Cultura & Società

Italia. La Canzone de lo capodanno del Prof. Luigi Casale.

Gentile direttore,

giro volentieri questo bel contributo del prof. Luigi Casale, dopo la Trilogia di Natale di qualche giorno fa. In questo caso si tratta della
” Canzone de lo Capodanno“, antico canto napoletano del quale dapprima egli spiega il senso e poi trascrive i versi in vernacolo, con la traduzione in italiano. Se può essere d’interesse, viene proprio giusto in tempo per la festività di Capodanno. Con l’occasione invio gli
Auguri più cordiali per il 2014.
Goffredo Palmerini
Il prof. Luigi Casale, di origini campane, per molti anni ha insegnato nella scuola italiana del Lussemburgo e poi 
all’Università di Clermont Ferrand, in Francia. E’ uno studioso di tradizioni regionali, oltre che filologo e pubblicista. 
In pensione, vive dividendosi tra Bressanone e il Lussemburgo. 
 
La Canzone de lo capodanno
 
Nei giorni scorsi, all’avvicinarsi del Natale, a proposito delle tradizioni napoletane ho parlato della Cantata dei pastori. Ne ho parlato in uno dei tre brevi scritti che poi ho allegando agli auguri che ancora invio per Natale agli amici che gradiscono riceverli.  La parola pastori per quello che essa significa in questo contesto culturale, grazie allo scivolamento di significato subito, già da sola va a consolidare una lunga tradizione, e pertanto può diventarne l’emblema. Molto probabilmente tra una o due generazioni la parola pastore finirà col significare – almeno a Napoli – solo ed esclusivamente “statuina del presepe” per indicare i diversi personaggi   dei diorami natalizi, cioè i plastici che rappresentano in maniera originale e immaginifici la scena della natività di Gesù: i presepi, appunto. In maniera identica a quella per cui “presepe”   già oggi non significa più stalla, se non presso qualche poeta che si compiace di usare parole arcaiche.
 
Per effetto della antonomasia il nome “pastori” nel napoletano si è esteso dai pastori (quelli che pascolano il gregge), di cui si parla nel vangelo di Luca (Lc 2, 8-20) dove l’evangelista racconta la nascita di Gesù, a tutti gli altri pezzi che formano l’insieme dei personaggi in miniatura che in genere si vedono sulla scena presepiale. Sicché sono “pastori” (nel senso di “statuine”) il bue e l’asinello, Maria e Giuseppe, i Magi, l’angelo, ecc.: uomini e cose, angeli e santi, ogni pezzo scolpito che nel tempo si è aggiunto all’impianto scenografico.
 
La Cantata dei pastori, prima di essere un genere letterario, o, se vogliamo, un contenitore (per usare il linguaggio delle moderne tecniche televisive), essa è innanzi tutto un testo letterario, unico  e originale, destinato alla rappresentazione teatrale. Mentre il fatto di venir rappresentato esclusivamente nel periodo natalizio ne ha fatto una devozione, una liturgica sebbene popolare, tanto più che porta in scena il mistero della nascita del Salvatore. L’opera è una narrazione combinata di alcuni filoni: il sogno di un pastorello (Arcadia); le trame infernali per ostacolare la nascita del Messia e lo scontro conseguente tra Uriel e Gabriel, capo dei diavoli il promo,  condottiero degli angeli il secondo; la vita semplice, modesta, ordinaria di un paese che spesso è proprio quello stesso in cui si sta rappresentando la Cantata; il viaggio di Giuseppe e Maria verso Betlemme per ottemperare all’ordine del censimento.
 
I filoni narrativi intrecciandosi – e talvolta fondendosi – l’uno nell’altro nel corso della rappresentazione teatrale, confluiscono tutti al luogo del presepe e al momento della nascita di Gesù, fornendo insieme da una parte concreta storicità all’Avvenimento, e nello stesso tempo fondamento teologico al Mistero. Proprio come anticipato nel titolo stesso dell’opera: “Il vero lume tra le tenebre, ossia la nascita del Verbo incarnato”.
 
