Giulianova. L’ Amministrazione comunale saluta la Segretaria generale Raffaella D’ Egidio che dalla prossima settimana presterà servizio nel Comune di Roseto degli Abruzzi.
Il Sindaco: ” Grazie a lei, in due anni e mezzo, siamo cresciuti in conoscenza, competenza ed efficienza”. Dopo l’ultima seduta di Giunta, il Sindaco Jwan Costantini, gli assessori e il Presidente del Consiglio comunale Paolo Vasanella hanno salutato la Segretaria Comunale Raffaella D’ Egidio, che dalla prossima settimana sarà in forze agli uffici comunali di Roseto degli Abruzzi. Ringraziamenti, fiori e un po’ di commozione nella stanza del Sindaco, quando la mattinata lavorativa era quasi finita. ” Sono grata a questa Amministrazione – ha detto la dottoressa D’ Egidio – per la fiducia che mi è stata data e per la stima espressa da tanti, e in più occasioni. Ringrazio dunque gli amministratori, il personale del Comune e la Città di Giulianova che mi hanno permesso di operare al meglio e di formarmi ulteriormente, dal punto di vista umano e professionale.” Parole di particolare ammirazione sono state pronunciate dal Presidente del Consiglio comunale Paolo Vasanella. “Non posso non essere grato alla nostra Segretaria – ha commentato – Il suo supporto, durante le sedute di consiglio, è stato tanto prezioso quanto determinante. Senza di lei, non avremmo avuto l’abilità di affrontare e superare certi passaggi critici dei lavori”. Sentiti, i ringraziamenti del Sindaco Jwan Costantini, che si è detto interprete della riconoscenza della Giunta e degli Uffici. ” In due anni e mezzo – ha sottolineato Costantini – questa Amministrazione è cresciuta notevolmente. I meriti di tale crescita sono, in gran parte, della Segretaria Generale Raffaella D’Egidio, che sempre, senza risparmiarsi, ha messo a disposizione il suo tempo, la sua professionalità, la sua maturità, in una parola, la sua capacità di risolvere i problemi. Salutandola, le auguriamo di poter operare con lo stesso entusiasmo e i medesimi risultati nella città di residenza”.
EDITORIA. L’ IISS “PEANO-ROSA” DI NERETO INCONTRA DONATELLA DI PIETRANTONIO
Lunedì 14 febbraio 2022, alle 10, gli studenti delle classi quarte del Polo Scolastico“Peano-Rosa” di Nereto, guidato dalla Dirigente Scolastica Dott.ssa Nadia Di Gaspare, incontreranno on line la scrittrice Donatella Di Pietrantonio, Premio Campiello 2017, uno dei nomi più apprezzati nel panorama letterario italiano e non solo.
Gli studenti si confronteranno con la scrittrice sulle principali tematiche delle opere“L’Arminuta” e “Borgo Sud”: l’abbandono, i legami familiari, la realizzazione personale nonostante l’ambiente natío. Dopo aver letto le due pubblicazioni, sarà per loro importante confrontarsi con la scrittrice stessa, per comprendere quali meccanismi e quali scelte stiano dietro il processo creativo e la redazione di un romanzo.
L’incontro, promosso dal Dipartimento Umanistico e di Lettere dell’Istituto, vedrà la partecipazione dell’ospite d’eccezione, della Dirigente Scolastica, dei docenti referenti e sarà moderato dalla prof.ssa Valeria Olivieri.
Kali, viaggio negli Universi paralleli, di Curatolo e Acunzo: è già un successo!
Nella seconda puntata si parla di tecniche e leggende per vivere più a lungo e in salute.
Un viaggio negli Universi paralleli, Kali è un programma di informazione sul benessere e il mistero. In onda sulla piattaforma radio www.rtmsilvi.com. La prima puntata è stata trasmessa giovedì 10 febbraio con successo di ascolti, suscitando curiosità.
Indagine su teorie, fatti, ipotesi che racchiudono intriganti vicende accadute nel corso degli anni e consigli pratici, utili sul benessere, per far felici il proprio corpo, mente e, soprattutto, Anima, presentato da Angela Curatolo e Annamaria Acunzo.
“Contatti vibrazionali” è stato il tema scelto per l’esordio della prima.
L’inedita coppia ha presentato una scaletta molto intrigante: i portali delle fate in Abruzzo, il Caso Amicizia a Pescara, le vibrazioni delle Campane tibetane.
Annamaria Acunzo, scrittrice, autrice di una rubrica sul benessere su www.Zaffiromagazine.com, docente e naturopata internazionale, ha fatto provare il brivido dell’ascolto della campana tibetana.
“Sono uno strumento potentissimo – afferma – Agiscono a livello sottile. Il suono, a 432 herz, interagisce con la frequenza terrestre e con il chakra del cuore, andando ad armonizzare il corpo a livello fisico, mentale e Spirituale.”
La professoressa Nicoletta Camilla Travaglini ha rivelato i luoghi in Abruzzo che custodirebbero i portali dimensionali delle Fate, ad esempio il pozzo di Roccasale, e strani avvenimenti come un presunto castello di cristallo sotto al lago di Bomba che apparirebbe e scomparirebbe.
Il chitarrista rock Alessandro Serra, in veste di indagatore del mistero, ha ricordato il famoso ‘Caso Amicizia’, accaduto, proprio qui, a Pescara: storia di alieni e Uredda, il segreto della loro energia. I W56, fruttariani vennero sulla Terra alla ricerca di amore, armonia e fiducia per trasformarle in energia per le loro astronavi. Una storia raccontata per la prima volta nel libro ‘Contattismi di massa’ a firma di uno dei protagonisti della vicenda.
