Abruzzo

Abruzzo. Nessuna giusta riforma e risanamento della gestione dell’acqua sara’ possibile senza la partecipazione ed il contributo della societa’ civile

Nessuna giusta riforma e risanamento della gestione dell’acqua sara’ possibile senza la partecipazione ed il contributo della societa’ civile

In Abruzzo corrono sullo stesso binario due processi di riorganizzazione del servizio idrico: uno di carattere commissariale avviato  e portato avanti dal Commissario Caputi  e l’altro di carattere preminentemente legislativo che vede come soluzione organizzativa ai problemi attuali di gestione poco efficiente,  la  trasformazione della precedente suddivisione i sei Ambiti Territoriali della programmazione ed indirizzo idrico ad un unico  Ato .

Tutte e due i processi  regionali avvengono in uno scenario nazionale dove con la Legge Ronchi del 2009 si vorrebbe rendere  obbligatoria la  progressiva privatizzazione della  gestione de  bene comune acqua.

Nonostante la Regione abbia deliberato che l’acqua è un diritto umano ed un bene comune privo di rilevanza economica ad oggi l’assessore Di Paolo e l’ing. Caputi non forniscono risposte chiare e concrete su come procedere in tale direzione. Anzi.

Dal punto di vista del risanamento delle Aziende che gestiscono l’acqua e degli Ato si mette al primo posto l’aumento tariffario come soluzione economica e la previsione di un progressivo aumento senza limite del consumo della risorsa senza nessuna reale contropartita in termina di trasparenza, risanamento, investimenti  e miglioramento del servizi. Esattamente come farebbe una qualsiasi azienda privatistica. Inoltre non si recidono le spa patrimoniali di Sulmona e Lanciano e non si fa tutto il necessario per obbligare ad una revisione statutaria e normativa che renda gli Ato perfettamente in house, in modo che la scadenza del 31/12/2010 venga superata e si possa avere per legge ancora un anno di tempo prima della obbligatorietà della gara (anno che con il voto referendario potrebbe portare al blocco della legge di privatizzazione ed a diverse soluzioni gestionali).

Dall’altro lato l’unico punto reale sul quale l’Assessorato di Di Paolo sembra attestare la difesa dell’acqua pubblica è quello di presentare all’Autority nazionale la possibilità di continuare a gestire le reti in house, forma di gestione che la Legge di privatizzazione di Ronchi ritiene residuale.

Se l’Autority dovesse negare l’assenso a dicembre si dovrebbe andare a gara ed iniziare a dare quote della gestione del’acqua ai privati?

Se nel frattempo dovesse essere accettato il ricorso di incostituzionalità presentato da 6 Regioni Italiane contro la Legge Ronchi?   E se nella consultazione referendaria vincessero i SI permettendo di riaprire il percorso di una vera e partecipata ed efficace gestione pubblica come si farà a tornare indietro?

L’assessore di Paolo ha avviato dei colloqui con le organizzazioni sindacali di settore e con le aziende acquedottistiche e si appresta  farlo con le associazioni dei consumatori  ma non ci sembra siano stati affrontati e risolti questi nodi essenziali .

Tra l’altro senza garantire un reale processo di riorganizzazione pubblica non si sono messi in  sicurezza nemmeno i posti di lavoro del settore visto che con le privatizzazioni  primi ad essere decimati sono stati i lavoratori stessi.

Di tutto questo l’Assessore di Paolo non  ne ha parlato con le organizzazioni ambientaliste e i movimenti che  in questi anni hanno difeso l’acqua da privatizzazioni ed inquinamenti di ogni sorta , anche quando le istituzioni non hanno brillato in capacità di controllo e gestione! Non ha ascoltato le ragioni di chi  ha raccolto in Abruzzo 25000 firme contro la legge Ronchi!

Sono state valutate le proposte che in questi anni sono venute dalla società civile in merito alla gestione pubblica e partecipata dell’acqua? Sono stati ascoltati i comuni che dai processi di riforma attuali verrebbe fatti fuori dalla gestione e controllo di un bene così prezioso visto che nelle proposte dell’ Ato unico vengono estromessi?

Allo stesso tempo è stato messo a calendario della Regione Abruzzo l’attività della Commissione che dovrà discutere del tema e se non si fa chiarezza pubblica e generale sul tema  l’enunciazione sulla pubblicità della gestione dell’acqua del Consiglio potrebbe rimanere lettera morta .

Queste riflessioni ci portano non solo a sottolineare i problemi esistenti  ma a formulare delle proposte concrete:

1- Avviare un vero processo partecipativo che porti la Commissione regionale e l’Assessore ad audire e valutare tutte le proposte delle  forze sociali, istituzionali, ambientaliste e di movimento per arrivare ad un testo condiviso e che concretamente difenda la gestione pubblica dell’acqua e la partecipazione delle comunità locali.

2-Chiedere da parte della Regione una moratoria dei processi di privatizzazione fino a quando non si conoscerà l’esito del ricorso alla Corte Costituzionale e finchè  si svolgeranno i referendum abrogativi richiesti da 1 milione e 400 mila cittadini.

3-Immediato adeguamento degli Ato affinchè siano a tutti gli effetti in house per avere in termini di legge lo spostamento al  31/12/2011 dell’obbligo di gara.

4-Valutare le normative e proposte messe in campo da altre regioni italiane (come la Puglia, la Sicilia, il Molise) che si stanno avviando a sperimentare una diversa e migliore gestione pubblica del bene acqua,  fuori dalla gestione basata sul diritto commerciale.

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