Cultura & Società

ROBERTO LAZZARINI C’era una volta un cencio… 29 Marzo – 10 Aprile 2014

ARIANNA SARTORI

ARTE & OBJECT DESIGN

Via Cappello, 17 – 46100 MANTOVA – Tel. 0376.324260 – info@ariannasartori.191.it

 

 

Nome della Galleria: Galleria “Arianna Sartori”

Indirizzo: Mantova – via Cappello, 17 – tel. 0376.324260

Titolo della mostra: Roberto Lazzarini. C’era una volta un cencio…

Mostra a cura di Arianna Sartori

Date: dal 29 marzo al 10 aprile 2014

Inaugurazione: Sabato 29 marzo, ore 17.00 – Sarà presente l’Artista

Orario di apertura: dal lunedì al sabato 10.00-12.30 / 16.00-19.30. Chiuso festivi

 

 

Dal 29 marzo al 10 aprile 2014, la Galleria Arianna Sartori di Mantova, ospita nella sede di via Cappello 17, la mostra personale dell’artista Roberto Lazzarini intitolata “C’era una volta un cencio…”.

All’inaugurazione della mostra, Sabato 29 marzo alle ore 17.00, sarà presente l’artista.

 

 

C’era una volta un cencio

Osservando le opere dell’ultimo periodo artistico di Roberto Lazzarini, si percepisce la nascita di una nuova tematica narrativa pur restando intatta la forma pittorica e stilistica: la personale tecnica polimaterica che combina l’uso del colore con l’inserimento di materiali tessili, siano questi semplici stracci o indumenti di uso

quotidiano.

Il “cencio”, come ama chiamarlo l’artista, non è che un pezzo di tessuto vecchio e logoro, di poco valore, arrivato alla fine della sua vita, ma il gesto creativo lo rigenera e lo veste di nuovi significati.

Nella mostra “C’era una volta un cencio”, l’intento di Roberto Lazzarini è quello di accompagnare l’osservatore all’interno di un mondo particolare, al di là della realtà e dell’astrazione, un mondo di leggerezza, tenerezza, di sottile ironia, di forme che suggeriscono il reale, ma fluttuano nell’immaginario, nella fantasia e nella favola.

I suoi “cenci” assumono forme conosciute, dalle sembianze animali, oppure impersonano personaggi di favole note, prendono vita grazie alla loro plasticità scultorea: “vivono”.

Il tessuto si piega al volere dell’artista, forma dossi e avvallamenti che giocano con luci e ombre, l’osservatore si perde nei meandri di quelle forme morbide, sfiorando quasi la superficie così sinuosa, il “cencio” esercita una forza attrattiva poichè offre alla visione, un movimento continuo e fluido che comincia e finisce in esso.

L’assoluto protagonista è lui: “Otto il pesciotto”, “Caterina la lumachina”, “ Nello il pipistrello”, ecc. ecc., la nuova vita di quei pezzi di tessuto che compongono un mondo fantastico e raccontano la loro storia.

Lazzarini costruisce questa serie di opere seguendo una struttura pittorica fissa, realizza uno sfondo materico che rappresenta il luogo dove vive ed agisce il personaggio, usa tonalità accese e spesso contrasti cromatici che ne evidenziano la forma, il “cencio” si plasma con colori a sfumatura, tono su tono, come una pelle.

Chi conosce l’opera di Roberto Lazzarini, sa della sua “irrequietezza” creativa, della brama di sperimentare sempre nuovi percorsi, ma da dove nasce l’esigenza di affrontare una tematica così particolare, così apparentemente lontana dal suo carattere ? Se ogni favola ha la sua morale, ogni artista ha la sua musa ispiratrice !

Catia Chicchi

Capezzano Pianore, 07 gennaio 2014

 

Magliette, pantaloni, giacche. Firmate, ma anche semplici pezzi di stoffa grezza strappata. È il tessuto, sempre unito al colore, il vero protagonista di questa nuova moda, una nuova corrente, abbracciata da Roberto Lazzarini.

Il quotidiano entra nell’opera. Abiti comuni, che si indossano ogni giorno, creano movimento, volume, si integrano e a volte sembrano sostituire il colore. Gli indumenti parlano sulla tela, raccontano la vita dell’essere umano, spiegano gusti e ideali di una società, descrivono situazioni e ambienti. Le stoffe diventano elemento portante della composizione, attraverso le loro piegature, i rialzi, modulano e scandiscono i colori che sono ora vibranti e accesi, ora forti, ora caldi e anche calmi.

Infaticabile sperimentatore Roberto Lazzarini prova un senso di piacere nel plasmare la tela, come fosse una scultura. Con l’aggiunta di questi nuovi materiali le sue opere acquistano profondità, diventano quasi bassorilievi e i giochi di luce ed ombra che si formano tra le stoffe accentuano il superamento della tradizionale bidimensionalità di un dipinto.

Le forme, astratte o riconoscibili, prendono vita tra le mani dell’artista, il colore si fonde con esse e va ad evidenziare, quasi impreziosire quello che già esiste.

Roberta Filippi

 

Roberto Lazzarini vive e lavora a Prato, ma le sue radici sono saldamente ramificate in Versilia, ad un passo dal mare. Conincia il suo percorso artistico, sin dalla giovane età, in continua ricerca e sperimentazione, chi lo conosce personalmente direbbe: “un’anima in pena” che non si contrappone ad un animo artistico. Le prime opere di timbro espressioniste, evidenziano già una forte personalità e un impeto creativo che si spigiona nell’uso del colore.

Le mescolanze cromatiche sono energiche, decise, spesso contrastanti, l’impasto è ricco e materico. Per molti anni, Lazzarini non riesce a distaccarsi completamente dalla figurazione, dipinge uomini, case, alberi, fiumi, animali, inseriti in uno spazio del tutto particolare, dove il colore predomina sulle forme. I suoi quadri non hanno ordine compositivo e non seguono le regole della prospettiva, sono immagini della mente e della realtà interiore che si materializzano sulla tela “in ordine sparso”, in modo spontaneo e gestuale, non c’è disegno preparatorio, non c’è schema razionale, l’idea esce prorompente ed invade lo spazio della tela.

Lazzarini usa la spatola, la predilige al pennello, perchè il segno è netto, il gesto esprime forza e determinazione e non si torna indietro.

Col passare degli anni, si allontana gradualmente dalla rappresentazione figurativa e inizia il percorso dell’astrazione, dove sembra aver trovato la strada di casa. Mai il colore è stato più espressivo, il gesto veloce e sicuro, le forme emergono dalla profondità degli accostamenti cromatici in un continuo sovrapporsi.

I “Collage” del 2008 segnano il passaggio verso la ricerca di una profondità o tridimensionalità che non sia più illusione ed apparenza, colore sapientemente dosato sulla bidimensionalità della superficie. Con queste opere, le tele attaccate e sovrapposte l’una all’alta, fuoriescono dal quadro, creando ombre e rilievi reali anche se lievemente percettibili.

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