“Chiunque lo desideri, può contattarci e suggerire ricerche e argomenti, porre domande ad Annamaria sul benessere.” E’ l’invito di Curatolo.
Il numero WhatsApp, per chi desidera contattare la redazione di Kali, è:
351 986 07 63
Una nuova avventura intrisa di misteri, segreti, informazioni e notizie alternative è cominciata, un’esplorazione in Universi paralleli emozionante sin dalla prima puntata, accompagnata da una selezione musicale da ‘paura’ a cura di Salvatore Pappacena.
Nel prossimo appuntamento, in onda giovedì 24 febbraio alle 14 e in replica alle 20, si riveleranno i segreti del Graal in Abruzzo, si indagherà su che cos’è veramente l’Adrenocromo e Annamaria Acunzo consiglierà la posizione ‘montagna’ dello yoga e quali sono i cibi integratori antiaging. Il fil rouge del secondo imperdibile appuntamento di Kali è “vivere più a lungo e in salute, si può?”
Editoria. “Gli Internati Militari Italiani. Testimonianze di donne” a cura di Orlando Materassi e Silvia Pascale
Il volume curato da Orlando Materassi e Silvia Pascale raccoglie i lavori di ricerca del Progetto “Gli Internati Militari Italiani: testimonianze di donne, madri, fidanzate, mogli, figlie”, un percorso di studio promosso da ANEI Treviso e finanziato dal Governo Federale della Germania attraverso il Fondo italo-tedesco per il Futuro scelto in stretta collaborazione con il Ministero italiano degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.
Il libro custodisce alcune figure di donne: Mamma Teresa, Angiolina, Gigliola, Mariuccia, Gemma, gli “Angeli” di Pescantina, Olga e molte altre. La loro voce rivive attraverso lettere, pagine di diario, interviste, ricordi.
Le donne che rimasero a casa aspettando il ritorno degli uomini dal Lager scrissero le loro preoccupazioni, le loro opinioni, l’ansia per il silenzio di fidanzati, mariti, padri e fratelli. Sono scritti e testimonianze che non sono stati ancora studiati, ma che soprattutto non hanno ancora avuto una adeguata riflessione.
La Storia apre così all’universo femminile, spesso taciuto e dimenticato, rinnovando l’interesse per le vicende degli Internati Militari Italiani sotto un’altra ottica.
Il Progetto.
Gli Internati Militari Italiani: testimonianze di donne, madri, fidanzate, mogli, figlie.
Orlando Materassi & Silvia Pascale
Coordinatore e Responsabile del Progetto
Il Progetto presentato all’Ambasciata della Repubblica Federale di Germania a Roma nasce come idea nel 2020 quando ci troviamo a studiare e scrivere su due figure di donne: Mamma Teresa e Angiolina. Due donne per noi e per la nostra storia di parenti di deportati importantissime, due donne su cui abbiamo discusso molto e sulle cui scelte abbiamo riflettuto.
Il discorso si è allargato all’universo femminile di quegli anni, anni difficili, di guerra, di dolore e di sofferenza.
Venti lunghi mesi di vita, di guerra, di speranza e di disperazione. Venti mesi dopo i quali l’Italia non fu più la stessa e la vita di chi ne fu protagonista, ma anche delle persone a loro vicine, cambiò: per molti (e soprattutto per molte) fu anche la conferma di poter dire la propria idea, di fare una propria scelta.
All’indomani del conflitto nessuno o quasi si è chiesto qual è stato il ruolo di queste donne, qual è stato il significato della loro attesa, se la loro silenziosa presenza avesse o meno forma di Resistenza.
Nelle nostre famiglie dopo la guerra, non si parlava quasi mai di quel periodo, a tavola (il momento in cui la famiglia si riuniva) non era un argomento di conversazione.
I civili pagarono un tributo altissimo alla guerra, le donne in particolare. Con un nodo alla gola Silvia rivede la camera della nonna, con chiarezza, i pesanti mobili di legno scuro, un quadro che rappresentava un idilliaco paesaggio campestre, un letto troppo grande per le dimensioni della camera con sopra un imponente crocifisso davanti al quale mamma Teresa pregava ogni sera.
Ognuno cercava di sopravvivere come meglio poteva in quell’Italia sprofondata nell’abisso. I bombardamenti, la fame, le malattie e la solitudine hanno accompagnato queste donne, alcune giovanissime, soprattutto dopo l’8 settembre del 1943.
Durante la guerra cercavano di essere informate sugli esiti del conflitto, cercavano di essere aggiornate per avere informazioni sui propri cari. Dopo l’armistizio la ricerca di notizie divenne affannosa e a tratti angosciante. Mamma Teresa leggeva i giornali nonostante avesse solo la terza elementare e Angiolina cercava notizie dai futuri suoceri sapendo bene il significato della morte in guerra avendo perso il fratello Orlando nel gennaio del 1941.
Ecco l’idea di questo lavoro di ricerca nasce proprio sulla spinta di queste due donne, sul valore della loro silenziosa Resistenza e sul significato della loro attesa: mamma Teresa aspetta la fine della guerra per andare sulla tomba del figlio in Germania, Angiolina aspetta il ritorno dopo 44 mesi dell’amore della sua vita.
