Cultura & Società

Montorio al Vomano. 25 ANNI FA LA PRIMA EDIZIONE DELLA RIEVOCAZIONE STORICA “PRELUDIO ALLA CONGIURA DEI BARONI”

di Pietro Serrani*

Le rievocazioni storiche nella nostra bell’Italia, ricca d’arte, di tradizioni e di storia (e non solo), sono all’ordine del giorno. In ogni Regione, vi sono molte manifestazioni che ci catapultano nelle atmosfere del passato, facendoci rivere, nei periodi estivi, epoche medievali con principi, cavalieri e dame.

Tra queste c’è anche quella che – ogni anno – si organizza a Montorio al Vomano, la cui prima edizione si allestì venticinque fa, precisamente il 28 maggio 1995, per l’intera giornata di domenica (le successive edizioni, invece, si sono sempre svolte intorno al 24 giugno). Per l’occasione, fu invitata a partecipare anche una delegazione de I Trionfi Teramani per la Festa della Pace, stipulando una sorta di “gemellaggio nella storia” con  la medievale Teramum.

Stiamo parlando del  Preludio alla Congiura dei Baroni organizzato dall’Associazione culturale Montorio Nostra, la stessa che aveva dato vita, un anno prima, al teatro dialettale montoriese dell’ indimenticato Erio D’Antonio (1953-2002), insieme con Carlo Eleuteri, Gaetano “Nino” Petrarca ed altri.

L’Associazione, prendendo lo spunto dal romanzo storico La difesa di Montorio, Storia Abruzzese del secolo XV (Stab. Tip. M. Achilli, 1887, Urbania) di Vincenzo Runcini (Montorio, 1833 – Genova, 1907), il quale si era ispirato, a sua volta, a La congiura de’ baroni del Regno di Napoli contra il re Ferdinando primo (Paolo Manuzio,1565, Roma), di Camillo Porzio, e attingendo anche da altri storici, quali Bernardino Coiro, Muzio Mutij, Anton Ludovico Antinori, il camplese Niccola Palma, aveva narrato la battaglia che si tenne a Montorio il 7 maggio 1486, in località Piano delle vigne (l’attuale Largo Rosciano, in futuro denominato così per tutto il sangue che scorse per terra) sotto le mura di Montorio, descrivendo minuziosamente luoghi, personaggi ed ambienti.  Nel 1914, lo studioso teramano Francesco Savini, ritrovò anche alcuni reperti ossei a Montorio, ricollegandoli al famoso combattimento.

Lo storico, accademico e rettore italiano Ernesto Pontieri, curatore della ristampa della maggiore opera del Porzio, tuttavia, in sede storiografica sostenne che la sopracitata battaglia si svolse “nel castello di Montorio presso Grosseto”, una frazione del Comune di Sorano.

La rappresentazione iniziò con la sfilata, lungo il centro storico, delle quattro contrade in costume d’epoca: il Colle, San Filippo, il Corso e la Strada di Sotto; poi ci fu l’incontro dei notabili teramani con quelli montoriesi, i quali stipularono un trattato di non belligeranza ed infine si diede inizio ai giochi popolari dei quattro quartieri. Negli intervalli dei giochi si esibirono, in balletti medievali, le scuole di danza di Lorella Restauri e di Massimiliano Lanti (fratello del non dimenticato giornalista Fabrizio Lanti). Il trofeo della primissima edizione, per la cronaca, fu assegnato al rione di San Filippo (Neri). Infine, nel classico anello di piazza Ercole Vincenzo Orsini, corso Giuseppe Valentini e via Giuseppe Urbani, si diede vita alla gara folkloristica (in calzamaglia color carne, non competitiva) de “la corsa pazza nuda” (frase italianizzata dal dialetto montoriese) che, anticamente, il 24 giugno (Natività di San Giovanni Battista), fino ai primi anni della seconda metà del Novecento, si disputava nella parte più alta del Colle di Montorio: dai ruderi di Forte San Carlo  fino alla chiesa di San Giovanni Battista, ragazzi di sesso maschile, tra gli otto e i dodici anni, scalzi e completamente nudi, correvano in mezzo a due ali di folla; chi arrivava primo doveva toccare  la porta della chiesa e veniva premiato con quanto ricavato da una colletta generale. Gli spettatori e le spettatrici, disposti sui due lati del percorso, si chiudevano di colpo dopo il passaggio del ragazzo vincitore, creando confusione tra la folla e gli altri partecipanti alla gara. Quest’antichissima tradizione plurisecolare, come abbiamo detto sopra, arrivata sino ai giorni nostri, fu soppressa negli anni Cinquanta dello scorso secolo, per pubblica decenza.

Pietro Serrani

*già pubblicato sul quotidiano teramano La Città de 28 maggio 2020

 

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