“L’autostrada è l’unica certezza che ho”, cantavano un po’ enfaticamente i Tiromancino qualche anno fa. Sennonchè, in questi tempi di manovre, manovrine, decreti interministeriali e salassi vari, le certezze consolidate assumono sempre più spesso la forma del classico ombrello di altaniana memoria, orientato verso il posteriore del consumatore. Il 31 dicembre, per festeggiare degnamente la fine di un annus horribilis, i Ministeri dell’Economia e dei Trasporti hanno infatti decretato l’ennesima revisione dei pedaggi autostradali. A corredo una tabellina piccina piccina che, tra una serie di aumenti intorno al 4%, sfoggia un clamoroso + 8,28% nella riga riservata alla Strada dei Parchi. Allegria!
L’incremento, che fa seguito a quello superiore al 7% disposto a dicembre del 2012, è giustificato dalla Strada dei Parchi con un laconico comunicato, sostanzialmente uguale a quello dell’anno passato e a tratti vagamente surreale, con il quale la società di Toto (che non è il re della comicità napoletana ma l’imprenditore chietino amico di alcuni politici che ormai ha interessi consistenti in ambiti cruciali della economia italiana, dai trasporti, all’energia, alle costruzioni) rivendica gli importanti investimenti effettuati “nonostante le difficoltà del quadro macroeconomico del Paese” e “facendo fronte all’incompleta erogazione dei cofinanziamenti da parte degli Enti locali”.
Verrebbe quasi da ringraziarlo, questo benefattore, se non fosse che le cose sono ben diverse e stanno così:
1. La rete autostradale non l’ha pagata Toto ma noi italiani. La privatizzazione è avvenuta a fine anni ’90 quando l’investimento per la realizzazione delle opere era stato ammortizzato. Il pedaggio è quindi una imposta a tutti gli effetti che però non è riscossa dallo Stato ma da privati.
2. Gli incrementi tariffari sono calcolati sulla base di una formula incongrua in quanto sbagliato è il dato di partenza – che prende le mosse dalla tariffa esistente a fine anni ’90 che, in presenza di un bassissimo capitale investito dalle concessionarie, garantiva a queste ultime profitti enormi – e poco attendibili sono alcuni degli elementi in base ai quali si quantificano gli aumenti. Questi ultimi infatti, come ci ricorda la stessa Strada dei Parchi, sono legati, tra gli altri, al parametro della “qualità” che è un concetto assolutamente fantasioso che fa sì, ad esempio, che se diminuisce la mortalità aumentano le tariffe senza tenere conto che magari il numero minore di incidenti è da ricondurre a fattori che nulla hanno a che fare con le società gerenti come l’irrigidimento del codice della strada, i limiti di velocità ecc.
3. L’aumento superiore alla media per la Strada dei Parchi fa il paio con la norma della finanziaria 2013 (il famigerato articolo 1 comma 183) introdotta con emendamento bipartizan del pidielle e del pidimenoelle che pone a carico dello Stato (e non di Toto) gli importi necessari agli adeguamenti antisismici ed alla messa in sicurezza di viadotti e gallerie.
La stessa Strada dei Parchi ci ricorda, beffardamente, che l’aumento del pedaggio è da ricondurre quasi esclusivamente alla costruzione delle Complanari di Roma, che servono essenzialmente il traffico della capitale e di cui non beneficiano in alcun modo, ad esempio i pendolari, gli autotrasportatori e gli altri automobilisti che percorrono il tratto Teramo-L’Aquila.
Infine, grazie ad una norma adottata nel 2009 dal Governo Berlusconi, le concessionarie autostradali possono realizzare i lavori infrastrutturali attraverso società scelte “in house” senza dover procedere a gara. Indovinate quale società sta realizzando le Complanari di Roma? Ma la Toto costruzioni, ovviamente.
In questo quadro vagamente surreale, determinato ed aggravato dal Governo in carica PD – PDL, è davvero disarmante il silenzio della politica abruzzese ed in particolare dei due acclamati competitor alla poltrona di prossimo Governatore della Regione.
Viene da chiedersi ad esempio se ci sia ancora un Presidente in questa Regione disastrata e perché, al di là delle chiacchiere, non si sia attivato a suo tempo presso il Governo per scongiurare questo ulteriore salasso che colpisce drammaticamente i cittadini e l’economia abruzzesi e perché non si attivi oggi per la revisione della convenzione stipulata con l’ANAS in modo da riportare sul territorio almeno una parte degli esborsi degli utenti.
Altrettanto inquietante l’assenza dal dibattito del verbo dell’onnipresente Luciano D’Alfonso che in questo caso stranamente tace: non vogliamo neanche pensare che il comportamento sia da ricondurre alle note frequentazioni con l’imprenditore Toto alle quali fanno riferimento anche le carte processuali che lo riguardano.
Invitiamo quindi gli esponenti del PD, PDL e similari in primis l’On. Tancredi che fa parte della maggioranza di Governo, ad esprimersi non solo a parole ma con atti parlamentari all’ennesimo provvedimento a danno dei cittadini abruzzesi e a cessare la solita manfrina ed uscire per coerenza dai partiti di riferimento.
Invitiamo infine i cittadini onesti, vessati da questa ennesima beffa, a non voltare la testa dall’altra parte ma a battersi per il cambiamento possibile. Il tempo sta per scadere.
Il Movimento 5 Stelle