Ricevo e Pubblico
I Ricordi di Lino Manocchia
Otto Preminger e l’intervista incrociata
Manocchia incontrò il grande regista una notte, agli inizi del 1970, nel noto “Sardi“ di New York, dove festeggiavano la presentazione del film ”June Moon”. Qualche tempo prima i due si ripromisero che al loro prossimo incontro il Regista avrebbe avuto modo di intervistare il Cronista. Ecco, allora, lo strana, singolare e indimenticabile scambio di domande…
NEW YORK, 15.2.2014 – Accadde una notte, agli inizi del 1970, nel noto “Sardi“ di New York, dove festeggiavano la presentazione del film ”June Moon” del noto regista Otto Preminger. Con il cronista fu la scintilla per uno scambio di domande, una più interessante dell’altra, in presenza della segretaria del grande Ferruccio Lamborghini, innamorata di giornalismo. Qualche tempo prima avemmo modo di conoscere il regista, apparentemente sempre imbronciato, ripromettendoci «che la prossima volta il Regista avrebbe avuto modo di intervistare il Cronista». Indubbiamente una nota di cronaca un po’ strana, singolare, inverosimile, ma la promessa è sempre una promessa e quella sera, tra uno scambio di saluti e l’altro, Premiger mi disse: «Non perdiamo tempo utile con i cerimoniali, io sono Otto, tu sei Lino, siamo amici, vero?».
Si ricorderà che Otto Preminger, di origini ebraiche, nel 1934 emigrò negli Stati Uniti continuando l’attività teatrale a Broadway e presso la scuola drammatica dell’Università di Yale, ma dopo la fine della seconda guerra mondiale iniziò la sua fortunata carriera registica ad Hollywood, esordendo dietro la macchina da presa all’età di 33 anni con il film “Vertigine”: «E il nostro “guizzante cronista” quando prese contatto con il microfono?“, mi anticipò.
Risposi: “Avevo 18 anni e non ancora terminavo le Superiori. Volevo seguire la strada intrapresa felicemente da mio padre, noto scrittore, ma il primo tentativo fu duro, come forse anche per lei, che non ha trovato una via cosparsa di rose, non è così?”
“Si, dopo le polemiche dell’esordio, mi dedicai ad alcune pellicole di carattere più commerciale come “Bellezze rivali” per poi lanciare, con successo,“Ambra“, un film meraviglioso. Negli anni ‘50 – proseguì Otto – , capolavori, come ”Sensazione morale” con un superbo Robert Mitchum, hanno portato via diversi Oscar, uno conquistato per “support” dal giovane Sal Mineo e ”Vergine sotto il letto” con David Niven, William Holden e Carmen Jones (in cui Preminger delinea le donne seducenti e pericolose suscitando vaste polemiche; n.d.r.). Nello stesso anno ho diretto Marilyn Monroe in “La magnifica preda”»
“A proposito di Marilyn, che ne pensa Otto della straordinaria bellezza muliebre?”
Una visibile smorfia di naso e poi… «Ha soltanto un bel petto», ribattè Preminger prima di controbattere «Mi dica Lino, qual è per lei la più bella attrice americana?». “Domanda difficile a chiarire, Hollywood scarica bellezze a porte aperte!», replicai a mia volta e qui citai la magnifica Greta Garbo, Rita Haywort, Ava Gardner, Carol Lombard, Jean Seberg (nel film “St Joan”), Dorothy Dandridge (nel film Carmen Jones 1954 con la quale il regista intraprese una sordida faccenda passionale; n.d.r.).
“Da un regista famoso – incalzai – vorremmo sapere chi sono l’attore e attrice italiani più avvincenti?”
E lui: «L’Italia è una fontana inesauribile di belle donne, intelligenti, formose, amabili ed altrettanto posso dire degli uomini. Basta citare Sofia Loren e Anna Magnani. Lei ha visto il film “Buon giorno tristezza”, tratto dal romanzo di Francois Sagan, con Walter Chiari ? Quel film, da me diretto – sottolineò Otto – merita l’onore. Lei Lino ha già avuto modo di intervistare molti divi di Hollywood, me compreso! Che idea nutre sul sistema di ingaggio da parte della capitale del film?», mi chiese di nuovo.
“Io sono favorevole al valore della ”madre” dei film mondiali. E lei che ne pensa?” Otto: «E’ una vergogna. Hollywood apre la porta troppo spesso e facilmente. Chiunque arriva con un “press agent” e un po’ di storie, viene ingaggiato a suon di migliaia di dollari, ignorando le sue possibilità e bravura».
Io: “Lei considera anche Paul Newman un attore ”appena arrivato”?”
Ancora lui: «Non si dica mai. Paul è un divo con la lettera d’oro. Me lo ha confermato con la sua colossale performance in “Exodus”. Ovunque Newman arriva crea spettacolo e ben presto allinea cameraman, sound man ed anche registi. E’ un genio raro e indimenticabile, paragonabile ai grandi Clark Gable, James Stewart o Glen Ford per citarne alcuni».
“Soddisfatto, quindi, del risultato tecnico-finanziario del film che ha fruttato, fin da subito, 20 milioni di cui 8.7 milioni in America?”
«Certo. Possiamo dire di aver fatto ”terno”, per non parlare degli Oscar uno dei quali è andato al giovane Sal Mineo, premiato per “support” al festival di Venezia del 1961. Ho appreso da conoscenti – dice Otto- che lei è un appassionato ed esperto d’auto. Vuol citare qualche grosso calibro?», tornò a domandarmi.
Io: “In America l’italiano Dario Resta è stato il primo a conquistare la fantastica 500 miglia di Indianapolis, ma senza dubbio splendido è il successo dell’Italiano Mario Andretti che recentemente (1969) ha vinto la prestigiosa coppa della 500 miglia di Indy sbaragliando 33 avversari. E non dimentichiamo il celebre italo-brasiliano Emerson Fittipaldi senza dubbio, come lei certamente saprà, l’Italia vanta un grande nome: Enzo Ferrari, il mago creatore della scuderia automobilistica da corsa”
«Dica Lino, rinuncerebbe al giornalismo per Hollywood?».
Sorpreso, avvertendo un leggero rossore sulle gote, risposi di si: ”Certo, chi rifiuterebbe un simile approccio?”.
«Bene – concluse Otto Preminger – la prossima volta che torno a New York, faremo colazione e parleremo soltanto di “Lino futuro divo di Hollywood”». Ricordo indelebile ovviamente, ma la sorte volle diversamente. Da tempo un cancro inguaribile distruggeva il ciclopico tedesco, che, tra l’altro, combatteva anche con l’Alzahimer Preminger. Nel 1986 veniva cremato e posto nel Memorial Woodworth del Bronx (NY)