di Alessia Stranieri
E’ andata in scena al Teatro Comunale di Teramo la piacevole e spassosa commedia di Gianni Clementi, “I suoceri albanesi. Due borghesi piccoli piccoli”. Si poteva intuire dal titolo e dalla trama che la rappresentazione avrebbe suscitato ilarità e le aspettative non hanno deluso. Una platea divertita e soddisfatta ha premiato una compagnia teatrale di successo con applausi a scena aperta, tanto da diventare lo sfondo di un selfie che gli attori hanno deciso di scattare per ringraziare e salutare al termine dello spettacolo. Una famiglia borghese composta da eccellenti attori, Francesco Pannofino, alias Lucio, il capofamiglia progressista e impegnato politicamente, che non perde un colpo non solo nelle battute, ma anche nella sua incredibile mimica. Una presenza scenica irresistibile, quella di Pannofino, un personaggio romanesco che gli calza a pennello. Un padre e un marito che affronta con rassegnazione e sottomissione lo scontro generazionale con la ribelle figlia sedicenne, tentando di trasmetterle i valori della solidarietà e della fratellanza, e che trova una perfetta compagna di sventure domestiche e familiari in Emanuela Rossi nelle vesti di Ginevra, sua moglie non solo nella rappresentazione ma anche nella vita, che interpreta una chef in carriera, con un passato fatto di lotte politiche, ormai totalmente dedita alla cucina molecolare con grande sofferenza del marito che sogna una amatriciana con tre etti di pecorino. I due attori, nonchè doppiatori eccellenti di grandi star del cinema, hanno dimostrato una grande padronanza della scena e del testo e non poteva essere diversamente per la loro incredibile esperienza e professionalità. E poi gli altri personaggi, tanto bizzarri quanto realistici che frequentano la casa: Benedetta, l’amica erborista alternativa, appassionata di new age alla continua ricerca di un uomo e Corrado, il colonnello giramondo, che lei tenta di salvare dalla sua omosessualità, naturalmente senza riuscirvi. Ultimi ma solo in ordine di apparizione, i due albanesi idraulici, Igli e il nipote diciottenne Lushan interpretati magistralmente da sembrare davvero stranieri nel linguaggio e nella gestualità. I due, chiamati a rimediare ai danni di un tubo del bagno, finiscono per impadronirisi della situazione, tanto che la figlia trova nel giovane albanese il suo innamorato ideale subendo una metamorfosi, da ragazzina imbronciata e ribelle in una dolcissima figlia che lascia increduli ma felici fino alla commozione i due ormai rassegnati genitori. La felicità è di breve durata e lascia immediatamente spazio alla disperazione quando la giovanissima Camilla rivela di essere incinta del giovane albanese. Il regista con grande semplicità e ironia riesce a trattare temi attuali come l’integrazione e la tolleranza: racconta i difetti, i valori stereotipati e il perbenismo di un mondo che perde tutte le sue convinzioni e dimentica le belle parole di condivisione nel momento in cui viene toccato nel vivo e personalmente. La quotidianità di una famiglia che si reputa progressista viene totalmente sconquassata al punto da temere di essere diventata troppo borghese. I due genitori, di fronte al complimentarsi di un collega di Lucio per il gesto di sinistra di accogliere un genero albanese, non sembrano poi tanto convinti delle loro tanto decantate idee progressiste, ma la gioia ritrovata della figlia supera ogni pregiudizio.