Quali provvedimenti, “ordinari o straordinari”, i Ministeri competenti intendono adottare per mettere fine alla strage o all’abbandono di bufali maschi negli allevamenti, soprattutto campani, destinati alla produzione di mozzarella, per azzerare “il rischio di inquinamento delle falde acquifere a causa dello smaltimento illegale delle carcasse”, per tutelare “l’immagine di un prodotto alimentare, apprezzato all’estero e collegato all’Italia nella mente dei consumatori di tutto il mondo, che non dovrebbe causare, né direttamente né indirettamente, tali sofferenze e danni al territorio”. Lo chiede, in un’interrogazione, l’on. Michela Vittoria Brambilla (FI), presidente della Lega Italiana Per la Difesa degli Animali e dell’Ambiente.
“In ragione delle circa 40.000 bufale regolarmente iscritte nell’anagrafe territoriale e conseguentemente munite di marchio auricolare – sottolinea il testo – negli allevamenti dovrebbero essere presenti anche 15.000 bufali maschi all’incirca. Considerando la natalità registrata e la presenza nettamente prevalente di esemplari femmina negli allevamenti, c’è da chiedersi che fine facciano, ad ogni stagione di riproduzione, circa 15 mila bufali maschi, domanda che lo stesso veterinario Asl e qualunque autorità territoriale sanitaria e di polizia, dovrebbe porsi, verificando quale sia stata la sorte di questi animali e se lo smaltimento delle carcasse sia stato debitamente certificato”.
“Poiché l’abbattimento a norma di legge e il relativo smaltimento – scrive ancora l’ex ministro – hanno i loro costi, è consuetudine, nella zona, ricorrere a metodi illegali. Ciò è facilmente verificabile, anche per ammissione di molti allevatori che, considerando la nascita dei bufali maschi del tutto inutile ed indesiderata, perché non sfruttati nella filiera di produzione, provvedono senza troppe remore all’eliminazione, anche con metodi crudeli, e allo smaltimento degli stessi. In tal modo non soltanto si compiono i reati di maltrattamento e uccisione di animali, ma l’interramento illegale delle carcasse o l’abbandono in prossimità dei tanti canali di scolo e piccoli fiumi locali, pratiche ampiamente diffuse, mettono in serio pericolo la salute pubblica”.