Un tratto che distingue le famiglie dei deportati (sia sopravvissuti, sia deceduti in Lager) è la trasmissione ai figli o ai nipoti, tramite canali di comunicazione conscia o inconscia, di nozioni ed emozioni che riguardano appunto l’internamento.
Questo filo rosso tra IMI e figli o nipoti è stato rappresentato dalle donne della famiglia in maniera estremamente silenziosa: consiste nel passaggio di testimone, in parte implicito in parte esplicito, delle sofferenze e dei ricordi degli uomini internati.
Prima della guerra le famiglie erano legate le une alle altre da vincoli di appartenenza e identificazione con altre famiglie, con la comunità, con l’ambiente circostante. La deportazione ha infranto questi legami, ha irrimediabilmente lasciato dei vuoti.
Quindi il ruolo delle donne è stato quello di colmare quei vuoti: con la Memoria e il Ricordo per chi non è tornato, con il tentativo di riannodare i fili di esistenze segnate dal trauma per chi è rientrato.
Il carico di emozioni connesse con il passato traumatico di questi uomini le ha portate ad essere il loro unico punto di riferimento, a sopportare e supportare gli uomini con questo gravoso passato di morte, sofferenza e dolore e in alcuni casi anche di rabbia e collera.
È vero che gli IMI al loro ritorno, come tutti i deportati, d’altra parte, non hanno parlato pubblicamente per molto tempo, per decine d’anni. Ma è anche vero che avevano generalmente una donna di riferimento: una moglie, una fidanzata divenuta poi moglie, una madre, una sorella oppure una figlia.
Sono loro che hanno accolto e curato i loro cari, sono loro che hanno custodito i racconti e i ricordi e hanno guidato la famiglia verso il futuro preoccupandosi della continuità della vita. È chiaro ed evidente se guardiamo indietro nel tempo, la diversità del loro ruolo, la distanza che le separa emotivamente dal trauma, ma che in qualche modo assorbono e assimilano come un messaggio da custodire. Sono andate incontro a questi uomini in tutte le circostanze, sono rimaste loro accanto e hanno sempre trovato soluzione al loro trauma.
Si sono caricate sulle spalle l’intera responsabilità, senza avere la possibilità di condividere con alcuno questo peso. L’emozione ha fatto da filtro alla loro Memoria, il ricordo di un senso di ingiustizia, la ferita di una delusione, la tristezza di non poter parlare, ma soprattutto l’amore e la lealtà nonostante tutto.
Dal nostro punto di vista hanno realizzato un’impresa che sembrava un’utopia: hanno unito l’Italia superando i confini dell’appartenenza sociale e territoriale. Hanno combattuto resistendo al pari degli uomini quando ancora la parità era al di là da venire.Sono diventate delle patriote, donne della Resistenza; in una società che affidava alla donna sostanzialmente i ruoli di moglie e di madre.
Ci piace sottolineare quando si parla della piena partecipazione femminile alla vita politica e sociale del nostro Paese, che le basi per l’emancipazione femminile furono senza ombra di dubbio gettate negli anni tra il 1943-1945.
Il fascismo ha fatto pagare alla donna un altissimo prezzo di umiliazione e di sacrificio, la Resistenza ha dato alla donna il senso di quanto poteva contare, il coraggio che poteva esprimere e la sua forza. Non sono soltanto mogli, madri, sorelle e figlie di Internati Militari Italiani: sono le prime a farsi carico della famiglia, sono quelle che cercano cibo per spedirlo nei Lager, sono quelle che a rischio della vita aiutano i soldati chiusi nei vagoni piombati porgendo acqua e pane, sono quelle che protestano anche in piazza per il ritorno degli uomini dai campi di concentramento, e che prima ancora avevano protestato per dire basta alla guerra. E per questo non va dimenticato che i giorni durissimi della guerra sono anche i giorni in cui tutta la tematica dell’emancipazione femminile viene abbozzata nelle sue linee generali: la rivendicazione dei diritti politici, della parità nella scuola e nel lavoro.
Le spine del passato portate dietro per quasi tutta una vita, come una valigia che non si ha mai il tempo di posare e di aprire, aprono finestre sul senso dell’attesa.
E da tutte queste riflessioni nasce quindi questo progetto che ha il suo punto, noi amiamo dire, di partenza con questo Convegno e con questi studi. Di partenza perché la conoscenza della Resistenza delle donne degli IMI è appena iniziata.
Prefazione
Discorso pronunciato al Convegno di Treviso, 17 dicembre 2021
Viktor Elbling
Ambasciatore della Repubblica Federale di Germania a Roma
Ho accolto con molto piacere l’invito a rivolgere un saluto ai partecipanti di questo convegno.
Negli anni scorsi abbiamo appreso molto sulla tragica storia degli Internati Militari italiani, attraverso la pubblicazione dei loro diari e lo studio dei documenti storici. Fino ad un certo punto è naturale che, quando si parla di storie di guerra e internamento, vengano in mente prima gli uomini, come diretti interessati. Si dimentica però che, in loro assenza, la vita non si ferma, non si congela, va avanti con tutte le sue difficoltà.
L’ANEI di Treviso, con la responsabile del progetto Silvia Pascale, ora si è dedicata a colmare una grande lacuna, quella della prospettiva femminile. Il mondo degli anni Quaranta era molto diverso da quello in cui viviamo oggi. Nella società, le donne comparivano in relazione a figure maschili, prima come “la figlia di”, poi come “la moglie di” e infine “la madre di”.
