoriali. Ha composto un canzoniere realistico e struggente, di grande forza espressiva, rappresentato dalla sua generazione. Un libro a cuore aperto, diretto, senza orfismi, reticenze e non detti. Duro e dolcissimo allo stesso tempo.» (dalla seconda di copertina).
Ed è quello che ho provato nel leggerlo tutto di un fiato e sicuramente da non “dimenticare dopodomani”, ma mai!
Gianluigi Chiaserotti