In rilievo, Ricordi di guerra, Tipi giuliesi

Giulianova. Salvatore Baldini, il marinaio dimenticato da tutti

di Walter De Berardinis
Salvatore Baldini nasce ufficialmente a Teramo il 4 luglio 1895, abbandonato nella ruota degli esposti presso l’ospedale civico Sant’Antonio Abate, in via Largo dei Melatini al civico 15, gestito dalla Congregazione di carità. Dopo aver cercato invano chi fosse la madre o il padre, decisero di comunicare all’anagrafe cittadina di chiamarlo Salvatore, perché salvato dalla morte e aggiunsero il cognome fittizio di Baldini. Carlo De Dominicis, incaricato dal sindaco di Teramo Luigi Paris, trascrisse l’atto di nascita il 6 luglio. Della sua infanzia non si hanno notizie, sappiamo che Salvatore Baldini, fino al diciottesimo fu, per uno strano caso del destino, pescatore a Giulianova, dove viveva e lavorava; non sappiamo se fosse stato affidato a una famiglia giuliese o semplicemente s’imbarcò su qualche peschereccio giuliese. Il 27 ottobre 1914 viene cancellato dalle liste di leva dell’esercito perché iscritto nel Compartimento Marittimo di Ancona. Viene destinato sul pontone-gru o/e monitore “Alfredo Cappellini” (La nave fu varata nel 1915 nei cantieri Orlando di Livorno con il nome di G. A. 53. Fu consegnata l’8 aprile 1916 e armata il 12 giugno 1916; entrò in servizio 6 luglio a sostegno delle truppe di terra sul Carso, insieme alla gemella “Faà di Bruno”, alle due navi furono apportate le seguenti modifiche: furono usati motori 265 CV ed furono armate con cannoni Vickers Armstrong da 381 mm/40, quattro pezzi antiaerei da 76/40mm e reti parasiluri per proteggere lo scafo), comandata dal Capitano di Corvetta Gaetano Pesce. L’imbarco di Baldini avvenne a Brindisi dopo che la nave arrivò da La Spezia con un rimorchiatore, visto la bassa velocità della stessa. Nel luglio del 1917 l’unità arrivò davanti Grado per sostenere l’esercito nella sua avanzata, e bombardò Trieste, la frazione di Sistiana e Nabresina con il sostegno di due unità navali inglesi, la “Earl of Petersborough” e la “Sir Thomas Picton”. Con la rotta di Caporetto, il 27 ottobre 1917, le due unità rientrano nella più sicura rada di Venezia, non senza problemi. Successivamente il Comando supremo decise di costituire la Difesa Marittima ad Ancona, con il ripiegamento anche di quest’ultime due unità da Venezia.
La tragedia
Il 15 novembre 1917, i due pontoni salpano con direzione Ancona, trainati da due rimorchiatori il Luni per il “Cappellini” e il Titano per il “Faà di Bruno”, scortati da 4 torpediniere. Partirono con il bel tempo per tutto il giorno, ma il giorno successivo davanti alle acque marchigiane montò un vento fortissimo e mare molto mosso; i pontoni imbarcarono molta acqua. I cavi del rimorchiatore Luni cedettero, furono lanciati in acqua i salvagenti e il Luni si diresse verso Ancona per dare l’allarme. Il Comandante del “Cappellini” dopo aver fatto indossare i giubbotti salvagente e calato l’unica scialuppa di salvataggio con il comando nave a bordo, diede l’ordine di abbandono nave: erano passate le 13,00 del 16 novembre quando la nave affondò con tutto il suo armamento tra le località marine di Marzocca e Marina di Rocca Priore (Senigallia – Falconara). La potenza del mare fece capovolgere anche la scialuppa di salvataggio: tutto l’equipaggio, insieme ai marinai che già erano stati in balia delle onde per tutto il primo pomeriggio, morirono assiderati. In serata dei 68 uomini a bordo, furono ritrovati 45 cadaveri spiaggiati ed altri su Lido di Palombina. Purtroppo il corpo del nostro Salvatore Baldini non fu più ritrovato. Dalle cronache dell’epoca sappiamo che si salvarono solo 4 marinai. Le salme recuperate furono sepolte e tutt’ora giacciono all’interno del cimitero maggiore delle Grazie di Senigallia, dove la Regia Marina Militare Italiana eresse una tomba comune su cui sono riportati i nomi di tutti icomponenti dell’equipaggio e in essa furono tumulati solo i corpi dei ritrovati. Nel dicembre 1917 fu effettuato il primo tentativo di individuare e recuperare il materiale bellico da poter riutilizzare su altre navi o mezzi militari terrestri; nell’aprile 1918 furono due rimorchiatori che riuscirono nell’impresa e nel settembre il Cappellini venne imbragato ma le condizioni avverse del mare non permisero l’impresa di recuperare il pontone, quindi fu abbandonata. Il 16 agosto 1980 a quasi 13/16 metri di profondità, a 2,3 miglia davanti il colle di Montemarciano, il ritrovamento fu effettuato da un noto sub del posto Enrico Scandurra. Nel 2007 la ditta specializzata “Micoperi” tentò per la Marina Militare Italiana l’ennesimo recupero del Cappellini per uso storico-museale, ma poi di fatto anche questa operazione fu abbandonata per una serie di motivi, una su tutte, le risorse economiche.
Conclusioni
Alla sua memoria gli fu conferita la Medaglia a ricordo dell’Unità d’Italia, Medaglia Interalleata della Vittoria e della campagna di guerra 1915, 1916 e 1917. Solo l’Albo d’Oro “Abruzzo e Molise – (Volume II – sub 8 a pagina 23) ricordò la tragedia di questo ragazzo. Purtroppo nell’elenco dei Salmi della Patria del giornalista giuliese Francesco Manocchia, nella lapide marmorea sulla parete del Duomo di San Flaviano, nel monumento ai caduti del mare di Piazza Dalmazia e nella lapide dei caduti di Teramo posta davanti al Comune, non vi è traccia del povero Salvatore Baldini. Dopo la sua morte, oltre che non trovare il corpo inabissatosi nelle acque di Senigallia, non fu mai ricordato dai giuliesi che lo avevano adottato e neanche dalla città di Teramo che gli aveva dato i natali. #unitiperlapatria
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