Possiamo solo immaginare come si sentissero disorientate queste donne, quando persero i punti di riferimento della loro quotidianità. Si trovarono da sole, con famiglie da gestire, decisioni da prendere, e l’ansiosa incertezza su come stessero i loro cari, lontani e imprigionati nei campi tedeschi. Vissero quella pesante situazione, resistendo alle avversità con forza e determinazione, mentre i loro mariti, padri, figli pagavano per aver resistito alle richieste di combattere per i nazisti.
Alcune di loro videro tornare i loro cari, altre ricevettero la tragica notizia della loro morte. “Mamma Teresa” ne parla nel suo diario, pubblicato da Silvia Pascale. Questa donna attraversò l’Europa alla ricerca della tomba del figlio, morto in un campo tedesco e sepolto in un luogo sconosciuto.
Sono storie di donne forti, coraggiose, esempi luminosi di umanità. Ringrazio Silvia Pascale e tutti coloro che hanno contribuito a riportare alla luce queste storie.
POSTFAZIONE
TI ASPETTO OGNI GIORNO
Ti aspetto e ogni giorno
mi spengo poco per volta
e ho dimenticato il tuo volto.
Mi chiedono se la mia disperazione
sia pari alla tua assenza
no, è qualcosa di più:
è un gesto di morte fissa
che non ti so regalare.
Alda Merini
Gabriella Persiani
Giornalistanipote dell’IMI Carmine Broccolini
Difficile trattenere le lacrime, ancor più difficile frenare i ricordi di quanto di terribile c’è stato, non solo per le famiglie interessate, ma per l’Italia intera, dopo quel NO all’adesione alla Repubblica di Salò pronunciato da 650mila militari italiani dopo l’Armistizio, 50mila di loro non tornarono mai a casa dopo la deportazione nei campi nazisti. Così, nell’eco dell’Attesa e della Riconciliazione, parole-chiave della giornata, si è svolto il 17 dicembre 2021 il Convegno Internazionale “Gli Internati Militari Italiani. Testimonianze di donne, madri, fidanzate, mogli, figlie”, nell’Auditorium dell’IC4Stefanini di Treviso.
L’evento, diviso in due parti, la prima, mattutina, dedicata agli studenti e ai docenti dell’Istituto di Treviso e fortemente voluta dal Dirigente Scolastico Doriana Renno, la seconda, pomeridiana, aperta al pubblico e agli addetti ai lavori, si colloca all’interno del Progetto di ANEI (Associazione Nazionale ex Internati nei Lager Nazisti) sezione di Treviso, presentato all’Ambasciata della Repubblica Federale di Germania a Roma dalla storica e docente Silvia Pascale e da Orlando Materassi, Presidente nazionale ANEI.
Il fine è stato accendere, per la prima volta – e, si può dire, finalmente -, i riflettori sulle figure silenziose e dimenticate delle donne degli IMI, in tutto e per tutto da considerare spalla fondamentale della prima Resistenza, quella combattuta senz’armi dai nostri cari deportati dopo l’8 settembre 1943. Un punto di partenza su questa pagina di Storia, resa possibile dalle testimonianze dirette arrivate ai giorni nostri attraverso racconti, lettere, biglietti, diari delle donne degli IMI, le nostre nonne, fonte primaria ed esclusiva degli interventi del Convegno, anticipati dai saluti istituzionali. Particolarmente sentito il videomessaggio iniziale dell’ambasciatore tedesco a Roma Viktor Elbling su questa nuova prospettiva storica tutta femminile.
Coinvolgenti, entrando nel merito, le emozioni vissute in mattinata ripercorrendo le vite di nonna Concetta di San Severo (Foggia) e dei suoi due giovanissimi figli Imi, Vincenzo e Paolo Villani, il primo dei quali Milite Ignoto, attraverso l’accorato ritratto della nipote Marina Villani; di Gigliola Buti da Pisa, figlia di Stella e dell’IMI Armando, portata in Aula da Silvia Angelucci e della trevigiana Mariuccia Turchetto, moglie dell’IMI Gian Carlo, presentata da Francesca Piaser.
Silvia Pascale, responsabile del progetto, ci ha fatto conoscere le maestose figure di Mamma Teresa da Ferrara, già protagonista de “Il diario di mamma Teresa” per Ciesse Edizioni, e di Lore Wolf, strenua oppositrice del nazismo in Germania, unite nella ricerca di giustizia e verità per la tragedia del non ritorno dal Lager, mentre Orlando Materassi, coordinatore scientifico dello stesso progetto, ha testimoniato di sua madre Angiolina, fidanzata, prima, e moglie, poi, dell’IMI Elio, al quale è dedicato il volume “La Memoria legata al filo rosso”, sempre per Ciesse Edizioni.
Grande la partecipazione degli studenti presenti all’incontro, i quali, a loro volta, hanno riferito dei loro famigliari IMI e hanno preso parte, prestando la loro voce, agli interventi dei relatori con la lettura di brani e poesie.
Delle ansie, delle preoccupazioni, della forza solitaria e inimmaginabile di queste novelle Penelopi si è continuato a parlare nel pomeriggio, con i collegamenti online di Harald Grote, Dirigente di BarackeWilhelmine, Marco Eggert del Consolato Onorario Italiano di Brema e dello storico polacco Stefan Marcinkiewicz, docente UniwersytetWarminsko-Mazurski w Olsztynie. In presenza, il Comune di Treviso con l’assessore all’Istruzione Silvia Nizzetto, il Presidente Regionale ANPI della Toscana, Bruno Possenti, il Presidente ANEI Firenze, Mauro Perini e la Presidente Anmig di Castelfranco, Antonella Casadei.
