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Italia. RENZI E IL SOGNO DI LUANA, di Giovanni Lafirenze

“ciao pà” saluta la figlia uscendo di casa. Una ventenne piena di vita, tutto pepe, iscritta con ottimi risultati alla facoltà di storia e filosofia. “Ciao Bimba” risponde a volto chino Giuseppe, papà di Luana, la futura filosofa, nonché atleta della squadra locale di pallavolo. Una splendida ragazza desiderosa di raccogliere a piene mani un futuro autonomamente scelto. Luana da sempre speranzosa d’insegnare la sua umanistica materia. La famiglia si completa con Gloria, madre, moglie, ex impiegata in una nota casa editrice della zona. Un nucleo famigliare americamente perfetto, piccoli litigi, nulla più. In pubblico una coppia costantemente cortese e sorridente. In casa tutto procede tra la sintonia del nucleo famigliare. Tuttavia per Giuseppe non è un gran momento, anzi, lui vive un mostruoso dramma che non riesce a confidare a nessuno. È di fatto, a partire dal mese in corso senza stipendio. In realtà lui non avrebbe compiuto nulla da meritare da parte dell’azienda per cui lavora tale drastica conclusione. Giuseppe non racconta nulla alla moglie, la quale inconsapevolmente continua con serenità a gestire denaro inesistente. Anche la vita di Luana non si scompone: scuola, libri, master, tasse, feste con amici, gite scolastiche etc. Ripeto non è che Giuseppe abbia combinato qualcosa, in realtà è la piccola azienda per cui lavora che è in procinto di chiudere battenti. No, l’azienda vende, mercato interno, esterno, fatturati annui di tutto rispetto, certo molti clienti, da un paio d’anni tardano i pagamenti delle fatture, ma la ditta tutto sommato ai dipendenti sembra solida. Era solida fino a sei mesi fa. Il giorno in cui la proprietà riceve la visita di una società recupero crediti.

In questo interminabile periodo tra i corridoi aziendali i colletti bianchi continuavano a rasserenare i dipendenti:

” non è nulla. È tutto in regola, sono le solite cartelle pazze”

“cartelle pazze ?” si domandavano gli impiegati più anziani.

Già semplici “cartelle pazze”, ma talmente pazze che l’agenzia recupero crediti bloccava i conti correnti bancari della società e del titolare. A partire da quel giorno, di sei mesi fa, per tutti i dipendenti lo stipendio diventava una promessa impossibile da onorare a lungo. Per Giuseppe e i suoi colleghi l’incubo diventava orribile realtà.

Da un paio di giorni è ufficiale l’azienda a partire da questo mese non può pagare nessuna spettanza. Per Giuseppe l’incubo diventa un inferno colmo di demoni. E mentre Luana esce di casa per recarsi ad una lezione universitaria, lui già s’immagina stretto tra le grinfie dei futuri creditori: mutuo, Enel, Gas, etc. Il vero problema di Giuseppe è parlarne in famiglia: “Gloria da oggi non abbiamo più lo stipendio. Luana vedi che non potrai più portare a termine i tuoi studi”. Giuseppe ci pensa più volte, tenta di trovare le parole giuste, ma non ottiene risultati. Laura ignora che grazie ad un datore di lavoro piuttosto “superficiale” e ad uno Stato che non sa guardare oltre il proprio naso, probabilmente non potrà più completare il suo grandioso sogno in storia e filosofia e forse se il padre non saprà reagire non avrà più neanche una casa. Ma oggi in Italia quanti lavoratori e lavoratrici si trovano nelle stesse condizioni di Giuseppe, Gloria e Luana. Non è possibile fare una stima reale. La cronaca ci dice che molti cadono in una depressione senza fine, altri i più forti reagiscono, e come canta Morandi “uno su mille c’è la fa”. La domanda lubranesca sorge spontanea: “ e gli altri 999 ?” Forza Renzi la squadra l’hai fatta, l’opposizione è dalla tua parte. L’Italia ti guarda e spera in te. Buon lavoro da tutti noi. Ma soprattutto pensa ai tanti 999 sparsi in tutto il Bel Paese. Stima e simpatia

 

Giovanni Lafirenze

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