Essa fu pubblicata nel 1698 dal religioso Andrea Perrucci (1651 – 1704). Poi il testo, per le numerosissime repliche, per l’eterogeneità delle compagnie e filodrammatiche che le hanno eseguite, per il mutare stesso di mentalità e sensibilità nel corso dei secoli, ha subito contaminazioni, integrazioni ed adattamenti, con l’inclusione di canti e scene paesane (tra l’altro anche l’originale si rifà alla commedia dell’arte, se lascia recitare a soggetto i due protagonisti, Razzullo eSarchiapone nelle scene in cui non hanno altri interlocutori) si è trasformato assumendo forma e linguaggi delle realtà sociologiche degli attori e delle epoche. Così ogni città si crea la sua tradizione della Cantata dei pastori. Questo ha comportato che nella scena finale, quella della composizione del quadro del presepe, sia stato inserito il canto natalizio “Tu scendi dalle stelle” composto da S. Alfonso M. de’ Liguori; oppure l’altro, in napoletano, sempre dello stesso autore: “Quanno nascette Ninno a Betlemme … “.
 
In qualche zona poi vi  si aggiunge – da qualche parte durante la rappresentazione – anche la Canzone de lo capodanno È, la Canzone de lo capodanno, un lungo canto augurale: “la ‘nferta” (l’offerta), che i musici portavano alle famiglie, che però in questo caso, data la sua lunghezza appare quasi come una sceneggiata: nei piccoli centri della penisola sorrentina è l’intera comunità locale a parteciparvi. Nei centri più grandi generalmente la si canta l’ultimo dell’anno nelle case o nei cortili talvolta con la partecipazione delle famiglie del vicinato.
In effetti la ‘nferta  è il genere  poetico dei cantastorie che veniva esibito al momento di chiedere il piccolo contributo monetario.  Questa ‘nferta natalizia è un componimento molto raffinato, ben strutturato, che, per scelta linguistica e contenuti del tema, presuppone un autore acculturato, vigile, intelligente, del cui nome   si è perduta la memoria. Purtroppo passa per anonimo , perché anonima era la copia a stampa che veniva fatta circolare per Natale; e come tale è stata trovata tra le cose semplici, ma meritevoli di riguardo, trovate in mezzo ai testi ben più importanti custoditi nella biblioteca del filosofo Benedetto Croce.
 
Con questo canto, nel chiedere l’offerta, gli “amici buontemponi” portano gli auguri per il nuovo anno a un destinatario occasionale. Il canto si apre con l’annuncio che si è giunti al termine  dell’anno e bisogna perciò trascorrere la notte in allegria. Continua – per una settantina di strofe –  presentando diverse situazioni: il mito, la storia, la realtà quotidiana, il sentimento religioso, l’espressione degli auguri a tutte le professioni, l’intenzione della dedica, la richiesta di una offerta, la speranza di vedersi ancora l’anno prossimo in condizioni di maggior benessere morale e materiale. A leggerla oggi, la Canzone dello capodanno sembra composta da un fine osservatore dei tempi moderni, acuto e brillante al tempo stesso, brioso e caustico come dev’essere un autore seriamente (e coscienziosamente) satirico.
 
La migliore offerta che l’estensore di queste modeste note puoi donare ai suoi amici, anonimi lettori, è quella di riportarne il testo nella versione più diffusa, quella che ci è stata conservata dal filosofo Benedetto Croce L’introduzione è un recitativo di due strofe di endecasillabi, ad eccezione del primo verso della seconda   strofa che è un verso doppio formato da due settenari.  Seguono 69 quartine (tre settenari, più un quinario). Il secondo e il terzo verso rimano tra loro; l’ultimo rima col primo della strofa successiva, creando un concatenamento in tutto il canto. Lo stesso richiamo dei due semicori, ne sottolinea la unità (continuità) compositiva.  L’intonazione è data dal corifeo che da lo imposta ogni strofa melodicamente evidenziandone il tema musicale. Dopo una ripresa del primo semicoro che ripete l’ultimo verso, i due gruppi, uniti ritornano sui due ultimi versi.
 
Le sezioni tematiche sono:
–         Strofa  1          Argomento o intenzione (invito)
–         Strofe  2 – 11  La situazione dell’umanità alla nascita del Messia,
                             il sentimento religioso e l’espressione di festa del popolo
–         Strofe 12 – 20 La narrazione biblica e il commento popolare
–         Strofe 21 – 32 Lo stato d’animo personale e la vivace animazione della città
–         Strofe 33 – 58 L’augurio rivolto singolarmente ad ogni categoria professionale
–         Strofe 59 –  69 La conclusione. I musici sono stanchi. La consistenza dell’offerta.
                             Elogio del padrone di casa. Il saluto augurale. La Buona notte.
 
