di Ottavio Di Stanislao*
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La compianta professoressa Giovanna Manetta, da poco scomparsa, aveva affermato (Albero genealogico della famiglia Acquaviva d’Aragona) che questo stemma fosse quello originariamente apposto sull’antica e vicina Porta Marina. Io ho invece dimostrato, grazie alla minuziosa descrizione di Angelo Antonio De Bartolomi, che lo stemma di Porta Maria è quello oggi sulla facciata di Casa Immacolata.
Dall’osservazione attenta dello stemma di piazza Buozzi emergono questi elementi: Lo scudo è del tipo gotico antico inclinato, con una sottile bordura perimetrale. È attraversato da una banda contro merlata alla guelfa, accompagnata in capo e in punta da una stella a 6 raggi. L’elmo è posto sopra lo scudo con pieno profilo verso sinistra. Tale posizione, secondo gli araldisti, è riservata agli stemmi dei figli naturali. Dalla cima dal cercine dell’elmo, con valore di ornamento esteriore, partono quattro svolazzi detti lambrecchini. Il cimiero è la figura araldica, usualmente tratta dai contenuti dello scudo, posta sulla cima dell’elmo. Nel nostro caso la composizione non è in sintonia con le stelle e la banda contro merlata. Pare il busto di un guerriero col braccio sinistro, che doveva essere sporgente, troncato e quello destro appoggiato sul fianco dal quale fuoriesce un cartiglio dove è leggibile una parte del motto araldico della dinastia: “PICE…FINEM”. Pertanto ci sembra di poter escludere che si trattasse di uno stemma acquaviviano. La casa in cui è posto era una pertinenza del palazzo ducale posto sull’altro lato della piazza e nell’Ottocento era chiamata la vecchia taverna ducale. Fu acquistata dagli ultimi discendenti degli Acquaviva dalla famiglia dei nonni materni dell’attuale proprietaria nei primi decenni del secolo scorso.
Potrebbe trattarsi dello stemma di uno dei primi governatori o comunque di un alto funzionario dell’amministrazione feudale. Per la verità lo stemma parrebbe essere della antichissima famiglia lombarda degli Sfodrati. E un rapporto fra gli Sfondrati e gli Acquaviva esiste! Niccolò Sfondrati e Ottavio Acquaviva erano accomunati, sulla scia dell’insegnamento di Carlo Borromeo, dalla volontà di applicare rigorosamente la riforma cattolica sancita nel concilio tridentino. Nicolò Sfondrati, divenuto papa Gregorio XIV, nel 1590 nominò Ottavio Acquaviva suo maggiordomo, per crearlo cardinale subito dopo. Personaggio prestigioso e di grande influenza Ottavio Acquaviva ebbe un peso notevole nei quattro conclavi cui partecipò all’inizio del ‘600. Successivamente fu arcivescovo di Napoli, dove si distinse oltre che per lo zelo nell’applicare la riforma tridentina, per l’impegno che profuse a favore dei poveri specie nella carestia del 1607, durante la quale fece giungere duecentosettanta navi, cariche di circa 730.000 tomoli di grano. Inoltre per sottrarre i meno abbienti all’usura potenziò il Monte di Pietà con un suo contributo di 20.000 ducati. Per cui quando l’arciprete di S. Flaviano si lamentava con il vescovo in visita pastorale perché della pingue rendita poteva beneficiare solo di 100 ducati perché il cardinale Ottavio “si piglia tutto il resto del intrate che arriva alla quantità di mille et più ducati di regno ogn’anno”, possiamo essere tranquilli che il danaro sottratto all’arcipretura di Giulianova era stato usato a buon fine. Da segnalare inoltre che i cardinali della famiglia Sfondrati e lo stesso Niccolò, come pure i cardinali della famiglia Acquaviva furono titolari di Santa Cecilia, una delle più antiche e prestigiose chiese di Roma.
Allo stato degli studi manca però un riscontro diretto per attribuire lo stemma di piazza Buozzi alla famiglia Sfondrati.
*direttore dell’Archivio di Stato di Teramo