L’attenzione si è poi accesa sui diritti delle donne nel Ventennio con Sara De Vido, professoressa associata di Diritto Internazionale all’Università Ca’ Foscari di Venezia, che si è anche focalizzata, con molto trasporto, sull’attesa di sua nonna, a sua volta moglie di un Imi. Di una donna speciale in questo panorama, Luisa, moglie di un ex fascista finito in un Lager, ha di seguito parlato la storica di Ferrara Antonella Guarnieri, e della figura della veneziana Olga Blumenthal la docente Emilia Peatini. Interventi, questi, che hanno accresciuto con ulteriori esempi di vita l’importante tematica della giornata.
Gli intermezzi musicali eseguiti al pianoforte dalla docente Rosaura Di Bernardo hanno arricchito e accompagnato riflessioni ed emozioni nel corso dell’evento.
Quest’ottica, tutta femminile, tutta familiare delle vicende degli IMI ci ha permesso di giungere alla comprensione del contesto globale. Le voci, gli esempi, le storie riecheggiati nell’Auditorium Stefanini di Treviso, 78 anni dopo i fatti e riproposti negli Atti, ci impongono di non dimenticare e di valorizzare in ogni nostra azione personale, civica e sociale, la libertà e la democrazia così faticosamente conquistate con la sofferenza e il sangue di questi uomini.
“Dono sospeso” 2021. Ieri, in sala Buozzi, la consegna dei regali a “La Fenice”, il centro che assiste le donne vittime di violenza.
Sono state 80, nella provincia di Teramo, le donne che nel 2021 sono state assistite dal Centro antiviolenza “La Fenice”, nove di Giulianova. Questi alcuni dei numeri emersi, ieri pomeriggio, nel corso dell’incontro che ha visto la consegna al Centro di numerosi pacchi dono raccolti nell’ambito delle iniziative messe in campo da Amministrazione comunale e Commissione Pari Opportunità in occasione del 25 Novembre. In quella data, com’è noto, si celebra la “Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne” ed anche quest’anno, tra le altre cose, l’ Amministrazione comunale e la Commissione Pari Opportunità, in collaborazione con la Cpo provinciale, hanno promosso il “Dono Sospeso”. Chi ha voluto, fino alla fine del mese, ha potuto acquistare nei negozi aderenti all’iniziativa un oggetto, un capo d’abbigliamento, un giocattolo, da regalare alle donne assistite dal Centro “La Fenice” , molte delle quali ospitate nella struttura collegata “Casa Maia” con i loro bambini. Ieri, in sala Buozzi, la consegna degli oggetti acquistati e donati, alla presenza del Vice Sindaco Lidia Albani e delle appartenenti alla Commissione Pari Opportunità di Giulianova, presieduta da Marilena Andreani. Si è trattato di un incontro importante, che ha confermato la collaborazione tra enti istituzionali, volontariato e associazioni al fine di sostenere fattivamente le donne vittime di violenza. “ “La Fenice” – spiega la psicoterapeuta del centro Cristina Bellocchio- opera dall’ 8 Marzo 2008. Ha la sua sede principale a Teramo e sportelli di ascolto a Martinsicuro, Pineto e Isola del Gran Sasso. E’ aperto 8 volte a settimana e svolge gratuitamente, attraverso un’equipe di professioniste specializzate, attività di accoglienza, consulenza psicologica e legale, orientamento lavorativo, sensibilizzazione e prevenzione della violenza di genere. Il Centro, collegato al numero verde nazionale 1522, risponde anche allo 0861/029009 e allo 800174207. Il suo obiettivo è accompagnare la donna in un percorso personalizzato di uscita dalla violenza, un percorso costruito insieme alla donna stessa, nel rispetto dei suoi tempi e delle sue scelte. Le persone che si rivolgono a noi sono in prevalenza italiane, con una buona scolarizzazione. Il “Dono Sospeso” permette a molte di loro di ricevere un gesto di solidarietà da parte di cittadini di Giulianova, che non conoscono. Un messaggio di speranza, il loro, compiuto attraverso l’ Amministrazione comunale e la Commissione Pari Opportunità, che ringraziamo anche quest’anno per la disponibilità e la sensibilità dimostrate nei confronti del Centro e di tutte le donne”.
Arte. SANREMO 2022: per la prima volta l’arte contemporanea a Sanremo durante il Festival con l’installazione THE BOX di Melanie Francesca
Per la prima volta l’arte contemporanea arriva a Sanremo durante il Festival della canzone italiana. A Villa Ormond Melanie Francesca espone la sua opera THE BOX, un’imponente installazione luminosa in tela e metallo che arriva a Sanremo direttamente da Dubai dove è stata inaugurata dal Ministro della Cultura degli Emirati Arabi Uniti sua Altezza lo sceicco Nahyan bin Mubarak al Nahyan.
THE BOX è l’interpretazione di Melanie Francesca del vaso di Pandora. La bellissima e virtuosa Pandora, prima donna ad apparire nella mitologia greca, per aver disobbedito a Zeus libera tutti i mali del mondo aprendo il dono del Re degli Dei, ma per ultima libera anche la speranza, salvifica virtù.
THE BOX, la monumentale installazione di Melanie Francesca – 400 kg per 3 mt per lato e 2,5 mt in altezza – invita ad entrare dentro l’opera e ad immergersi nella storia dell’umanità raccontata dall’artista.