I n definitiva, ’A ’nferta era la ”offerta”, che si chiedeva o che si offriva (l’elemosina, la carità), ma era soprattutto il canto di accompagnamento con cui giullari, cantastorie, e musici ambulanti, dedicavano al loro pubblico  prima o dopo la loro esibizione spettacolare. Oggi possiamo dirla tranquillamente:  un genere letterario In epoca più vicina a noi, è stata continuata dai “posteggiatori”,  concertini di strada che fermi in posti convenzionale (da cui il nome di   pusteggia : da   posta   o, meglio,  puosto ), e dalle serenate.    
 
 
CANZONE DE LO CAPO D’ANNO
 
La bòna sera e buon principio d’anno
a tutte sti signure in compagnia!
Simmo venute e turnarammo ògne anno
per farve chill’augurio che sapimmo.

Spilateve li rrecchie, apritece lu core,
la casa, la dispensa e la cantina,
ca cheste so’ ghiurnate de cuntiente:
se magna e beve e nun se penza a niente.

 
1 . Aprimmo l’anno nuovo
co tricchi-tracche e botte:
passammo chesta notte
in allegria.

2. Nascette lu Messia
avenne, puveriello,
nu voje e n’aseniello
pe vrasèra.

3. Da tanno a sta manera
passato s’è stu juorno,
pe ffà dispetto e scuorno
a Farfariello.

4. Ca chillo mariungiello
nce avea tutte aggranfate
– né ce avarrìa lassate ! –
e nce arrusteva.

5. Si ntiempo nun veneva
da Cielo lu Guaglione,
ca p’essere sguazzone
nce priggiaje.

6. E tutte da li guaie
vulette liberarce
patenne, e co lassarce
purzì lu piello.

7. Ma nuie che scurdarielle
nun simmo e manco ngrate,
passammo sti ghiurnate
a fa’ sciacquitto.

 
8 . E lu sentire schitto
turnà’ lu zampugnaro
nce mette ‘allumacare
alleramente.

9 . Nce fa venire a mente
la luminosa stella,
la bella grotticella
e li pasture.

10. Che grosse e creature
dall’angelo avvisate
correvano priàte
a la capanna.

11
. E chi le porta, o manna,
co ceste e co panare,
e chi lo va ‘adurare
a faccia nterra.

12. E da luntana terra
pe ffino li tre magge
cu traine e carriagge
se partettero.

13. Ch’appena che vedettero
lu cielo alluminato,
dicettero era nato
lu Messia.

14. E con gran cortesia
vediste agginucchione
de nanze a nu guaglione
tre regnante.

15 . Arode, re birbante
trasette già mpaura
ca chella criatura
lo spriorava,

16. E pecchè se tremmava,
chell’arma ntraverzata
fà fa’ chella salata
de guaglione.

17 . Che, simmele a picciune,
li facette scannare,
pe farece ncappare
a lu bammino.

18. Chiù nfame, chiù assassine,
n’avite visto maie?!
E nterra nun chiavaje
tanno per tanno.

19. Ma le restaie lu inganno
né ne cacciaie niente
cu tutte li nuziente
ch’accedette.

20.
 Ché la Madonna avette
da Cielo lu cunziglio
de ne fuì lu figlio
tanno, tanno.

21. Sti ccose già se sanno,
ma quanno è chistu juorno
nce rollano chiù attorno
a la memoria.

22. E sia ditto pe gloria,
nce portano allegrezza,
tanto che nc’è priezza
p’ògne parte.

23. E sulo all’addorare
ch’asciute so’ li ppigne
te preje a chillu signe
de Natale.

24. Vi’ mo p’ògne locale
pe ppuoste e pe puntune,
li rrobbe so’ a muntune
apparecchiate.

25. A festa so’ aparate
purzì fora li vie
poteche, spezierie
e bancarelle.

26. E nne vide spurtelle,
panare, votte e ceste,
e scatole e caneste,
e gran spurtune!

27. D’anguille e capitune
e pisce d’ogni sciorte
ne vide grosse sporte
a centenare.

28. Tutta sta rrobba pare
putesse abbastà’ n’anne
e pure tanno tanno
scumparesce.

29. La gente trase e esce,
e corre e va e vene,
e spenne quanto tene
pe la canna.

30. Né truove chi nun manna
n’aurio o nu rialo:
saria malo Natalo
nun mannà’ niente.

31. Lu strazio de’ nuziente
se fa cu li capune,
che songo a milione
scapezzate.

32. Neh! Vuie quanno truvate
chiù festa e chiù allegria?
Ma la pezzenteria
nun canuscimmo.

33. E nuie perzò venimmo
co festa canto e suone
a purtà’ lu buono
principio d’anno.

34. Presto ca fenerranno
li guaie e li turmiente,
né mmaie cchiù lamiente

sentarrate.

