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USA. Enzo Ferrari La “Leggenda nei secoli”

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Enzo Ferrari

La “Leggenda nei secoli”

di Lino Manocchia

NEW YORK, 19 Febbraio ’11 -.L’automobilismo ha perduto il suo mito più grande: una stella di incomparabile grandezza accesasi nell’Ottocento, spentasi ventitre anni fa, ma che illuminerà anche il futuro più lontano della storia delle corse.


Si chiamava ENZO  ANSELMO  FERRARI, “la leggenda”, nato a Modena (20 febbraio 1898), nutrendo tre passioni: il padre lo voleva ingegnere, ma lui aveva il sogno di diventare tenore di operetta, giornalista sportivo e pilota di automobili. Quest’ultimo si concretizzerà a livello professionale.

Con quelle sue ampie braccia rompeva l’aria. Larghi gesti da patriarca, si, ma mai in pace con la vita. Sembrava un arco teso e una delle corde più importanti: era la forza che emanava. Dopo mezzo secolo di giovinezza ed irreversibile vecchiaia, aveva cominciato a cementare le prime pietre della fabbrica. Raggiunti i novant’anni era ancora capace di sbattere il pugno sul tavolo.

Furono tanti gli illustri conoscitori della vita, della politica, dello sport a cimentarsi sul come coniare un nomignolo atto alla sua personalità. Era troppo difficile paragonarlo a qualcuno, impossibile definirlo.

Nel 1920 iniziò a correre con l’Alfa Romeo che a quei tempi era il club per gentlemen driver. Nel 1923, in occasione di una gara  a Ravenna, la contessa Paolina Biancoli, madre del grande asso dell’aviazione italiana Francesco Baracca, consegnò ad Enzo il simbolo che il leggendario aviatore portava sulla carlinga: un cavallino rampante e gli disse: «Ferrari metta sulle sue macchine il cavallino rampante del mio figliolo. Le porterà fortuna.» A partire dal 1932 questo simbolo apparve sulla carrozzeria delle macchine prodotte dalla Scuderia Ferrari.

Mentre sviluppava le vetture Alfa. Il modenese costruiva un

team di 40 piloti tra cui Alberto Ascari, Giuseppe Campari e Tazio Nuvolari. Ferrari stesso continuò a correre sino alla nascita, nel 1932, del figlio Alfredo detto Nino, che morì nel 1958 di distrofia muscolare.

La prima gara disputata fu il Gran Premio di Monaco nel 1947 (non esisteva ancora la Formula uno). La prima vittoria in F.1 fu il Gran Premio di Gran Bretagna del ’51 con Froilan Gonzales che sbaraglio lo squadrone Alfa Romeo. Fu la vittoria che segnò il declino  del Biscione nel mondo della F.1 e l’ascesa  sportiva della Ferrari, causando al Drake un conflitto di sentimenti verso la vecchia Casa milanese.

«Quando nel 1951 – scrisse nel suo volume “Enzo Ferrari 80” – Gonzales su Ferrari si

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ABRUZZOpress – N. 051 del 20 febbraio ’11                                                                                                                           Pag 2

lasciò alle spalle la “159” e l’intera squadra Alfa, Io piansi di gioia, ma mescolai alle lacrime di entusiasmo anche lacrime di dolore, perché quel giorno pensai: “Io ho ucciso mia madre”».

Passano gli anni, Ferrari è ancora attivissimo. Fino ai primi Anni ‘80 non è raro vederlo per le vie di Modena al volante della sua “412”. Ai giornalisti si presenta sempre in ottima forma, pronto alla discussione e anche alla battuta, le sue conferenze stampa possono dire o non dire cose interessanti, fornire o non fornire anticipazioni, ma  mai banali, noiose.

Da molto tempo era in cima alla cima, al colmo del suo destino, ma nuotava ancora vigorosamente in superficie, mentre sentiva il tempo che gli si contraeva davanti e gli si dilatava alle spalle.

Il cronista, che nel passato lavorava da New York per il settimanale “Rombo”, diretto  dall’amico Marcello Sabbatini, spesso tornando in Italia passava da Maranello per salutare il Drake: Il suo segretario, Franco Gozzi,  diceva: «Commendatore è  tornato l’americano. Vuole vederlo?»

Ferrari, con i suoi occhiali neri, e la  penna dall’inchiostro viola, senza alzare la testa diceva tutto d’un fiato: «Ma voi in America quando la costruite una macchina capace di stracciare una mia “creatura”? Che sei venuto a fare a Bologna? Ti tratta bene Marcellino?»

Marcellino era Sabbatini l’eterno affettuoso amico-nemico di Enzo col quale la domenica visionava alla Tv, a Maranello, il Gran Prix per poi dar vita a dibattiti giornalistici senza fine. Alla mia spiegazione aggiungeva: «Non temere, il Governo prima o poi ti farà Cavaliere  ad honorem, » e rideva rumorosamente.

Enzo Ferrari era  onorato  dal governo con la commenda di Cavaliere di Gran Croce, ma veniva sempre apostrofato  rispettosamente: “il Commendatore”.

Dopo aver fatto di tutto perché non lo dimenticassero, in un momento di rabbia  disse : “Dimenticatemi!

Ma nessuno gli  diede ascolto.

L. M.

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