Installata in una location unica ed esclusiva, Villa Ormond, dove le telecamere immortalano e raccontano i protagonisti del Festival, THE BOX sarà ammirata da tutti i cantanti, personaggi dello spettacolo e delle istituzioni, giornalisti, ospiti e influencer che si incontreranno durante l’eccitante maratona del Festival di Sanremo.
Melanie Francesca vive tra Dubai e la Svizzera. È scrittrice, artista visiva, opinionista e giornalista. A Sanremo verrà premiata “come artista eclettica capace di passare dalla scrittura alla poesia all’arte e i cui versi hanno ispirato musicisti e direttori d’orchestra” durante l’esclusivo Gran Galà Sanremo Sol & Novella 2000 alla presenza di molti personaggi del mondo della cultura, dello spettacolo e delle istituzioni. Al Victory Morgana Bay, location d’eccezione della serata del 3 febbraio, saranno premiati, tra gli altri, Al Bano, Ornella Muti e Stefano Coletta, Direttore di Rai 1.
Come artista visiva Melanie Francesca ha esposto in Europa e Medio Oriente. Il suo THE BOX ammirato a Dubai e Abu Dhabi, dove è stato esposto per la prima volta, arriva per la prima volta in Italia per un’occasione speciale, quella del Festival di Sanremo dove, a tutti gli effetti, per la prima volta si espone un’opera d’arte contemporanea.
THE BOX è l’apoteosi di questo mondo, la cosmogonia di un delirio universale. All’interno dell’opera, che ricalca gli stilemi del Giudizio Universale, trovano posto la bellezza e l’abiezione, la guerra e la morte, in una visione tragica. Il tratto di Melanie Francesca nel THE BOX è un tratto netto, determinato, un fiume in piena che costruisce un racconto surreale, trasognato. Un mondo popolato da uomini e donne, da animali e insetti, da architetture e alberi che si intersecano in un’iperbole di mondi veri e mondi immaginati, di storie antiche e di visioni contemporanee. Ma tra immagini conosciute, autoritratti, angeli e demoni, memento mori, fuggiaschi e addolorate, si elevano immagini di speranza, di donne e di madri, di bambini e di vita, in una parola sola, di speranza. Ementre il dipanarsi di questa architettura di immagini cattura l’attenzione dello spettatore compare nell’opera la poesia. THE BOX contiene decine di poesie e rime dell’artista scritte appositamente, una recita verbale che si unisce al racconto in nero di china.
Il verso 94, “l’arpa che incarta il corpo suona sull’uomo nuovo, per cui vibra variabile il presente, instabile ma sposo della spinta sul futuro”, è segno anch’esso di come THE BOX sia un’opera dedicata alla speranza, un vaso di Pandora contemporaneo che come quello del mito racconta il male ma lascia il passo al futuro, all’uomo, alla bellezza.
THE BOX è stato ammirato in anteprima dal noto scrittore e giornalista Francesco Alberoni che ha così commentato l’opera e l’artista: “Nella sua attività artistica sposa con notevole talento gli stilemi del disegno e dell’incisione, memoria dei Maestri nordici come Dürer, alla potenza della modernità, rappresentata da lightbox e arte “esperienziale”. Nelle sue opere si ritrova l’attenzione ad un’umanità unita, la cui multiculturalità, sperimentata in prima persona dall’artista che ormai da anni vive ed espone negli Emirati Arabi, lungi dall’essere un ostacolo, diventa uno dei maggiori punti di forza. Riflettendo su un passato comune, Melanie Francesca crea per l’osservatore un’esperienza artistica totalizzante, fornendogli gli strumenti per immergersi completamente in un viaggio al di fuori da spazio e tempo definiti.
Storia e tradizioni rivivono, tanto nelle opere artistiche, quanto in quelle letterarie, grazie ad uno stile giovane e audace capace di colmare il gap tra le epoche. Uno stile che deriva, forse, dall’esperienza di vita dell’artista, donna occidentale, in un Paese permeato da una cultura secolare, ma ancora assolutamente viva. Quasi una mitologica Pandora, Melanie Francesca ci ricorda che i contrasti, i chiaroscuri e le contraddizioni fanno parte della vita di ciascuno di noi, che la bellezza riluce ulteriormente emergendo dalle tenebre e che in tutto ciò risiede la forza e la potenza del genere umano.
L’artista ha il coraggio di riflettere con lucidità sulla vita e, non senza una punta di smaliziata ironia, di aprire a tutti noi una finestra su queste sue meditazioni, superando paure e pregiudizi, lasciandosi trasportare da ciò che sente dentro di sé e desidera condividere come espressione della sua anima. Dai libri, alle poesie, alle opere, l’arte di Melanie Francesca è un incalzante invito a godersi l’esperienza e le mille sfaccettature e sfumature che il mondo, oggi come un tempo, può offrirci”.
Arte. Inaugurata la Galleria d’Arte Moderna Eva Fischer a Daruvar, con la prima mostra “su” Eva e non “di” Eva
Si è inaugurata presso la città croata di Daruvar, la Galerija Eva Fischer, museo nazionale per l’arte moderna e contemporanea. La città termale ha voluto omaggiare la pittrice Eva Fischer, nata lì nel 1920 e figlia del rabbino capo ungherese Leopold e di Kornelia Grossmann. Leopoldera un grandissimo letterato che parlava più di 11 lingue, traduceva dall’aramaico in ebraico ed aveva scambi epistolari fra i quali con Franz Kafka. Vi si era trasferitoperché alcune comunità ebraiche lungo le nuove frontiere erano sprovviste di rabbini. Bisogna pensare ad un territorio austroungarico che stava modificandosicon la Grande Guerra dal 1914 al 1918 e la successiva creazione di nuove realtà europee, come il Regno di Ungheria ed il Regno di Jugoslavia.Nel 1915 era nato sempre a Daruvar il fratello maggiore di Eva, Erich. La generazione “jugoslava” dei Fischervedrà poi Roberto, nato nel 1930 a Vrsac, oggi Serbia.