 
35. Spero che vedarrate
spuntà’ pe vvuie na stella
lucente comm’a chella
e auriosa.

36.
 Spero ch’assaie sfarzosa
la sciorte addeventasse,
e che ve contentasse
a tutte quante.

37. Si si’ nu niuziante
sempe puozz’aunnare
comm’aònna lu mare
tutte l’ore.

38.
 Si po’ sì vennetore
e tiene magazzino
se pozza ògne carrino
fà’ ducato.

39. Si po’ sì n’avvucato,
te dico solamente
che puozze avè’ cliente
cape toste.

40. Pecché l’abbusco vuosto
nce stà d’ogne manera:
o perde, o va in galera,
o fa denare.

41. Puozze, si sì nutare,
fà’ poche testamiente,
capitule e strumiente
nzine fine.

42. Si’ nu ingegnere fine?
Trovasse ricche pazze
per fravecà’ palazze
e turriune.

43.
 O meglio, a la comune
aggraffate cull’ogne,
ca llà sempe se mogne
e se va nchino.

44. Si’ n’omme traffichino
e vuo’ cagnare stato?
Rijesce deputato
o conzigliere.

45. Tanno si’ cavaliere?
Si lu governo appruove
ll’anema delli chiuove
venarranno.

46.
 Si prevete? Te manno
ll’aurio ca dimane
si’ fatto parruchiano
o monsignore.

47. Si si’ faticatore,
salute, forza e accunte!
Accussì tu la spunte
e può campare.

48.
 Però aje da scanzare
lu juoco e la cantina
o ncuorpo la matina
niente trase.

49. Si si’ patrone ‘e case
te scanza lu Signore
de male pavature
comm’a nnuie.

50. Che ntiempo se ne fuie
li terze si nun pava
e se porta la chiava
d’altrettante.

51. Si po’ si navigante
n’avisse maie tempeste
fa’ li viagge leste
e ricche ancora.

52.
 Si’ miedeco ? Bonora
me’ mbruoglie nveritate!
va’, puozze ogni malate
fa’ guarire.

53. Sti bobbe, pozzo dire,
si si’ nu speziale
sanasse ògne male
ògne dulore.

54. Si po’ si’ ghiucatore,
venga la carta npoppa
né puozze maie fa’ toppa
a zecchinetto.

55. Si essere protetto
da la fortuna vuoje
cerca ‘e fa’ quanto puoje
d’essere ciuccio.

56. Si’ quacche mpiegatuccio?
Puozze piglià nu terno
si no starraje n’eterno
ndebitato!

57. Nzomma, in qualunque stato
avisse li rricchezze
e chelle contentezze
c’addesirie,

58.
 E chi ne tene mmiria
che pozza fa’ na botta
e lle scennesse sotta
nu contrappeso.
 
59. Troppo nce avite ntiso,
e ve site stufate,
e nuie simmo stracquate
e sete avimmo.

60. Da ccà nun ce muvimmo
la faccia è troppa tosta,
simmo venute apposta
e l’aspettammo.

61.
 Neh! Ch’addesiderammo?
Castagne, fiche e noce,
e autre cose doce,
e susamielle.

62. Duie o tre canestrielle
abbastano a sta panza:
sapimmo la creanza

e simmo poche.

 
 
63. Primma che chessi lloche
nce aprite la dispensa:
simmo de confidenza,
pigliammo tutto!

64. O provole, o presutto,
n’arrusto o nu castrato,
o freddo o sia scarfato
nu capone.

65.
 Nuie, l’obbrigazione
sapimmo esattamente,
né ce restammo niente
pe farve onore.

66. Ca site nu signore
sfarzoso e corazzone,
a tutte l’occasione
nun scomparite.

67. Piacere anze n’avite,
si v’immo scommodato,
e nce addesiderate
l’anno che vene.

68. Tanno truvà’ cchiù bene
sperammo e cchiù allegria
e na spezieria
‘e cose doce.

69. Nce resta anze la voce
pe ve cercà licenza,
dann’a sta bona udienza
la bona notte.
 
E bona notte,
buon capodanno a tutte,
e bona notte.
 
