Comunicato stampa del 15 aprile 2016
“Referendum 17 aprile: dal mare alla montagna, tutto l’Abruzzo dice SÌ”
Appelli al voto anche da Chiesa e imprenditori. Il quorum è vicino: basta un ultimo sforzo
L’appello al voto della Chiesa per la creazione e per la democrazia che si unisce al coro dei “SI” di cittadini, operatori turistici, agricoltori, imprenditori… rende il prossimo referendum abrogativo del 17 aprile una delle occasioni per un ben più ampio e importante appuntamento, destinato a far crescere in Italia non solo una politica economica alternativa e capace di futuro, ma anche a diventare momento di consapevolezza civile nella partecipazione democratica di ciascuno di noi.
Alla vigilia della giornata di silenzio che tradizionalmente precede il voto il nostro ringraziamento va alle centinaia di attivisti e cittadini che si sono sacrificati in queste settimane per portare ovunque il messaggio referendario. Sono stati realizzati in pochissimi giorni oltre cento appuntamenti nella grandi città e nei piccoli centri e ovunque c’è stata attenzione e interessamento. Il passa parola e l’informazione locale (alla quale pure va un grazie convinto) contro il silenzio e la disinformazione che troppo spesso hanno pesato a livello nazionale.
Oggi, ultimo giorno della campagna referendaria, ci sono eventi ovunque, nelle città capoluogo, a Vasto, a Sulmona e in tantissimi altri centri.L’Abruzzo ha partecipato compatto alla battaglia referendaria e contiamo che un tale diffuso impegno abbia un pieno riscontro anche dalle urne.
In queste settimane abbiamo tante volte ribadito le ragioni del SÌ e abbiamo sottolineato il non senso della proroga senza limiti delle concessioni entro le 12 miglia proprio mentre si decide finalmente di tornare a proteggere quella delicata fascia costiera del nostro mare. Da più parti si è anche sottolineato come il togliere limiti temporali alle concessioni rappresenti un ulteriore “favore” a un settore economico in Italia già largamente favorito; come ci sia un consistente numero di piattaforme (oltre il 40%) già oggi non attive; come alcune abbiano continuato a estrarre pur in assenza di una proroga… Non interveniamo sul malaffare legato al petrolio, ma non possiamo non sottolineare come, secondo un recentissimo dossier, il 19% della corruzione nel mondo (fonte: Global Witness, su dati OCSE del dicembre 2014) sarebbe legata al mondo del petrolio e come in Italia solo negli ultimi due anni e mezzo ci siano state 189 persone coinvolte in reati ambientali e/o sanitari, di corruzione e fiscali, limitandoci esclusivamente alle inchieste più note, molte delle quali riguardano proprio il settore delle estrazioni di idrocarburi. Non entriamo nel merito delle recenti condanne né tantomeno sulle inchieste in atto in Basilicata, limitandoci ad augurarci che la Magistratura faccia presto chiarezza. Insistiamo invece sulla spinta che il voto referendario può dare al governo perché muti la propria politica energetica, perché guardi davvero al futuro, come si è impegnato a fare firmando gli accordi di Parigi.
L’Italia ha bisogno di voltare pagina: nel nostro Paese l’ultimo Piano Energetico Nazionale risale al 1988 mentre la Strategia Energetica Nazionale pro-fossili del 2013 è nata morta e non ha mai avuto alcuna credibilità. Il futuro è nella ricerca e nelle fonti rinnovabili, nell’economia green, e il SÌ servirà a gridarlo ancora più forte.
Il risultato referendario avrà un significato particolare in Abruzzo, la regione che più di ogni altra si è opposta alla deriva petrolifera, la regione che per prima ha lanciato l’idea dei referendum, la regione che, con un assurdo voltagabbana dei suoi governanti, ha cambiato opinione in corsa, ritirandosi dalla consultazione elettorale che aveva contribuito a promuovere e collezionando così soltanto una magra figura, in particolare nei confronti degli stessi abruzzesi.
Il referendum, lo ribadiamo per l’ennesima volta, non cancellerà alcun posto di lavoro perché le concessioni chiuderanno soltanto alla loro scadenza, com’era previsto sino al 31 dicembre scorso. Se ci sono posti di lavoro a rischio nel settore degli idrocarburi non dipende dal nostro voto ma da una crisi mondiale di questo comparto economico. Perché il mondo, anche sulla spinta della necessità di tenere a bada i cambiamenti climatici, si sta adeguando lasciando in retroguardia quelle nazioni, come l’Italia, che non sanno guardare al futuro.
L’economia delle fonti fossili è un retaggio delpassato che ci accompagnerà ancora per molti anni ma non più in posizione predominante,anche per i danni all’ambiente e alla salute che sempre comporta. Danni ai quali si aggiungono quelli nei confronti di altri fondamentali settori economici: le attività estrattive mettono a rischio, tra l’altro, 60mila posti di lavoro nella pesca e 47mila aziende turistiche costiere.
Sono tantissimi gli italiani che hanno dichiarato l’intenzione di andare “sicuramente a votare”. Manca pochissimo per raggiungere il traguardo del 50% più uno. L’Abruzzo lo sa e per questo, ne siamo certi, dalla costa e dai monti, domenica 17 arriverà un mare di SÌ.
Il Comitato abruzzese “Vota SÌ per fermare le trivelle”