Si concluderà questa sera, alle ore 21, presso il Motel Tittina di Montorio al Vomano, la finalissima del Grande Torneo di Stù, giunto alla sua decima edizione. Ma cos’è questo nome di tre lettere che ogni anno, da un po’ di tempo a questa parte, nel periodo natalizio, riempie le cronache locali ed è parte integrante della montoriesità?
Potremmo consultare il Dizionario del montoriese – Lessico e Morfologia (EditPress Edizioni, 2011), dello studioso Manlio Patriarca, per saperne qualcosa. Diciamo semplicemente, invece, che è un gioco da tavolo, praticato con carte speciali e che, durante le festività natalizie, da tempo immemore si gioca nelle case e nei locali della cittadina della Valle del Vomano. Il gioco, di origine medievale, si diffuse nel XVIII secolo, in quasi tutta l’Europa. Attualmente, questa usanza è rimasta viva in alcune parti della Danimarca, Germania e Svezia. In Italia, invece, è ancora in uso nel Bergamasco e in due cittadine del Teramano: a Campli è chiamato Lu Ttuffe, e a Montorio, con alcune varianti e differenze, Lu Stù. Da un decennio, infatti, anche nella città farnese si disputa il Campionato del mondo di Cucù e lo storico camplese Nicolino Farina ha dedicato ben due pubblicazioni a questo argomento, nel 1996 e nel 2010. Una curiosità: Riccardo Valerii, camplese e papà del grande regista cinematografico Tonino Valerii, preferiva giocare «li bummete e li gnaffate» con le regole montoriesi.
Tornando al goliardico, gioioso ed ilare gioco montoriese, c’è da dire che alcuni lustri addietro questo piacevole passatempo, che accomuna uomini, donne e bambini, rischiava di scomparire per sempre, in quanto – tra le altre cose – l’azienda produttrice aveva smesso di stampare le carte. Ma nel dicembre 2008 un gruppo di amici, capeggiato da Alessandro Reale, decide di mettere in piedi la prima edizione dello Stù in Piazza che coinvolse tutto il paese e “riesumò” questo antico gioco, riscuotendo un inaspettato successo. Anno dopo anno la manifestazione è cresciuta sempre di più, allargando il proprio raggio d’azione anche nei paesi limitrofi. Si è formata l’Associazione XV del Presidente che poi ha passato il testimone all’Associazione il Colle e il Solleone, presieduta da Graziano Di Luigi, che ha continuato con le stesse linee guida tracciate all’inizio, e coinvolgendo anche altre associazioni montoriesi, con manifestazioni collaterali, quale la Maratona dello Stù, gara podistica nel classico anello di piazza Orsini, via Valentini e via Urbani, organizzata dal locale Gruppo podistico. E non solo. Grazie a questa “rinascita” ora il nome di Montorio al Vomano figura nel libro dei Giochi tradizionali d’Italia – Viaggio nel Paese che gioca (Ediciclo Editore, 2015). Ogni anno, inoltre, l’associazione il Colle e il Solleone viene invitata a partecipare al Tocatì. Festival Internazionale dei Giochi di Strada di Verona. Il pittore toscano Mauro Capitani si è innamorato di questo gioco, tant’è vero che dopo un’attenta rilettura della simbologia delle carte da Stù, l’ha reinterpretata a modo suo, regalando a Montorio al Vomano i relativi quadri (olio su tela, 70X100), riprodotti anche nel suo ultimo catalogo: Mauro Capitani. Cinquant’anni di pittura (Edifir, 2017). La Dal Negro di Treviso, inoltre, avendo rilevato la Masenghini – e con lo zampino della stessa associazione montoriese – ha ripreso la produzione di queste carte. Ma lo Stù non è solo questo per Montorio. È anche – e soprattutto – solidarietà. Infatti, ogni anno, a partire dal 2010, il ricavato di ogni edizione è devoluto in beneficenza alle varie realtà locali che aiutano il prossimo.
Resta intanto da chiarire quando questo gioco sia arrivato a Montorio. Domenico Paolini, autore della prima monografia su Montorio al Vomano, datata 1898, non ne parla. Quirino Celli, nella sua opera monumentale, Memorie e Glorie di Montorio al Vomano (Edizioni Eco, 1978), accenna solamente che durante le feste natalizie, dopo cena, si giocava «al dilettevole giuoco del cucù». Molto probabilmente, secondo la testimonianza orale del compianto Mario Martegiani (1928-2006), montoriese verace, il gioco arrivò tramite un prigioniero austriaco, di stanza presso il Passo delle Capannelle (L’Aquila), durante la Prima guerra mondiale. Un’altra ipotesi tramandata è quella che un montoriese, sempre nel primo conflitto mondiale, dopo la sua prigionia in Austria, abbia riportato questo gioco di carte nel proprio paese.
Pietro Serrani
Pubblicato sul quotidiano teramano “La Città” del 06.01.2018