 
ã luigicasale@pt.lu

P.S.  Nonostante molte parole non siano oggi comprese neppure dai napoletani, il senso generale del canto è comprensibile a tutti gli italiani. Tuttavia per una lettura più completa e approfondita ne  fornisco una veloce traduzione cercando di essere quanto più fedele alla lettera. 
 
CANZONE DE LO CAPO D’ANNO
 
La buona sera e il buon principio d’anno
a tutti questi signori, in compagnia!
Siamo venuti e torneremo ogni anno
per farvi quegli auguri che sappiamo.

Spilàtevi le orecchie, aprìteci il cuore,
la casa, la dispensa e la cantina,
perché queste sono giornate di contentezza:
si mangia e beve e non si pensa a niente.

 

1 . Apriamo l’anno nuovo
con tricchi-tracchi e botte:
passiamo questa notte
in allegria.

2. E’ nato il Messia
avendo, poverino,
un bue e un asinello
per braciere.

3. Da allora in questa maniera
passato si è questo giorno,
per fare dispetto e scorno
a Farfariello.

4. Ché quel mariolo
ci aveva tutti nelle grinfie
– né ci  avrebbe lasciati ! –
e ci arrostiva.

5. Se in tempo non fosse venuto
dal Cielo il Bambino,
che  per essere generoso
ci pregiò.

6. E tutti dai guai
volle liberarci
soffrendo, e col lasciarci
persino la pelle.

7. Ma noi che dimentichi
non siamo e neanche ingrati,
passiamo queste giornate
a festeggiare.

8 . E al subito sentire
tornare  lo zampognaro
ci mette felicità
allegramente.

9 . Ci fa venire a mente
la luminosa stella,
la bella grotticina
ed i pastori.

10. Che adulti e bambini
dall’angelo avvisati
correvano lieti
alla capanna.

11
. E chi gli porta, o manda,
con ceste e con panieri,
e chi va ad adorarlo
a faccia a terra.

12. E da lontana terra
persino i tre magi
con traini e carriaggi
si partirono.

13. Che non appena videro
il cielo illuminato,
dissero che era nato
il Messia.

14. E con gran cortesia
avresti visto inginocchiati

davanti ad un bambino
tre regnanti.

15 . Erode, re birbante
entrò subito in paura
che quella creatura
lo avrebbe spodestato,

16. E poiché già tremava,
quell’anima pervertita
fà fare quella insalata
de bambini.

17 . I quali, simili a piccioni,
li fece scannare,
per farci incappare
anche il Bambino.

18. Più infame, più assassino,
n’avite visto mai?!
E in terra non sbattette
subito all’istante.

19. Ma gli restò l’inganno
né ne ricavò niente
con  tutti gli innocenti
che fece ammazzare.

20.
 Infatti la Madonna ebbe
da Cielo il consiglio
de portare in salvo il figlio
subito subito.

21. Queste cose già si sanno,
ma quando è questo giorno
ci e ruotano più attorno
alla memoria.

22. E sia detto per gloria,
ci portano allegrezza,
tanto che c’è letizia
dappertutto.

23. E solo all’odorare
che sono uscite le pigne
te rallegri a quel segno
di Natale.

24. Adesso vedi in ogni luogo
per posti-vendita e per ogni angolo di strada
i viveri sono a mucchi

apparecchiati.

25. A festa sono preparate
fino a fuori la strada
botteghe, drogherie
e bancarelle.

26. E ne vede di sporte,
panieri, botti e ceste,
e scatole e canestri,
e gran sportoni!

27. D’anguille e capitoni
e pesci d’ogni sorte
ne vedi grosse sporte
a centinaia.

28. Tutta questa roba pare
potrebbe bastare un anno
eppure là per là
scomparisce.

29. La gente entra ed esce,
e corre e va e viene,
e spende quanto possiede
per la gola.

30. Né trovi chi non mandi
un augurio o un regalo:
sarebbe mal Natale
non mandar niente.

31. Lo strazio degli innocenti
se fa con i capponi,
che sono a milioni
scapezzati.

32. Neh! Voi quando trovate
più festa e più allegria?
Ma la pezzenteria
non conosciamo.

33. E noi perciò veniamo
con festa canto e suoni
a portare il buon
principio d’anno.

34. Perché presto finiranno
i guai e i tormenti,
né mai più lamenti

sentirete.

