GIULIANOVA. FRAMMENTI DI STORIA DAGLI ARCHIVI – 61.
di Sandro Galantini*
Il 29 luglio 1879 don Antonio Bindi, anziano canonico della chiesa di San Flaviano di cui nel 1860 era stato arciprete sebbene come facente funzioni, prendeva il primo contatto, molto probabilmente attraverso i buoni uffici del musicista tortoretano Luigi De Fabritiis, con uno dei maggiori esperti di arte organara. Si trattava dell’ascolano Vincenzo Paci, nato nel 1811 ed appartenente ad una famiglia che vantava fra i suoi esponenti illustri artisti, pittori, scultori e maiolicari.
Oggetto della richiesta, il restauro del malridotto organo presente nella chiesa della Misericordia su piazza del Mercato (oggi Dante Alighieri) che il canonico Bindi, zio dello storico Vincenzo, voleva restituire a nuova vita. Con la venuta del Paci a Giulianova, il 15 agosto seguente, iniziava la vicenda del restauro dell’organo giuliese che avrebbe causato all’ascolano più di un’amarezza.
Intanto lo strumento, trasportato nell’aprile 1880 con ogni cautela nel suo laboratorio di Ascoli, era ridotto ad un «fradiciume» come Paci confidava il 20 luglio seguente all’amico e corrispondente De Fabritiis mostrando i segni di un palese pentimento per aver accettato una commessa tanto impegnativa e per la quale, con imprudente generosità, aveva preso su di sé ogni spesa relativa ai trasporti ed ai frequenti spostamenti a Giulianova. Comunque con l’aiuto del figlio Giovanni e di un paio di lavoranti, e tramite un bancone appositamente approntato, Paci in due mesi e mezzo di assiduo e duro lavoro era riuscito a rimpiazzare non solo la tastiera ma anche la pedaliera giacché la vecchia era del tutto inservibile. Inoltre aveva dovuto rinnovare tutte le sottilissime canne della mostra con l’aggiunta di parecchio stagno, oltre a quelle del Principale e alle centinaia dell’interno nel pieno.
Un intervento dunque assai impegnativo, che aveva inoltre comportato la rinnovazione delle anime e dei labri dei bassi di legno, ma per il quale Paci, come lamentava in una sua lettera del 6 dicembre 1880, non aveva ricevuto né dal canonico Bindi, né dal sindaco Gaetano De Maulo, alcun compenso nemmeno parziale nonostante a suo dire si trattasse di somma «meschinissima» e avesse persino concesso, ma inutilmente, la dilazione di un mese. Per cui, concludeva con una certa irritazione, tali comportamenti lo dissuadevano ad «accettare commissioni in codesti paesi».
L’organo, il cui restauro definitivo in ogni sua parte si aveva solo nei primi del marzo 1881 a causa della malattia che nel frattempo aveva colpito Vincenzo Paci, veniva trasportato tramite «vetturale» a Giulianova e ricollocato con il relativo cassone da Giovanni nella Misericordia il 22 marzo seguente, a sei giorni dal decesso del padre.
Sicché era appunto Giovanni Paci a firmare di lì a tre mesi, il 19 maggio, la lettera a Giovanni Pagliaccetti, priore della Confraternita della Ss.ma Misericordia, con la quale comunicava di non poter concedere un ribasso eccedente le 300 lire sulla somma pattuita di 1.550 lire per il lavoro eseguito che, sottolineava con una leggera punta polemica, come da accordi presi a suo tempo con il padre già escludeva le spese per «trasporto dei nuovi pezzi, viaggi, cibarie ed alloggio di 2 giorni per 2 individui».
* Storico e Giornalista