Come era nei propositi e nelle anticipazioni, sui destini del Teatro romano l’Associazione Demos ha creato un coordinamento cittadino dei propri soci ed ha indetto una Conferenza per proporre a tutti: cittadini, donne, giovani, realtà associative di base (comitati di quartiere e libere forme associative), gli ordini professionali, l’Università (che in effetti è già coinvolta poiché da anni in Ateneo si studiano pratiche deliberative e partecipative) e
all’Amministrazione comunale da cui ci aspettiamo l’appoggio e l’affiancamento, una consultazione popolare sulle soluzioni progettuali che negli ultimi tempi hanno approssimato, finalmente, i tempi di realizzazione dl questo sogno. È noto a tal proposito, che nel 2010 il Consiglio comunale scelse la soluzione “c” delle quattro proposte dal Prof. Carbonara, ora si aggiunge una quinta soluzione, quella dello Studio Bellomo, esposta in una pubblica assemblea, già osservata dalla Sovrintendenza.
In questo iter, sono già state espresse varie opinioni anche alla luce delle osservazioni della Sovrintendenza che dovranno essere recepite (vedremo come) dallo Studio Bellomo, ma ciò che manca, per quanto se ne stia parlando da un po’, è il ruolo attivo e propositivo dei cittadini. Tutti sanno che la nostra Associazione si occupa solo di promuovere e valorizzare la partecipazione dei cittadini sulle azioni di amministrazione attiva del Comune, dando impulso a strumenti e processi deliberativi provenienti dalle realtà di base. Proprio per questo, promuovemmo un referendum consultivo sul Teatro romano e per non lasciar sfumare lo spirito di quella iniziativa, oggi, in condizioni cambiate e rinnovate, proponiamo una consultazione popolare sulle due soluzioni di recupero che si profilano in modo piuttosto ravvicinato.
Non ci convince molto l’opinione chi afferma che il problema è solo tecnico e che i cittadini non sempre propongono per il meglio. Questo lo diciamo perché ci sono due fattori critici che ci preme tornare ad evidenziare: il primo, concerne il ruolo della partecipazione; il secondo, modi e criteri della stessa. Con riferimento al primo, la partecipazione dei cittadini non potrebbe essere mai “decisione”. Chi lo afferma incorre nella stessa confusione incolta fra democrazia partecipativa e democrazia diretta che circola in questi anni nell’informazione. Quando i cittadini partecipano, infatti, non decidono bensì partecipano alle decisioni di altri. In questo caso, alla decisione del Consiglio comunale, unico abilitato dalla legge ad approvare i progetti e gli studi di fattibilità di opere pubbliche. Con riferimento al secondo fattore, la partecipazione dei cittadini è sempre lecita, ma diventa “improponibile” solo quando è priva di informazioni e almeno minimali conoscenze specifiche sulla materia in questione (queste sono lezioni di Montesquieu e di Rousseau, non arrivate ultimamente…). I modi, le tecniche e le forme della partecipazione, pertanto, devono essere idonei ad informare e fornire un minimo di conoscenza ai cittadini che partecipano (si può anche non partecipare: la partecipazione, come il voto, è un dovere civile, non giuridico).
Per questo abbiamo proposto lo strumento del sondaggio deliberativo con un piano di azione che vorremmo presentare e discutere con tutti nella Conferenza del 22 marzo all’Hotel Abruzzi. Soprattutto con chi manifesta scetticismo perché per noi il confronto e la dialettica sono linfa vitale. Si tratta di uno strumento di partecipazione su campione casuale e rappresentativo in cui i cittadini coinvolti si informano, approfondiscono e conoscono le alternative con l’ausilio di esperti e tecnici (per il merito) e di facilitatori opportunamente formati (per il metodo e le tecniche deliberative). Infine, esprimono un parere definitivo in assemblea plenaria pubblica aperta e libera. Un percorso democratico nuovo per la Città, ma che la collocherebbe nel novero delle città dove le buone pratiche di democrazia diventano la regola, che sono all’attenzione di studi nazionali e internazionali.
Da ultimo, ma non per importanza, va detto per evitare ogni equivoco che Il primo stralcio funzionale contenente il procedimento espropriativo, la demolizione dei palazzi Adamoli e Salvoni, la riproposizione funzionale della cavea e l’esecuzione degli scavi nella stessa area, non risulta interdetto dal piano partecipativo che Demos propone poiché questo ricade sulle restanti opere previste nella soluzione “C” (Carbonara), al momento prive di copertura finanziaria. In particolare, restauri, scavi sull’area circostante, sistemazioni urbane e a verde degli spazi adiacenti, facciate degli edifici circostanti per il risanamento del tessuto urbano.
Mi pare si possa concludere che Il 22 marzo a Teramo abbiamo un appuntamento importante per creare quel nuovo volto democratico della Città atteso da decenni, del quale, siamo lieti di rilevare, si intravedono le sembianze.
[1] Docente di Diritto Pubblico UniTe, Presidente Associazione Demos
Carlo Di Marco