 
35. Spero che vedrete
spuntare per voi una stella
lucente come quella
e auguriosa.

36.
 Spero ch’assai sfarzosa
la sorte diventasse,
e che vi accontentasse
tutti quanti.

37. Si sei un negoziante
sempre tu possa abbondare
come abbonda il mare
tutte l’ore.

38.
 Si poi  sei rivenditore
e tieni magazzino
possa ogni carlino
farsi ducato.

39. Si poi sei un avvocato,
ti dico solamente
che tu possa avere clienti
capa-tosta (testa-sura).

40. Perché il vostro guadagno
ci sta d’ogni maniera:
o perde, o va in galera,
o fa denari.

41. Possa tu, se sei notaio,
fare pochi testamenti,
capitolati e rogiti
“sine fine”.

42. Sai per caso un ingegnere fine?
Possa trovare ricchi pazzi
per fabbricare palazzi
e torrioni.

43.
 O meglio, al Comune
aggraffiati con le unghie,
che là sempre si munge
e si va carichi.

44. Sei un uomo traffichino
e vuoi cambiare stato?
Cerca di fare il deputato
o il consigliere.

45. Allora sei cavaliere?
Se il governo approvi
hai voglia quanti soldi
che verranno.

46.
 Sei un prete? Ti mando
l’augurio che  domani
sarai fatto parroco
o monsignore.

47. Si sei operaio,
salute, forza e acconti!
Così tu la spunti
e puoi campare.

48.
 Però devi evitare
il gioco e la cantina
se no in corpo la mattina
niente entra.

49. Se sei padrone di casa
ti scansi il Signore
de cattivo pagatore
come noi.

50. Che in anticipo se ne scappa
se le pigioni non paga

e si porta via la chiave
in sopraggiunta.

51. Si poi sei navigante
che tu non abbia mai tempeste
possa fare viaggi celeri
e ricchi ancora.

52.
 Sei  medico ? Bon’ora,
mi imbrogli in verità!
Va’, possa tu ogni malato
far guarire.

53. Queste misture, posso dire,
se sei un farmacista,
sanassero ogni male
ogni  dolore.

54. Se poi  sei giocatore,
venga la carta in poppa
né tu possa maie far toppa
a zecchinetto.

 
55. Si essere protetto
da la fortuna vuoi
cerca di fare quanto puoi
d’essere asino.

56. Sei solo un  impiegatuccio?
Possa pigliare un terno,
se no resterai in eterno
indebitato!

57. Insomma, in qualunque stato
possa avere le ricchezze
e quelle contentezze
che desideri,

58.
 E chi ne tiene invidia
che possa fare una botta
e gli scendesse sotto
un contrappeso.
 
59. Troppo ci avete inteso,
e vi sarete stufati,
e noi ci siamo stancati
e sete abbiamo.

60. Da qua non ci muoviamo
la faccia è troppa tosta,
siamo venuti apposta
e l’aspettiamo.

61.
 Neh! Che ’desideriamo?
Castagne, fichi e noci,
e altre cose dolci,
e sesamelli (pan di spezie).

62. Due o tre canestrelli
bastano a questa pancia:
sappiamo la creanza

e siamo in pochi.

63. Prima di  queste cose
apriteci la dispensa:
siamo de confidenza,
pigliamo tutto!

64. O provoloni, o prosciutto,
un arrosto o un castrato,
o freddo o sia scaldato
anche un cappone.
 
65. Noi, l’obbligazione
sappiamo esattamente,
né ci lasciamo niente
per farvi onore.

66. Perché siete un gran signore
sfarzoso e corazzone,
a tutte le occasioni
non scomparite (non fate brutte figure).

67. Anzi vi fa piacere,
si vi abbiamo scomodato,
e ci desiderate
anche l’anno che viene.

68. Allora trovare più bene
speriamo e più allegria
e una credenza
piena di cose dolci.

69. Ci è rimasta appena la voce
per cercarvi licenza,
dando a questo ben disposto uditorio
la buona notte.
 
 
E buona notte,
buon capodanno a tutti,
e buona notte.
 
 
_____________________________________
Amico lettore, considera questa canzone come l’offerta di un amico,
e accoglila con benevolenza.
 
Luigi Casale  ( luigicasale@pt.lu )

 
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