Grazie alla vice sindaco di Daruvar, Vanda Cegledi ed al direttore dei musei Goran Jakovljevic ed i contatti intrapresi tramite il portale www.evafischer.com e successivamente con la Fondazione Eva Fischer (www.evafischer.foundation), è iniziato il cammino che ha visto lo scorso 28 gennaio la “consacrazione” del nome dell’artista alla Galleria situata nel polo museale nel Castello del conte Janković.
L’inaugurazione era anche in diretta zoom ed haavuto fra le persone collegate anche il fratello di Eva, Roberto assieme alla consorte Ziva Modiano, il figlio di EvaAlan Davìd Baumann con la compagna, la pianista Miriam Di Pasquale, ed altri rappresentanti della famiglia. Ha presentato la serata la signora IdijaPremec, con la presenza di molte autoritàfra le quali la vice presidente regionale per le minoranze nazionali,Tanja NovotniGolubić. E’intervenuta una folta stampa e la televisione nazionale, con la nota giornalista MarijanaKranjec.
La mostra inaugurale ha la curatela di Marija Ivandekic ed è costituita da un susseguirsi di fotografie personali di Eva Fischer e della sua famiglia: si è praticamente seguito il decorrere del tempo negli ultimi 100 e più anni. Oltre alle immagini, vari oggetti simboleggianti l’artista, compresa una bicicletta identica a quelle ritratte centinaia di volte da Eva. Costituivano infatti una delle tematiche più note della pittrice: biciclette stanche, innamorate, abbandonate, mai con una ruota rotonda per la fatica del tempo trascorso a portare a destinazione qualcuno. Andare e tornare e continuare a girare, come la vita di Eva: dalla fuga dalla Jugoslavia dopo la deportazione del padre da Belgrado, alla detenzione nell’isola di Curzola sotto gli italiani, all’arrivo in Italia e la lotta partigiana, girando per Bolognain bicicletta. Poi Roma a guerra finita, via Margutta, gli incontri con i grandi dell’epoca, da Picasso a Chagall, da Dalì a De Chirico. Il voler continuare i discorsi intrapresi con loro e brevi ma intensi trasferimenti a Madrid, Parigi, Londra. La vita di una donna europea nella cultura – spesso maschilista – di un secolo. Si tratta della prima mostra “su” Eva e non “di Eva” o “delle opere pittoriche di Eva”.
I familiari stanno organizzandosi per recarsi a Daruvar quando, il 2 giugno 2022 con una grande retrospettiva di Eva organizzata assieme all’Istituto Italiano di Cultura di Zagabria ed il patrocinio dell’Ambasciata d’Italia, verrà festeggiata la Repubblica Italiana e l’Europa intera.
CHE SUCCEDE A SINISTRA? Solo in quanto donne non basta più
di Mira Carpineta
Il 2022 si apre, per l’Europa, con un inedito primato: per la prima volta un organismo sovranazionale è guidato da 3 donne: Ursula Von DerLeyen presidente della Commissione, Roberta Metsola presidente del Parlamento, Christine Lagarde alla Banca Centrale Europea. Da poco tempo un’altra donna autorevole ha lasciato, dopo 16 anni, la guida del suo Paese, la determinante Angela Merkel. Cosa accomuna queste figure politiche? L’appartenenza ad un’area definita conservatrice. In Italia diremmo “la destra”. E in casa nostra un altro primato appartiene ad una conservatrice: Giorgia Meloni, unica donna leader di partito e presidente dei Popolari europei.
Questa situazione dovrebbe sollecitare alcune riflessioni. Cosa succede “a sinistra”? Perché un Partito, la cui ideologia affonda (o almeno dovrebbe) le sue radici nel progressismo, nell’anticipare i cambiamenti sociali, nelle battaglie per l’emancipazione non solo femminile,le donne sono relegate a ruoli gregari?
Il fallimento delle “quote rosa” è tragicamente visibile nei ruoli politici italiani a cui le donne di sinistra sono state oggi relegate, in ogni ambito di discussione. Eppure la sinistra ha espresso, in passato, figure autorevoli e carismatiche, una su tutte Nilde Iotti. Donne che hanno determinato cambiamenti culturali epocali. Oggi la sinistra esprime personalità come Boldrini o Cirinnà addirittura favorevoli alla legalizzazione di pratiche aberranti come la mercificazione di uteri, ovuli e bambini, spacciate per “nuovi diritti”. Diritti per chi?
Il 24 novembre 2021, in occasione della giornata contro la violenza sulle donne, il ministro Elena Bonetti parlava alla Camera davanti ad un’assise praticamente vuota. Erano presenti solo 8 deputati. Il 10 novembre una puntata di Porta a Porta avente per argomento la penalizzante condizione lavorativa delle donne, schierava intorno al tavolo di Bruno Vespaquattro uomini a dissertare sulle motivazioni.
Cosa è successo alle donne di sinistra? Dove sono?
In verità qualche voce si è levata, come quella di Valeria Fedeli, critica verso un governo (Draghi) senza alcuna rappresentanza femminile del PD. “Tanta ipocrisia nel Partito” tuonava la rossa parlamentare, sollecitando un confronto interno sulla questione. Ma a parte questa voce dissonante il resto è stato solo silenzio.
Vero è che la questione femminile è lontana dall’essere risolta ma soprattutto seriamente affrontata. Anche oltreoceano, in quell’America statunitense, fucina di avvenimenti innovativi, anche Kamala Harris si trova a dichiarare che “il mondo non funziona ancora per le donne come dovrebbe”. E non basta imporne la presenza numerica bilanciata.
In questi giorni, in cui la fibrillazione per la scelta del nuovo titolare del Quirinale, spinge qualche movimento a proporre “una donna” solo in quanto tale, occorre una selezione seria, di competenze, di valori, di determinazione. Non basta “essere donna” per avere un posto a sedere nelle istituzioni,nelle aziende, nelle stanze dei bottoni.
Non basta “essere donna” per pretendere il ruolo di Presidente della Repubblica. È tempo di preparazione, di sapere, di etica, di valori, di spessore, per ciò che pensano, che vivono, che credono. È tempo di scegliere Persone competenti, uomini o donne che siano.
ESCE IL SECONDO SINGOLO DELL’ABRUZZESE CHIARA CASADEI “COS’E’ L’AMORE”
PESCARA – Chiara Casadei, giovane cantante e compositrice abruzzese, firma un nuovo singolo dal titolo “Cos’è l’amore”, il cui testo è stato scritto da Paolo Provenzano e la musica dalla stessa cantante. Il brano, prodotto da Umberto Iervolino. sarà disponibile sui canali digitali dal prossimo giovedì 20 gennaio, in streaming e download.
Il videoclip prodotto sotto la regia di Antonio Mirica, vede Chiara come protagonista, che manifesta la sua felicità nell’essere innamorata con l’interpretazione dei movimenti leggeri di una ballerina proprio a sottolineare la freschezza e la leggerezza di questo amore.
Il progetto è durato più di un anno, tra scrittura della musica, stesura del testo, arrangiamento e realizzazione del videoclip. Quest’ultimo, girato in parte nei meravigliosi paesaggi autunnali abruzzesi durante l’autunno 2021, vede delle scene realizzate in collaborazione con la scuola di danza Harmony Danza di Candida Giffi di Avezzano e la ballerina Francesca Casadei, che ha curato nei minimi dettagli la coreografia del brano.
Giulianova. V “Premio Ester Pasqualoni”. Pubblicato il bando del concorso. Coinvolte le scuole Medie italiane sul tema della violenza di genere.
Giunto alla sua quinta edizione, torna anche quest’anno il “Premio letterario Ester Pasqualoni”. Obiettivo dell’ iniziativa, promossa dalla Commissione Pari Opportunità del Comune di Giulianova in collaborazione con l’Assessorato alla Pubblica Istruzione e alle Pari Opportunità, è combattere la violenza di genere, un male sociale dilagante che richiede interventi di largo respiro, capaci di incidere sul sentire comune, sui comportamenti consolidati e sugli stereotipi diffusi. Il premio è dedicato alla dottoressa Ester Pasqualoni, uccisa da uno stalker il 21 giugno 2017 nel parcheggio dell’Ospedale di Sant’Omero, dottoressa amatissima dai suoi collaboratori e pazienti per l’impegno e l’amore dimostrati quotidianamente nella sua attività di oncologa. L’iniziativa si rivolge agli studenti delle Scuole Medie, quest’anno non solo abruzzesi. L’intento è infatti di favorire tra gli studenti di tutt’Italia il senso di un’ affettività serena e di una relazionalità equilibrata. Il tema di questa quinta edizione, “Ho sognato”, invita gli alunni a riflettere sui temi della violenza di genere e del femminicidio attraverso elaborati artistici. In un anno ancora segnato dal Covid-19, il premio in memoria di Ester Pasqualoni vuole tingersi di speranza e stimolare gli studenti a lavorare, in questo senso, sul tema dell’ “Idillio d’amore”. Il bando, pubblicato sul sito istituzionale del Comune, prevede che gli elaborati vadano presentati entro il 4 Aprile 2022. Le schede di adesione vanno invece inoltrate per via telematica entro il prossimo 15 Febbraio. La premiazione si svolgerà nel mese di maggio 2022 nel corso di una manifestazione che si terrà al Kursaal e che prevede anche una tavola rotonda alla quale parteciperanno esponenti del mondo scolastico, cariche istituzionali regionali e nazionali, la giuria del Premio, la commissione Pari Opportunità. “Invitiamo gli studenti a partecipare – dice il Vicesindaco Lidia Albani, assessore alla Pubblica Istruzione e alle Pari Opportunità- Ricordare in questo modo la dottoressa Pasqualoni significa onorarne la memoria e dare ai ragazzi una bella opportunità di riflessione e di crescita”. “Non solo il 25 Novembre – sottolinea la Presidente della Commissione comunale alle Pari Opportunità Marilena Andreani – La Giornata contro la violenza sulle donne è per noi un evento lungo 365 giorni. Il premio amplifica in qualche modo il senso delle iniziative precedenti, perchè rinnova il tributo a una grande donna e, nello stesso tempo, contribuisce a creare nei giovani una solida cultura del rispetto e della sana affettività”. Link utile: https://giulianova.comuneweb.it/Viewer/FileDownload.aspx?Id=311&tipo=2