Pescara. “ARCOLAIO D’ARGENTO – DONNE D’ABRUZZO” 2019.

 

Oggi presso la sala “Figlia di Iorio” della Provincia di Pescara si è tenuta la 14° edizione del Premio “Arcolaio d’argento – Donne d’Abruzzo”. Il riconoscimento va, di anno in anno, a Donne abruzzesi distintesi nei più svariati campi. Nel 2006 la prima a ricevere il Premio fu l’Onorevole Filomena “Memena” Delli Castelli. Quest’anno il riconoscimento è andato a :

“ARCOLAIO D’ARGENTO – DONNE D’ABRUZZO” 2019

Federica Di Nicolantonio – scienziata;

Giulia Basel – direttrice artistica e fondatrice del “Florian Metateatro” ;

Maria Teresa Giusti – scrittrice;

Romina Remigio – photoreporter;

Cristina Tiberio – enologa e produttrice di vino;

Angela Trentini – giornalista Rai;

Barbara Coccagna – avvocato e componente dello staff di Raffaele Cantone (Autorità nazionale anticorruzione);

Maria Di Valerio – una delle coraggiose vedove di Marcinelle.

Per Geremia Mancini: “Oggi dinanzi ad una platea numerosissima ed attenta abbiamo potuto premiare alcune delle vere eccellenze abruzzesi. Donne che hanno onorato ed onorano la nostra regione. Particolarmente toccante il ricordo, alla presenza del padre, della giornalista Loredana Ranni prematuramente scomparsa. Toccante la premiazione di una delle ultime vedove di Marcinelle. Emozionante la premiazione di tutte le alte.”




Teramo. INPS: il congedo indennizzato per le donne vittime di violenza di genere

è un congedo retribuito che può essere utilizzato esclusivamente dalle lavoratrici inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere, per un periodo massimo di tre mesi (equivalenti a 90 giornate di prevista attività lavorativa) fruibili nell’arco temporale di tre anni.

INPS

Questo congedo spetta alle lavoratrici:
•dipendenti a tempo determinato e indeterminato del settore pubblico e privato;
•autonome;
•autonome dello spettacolo;
•agricole;
•stagionali;
•domestiche.
Con la circolare INPS 25 gennaio 2019, n. 3, l’Istituto specifica quali sono i riferimenti normativi che definiscono la prestazione e le modalità operative per presentare la domanda di congedo.
Fino al 31 marzo 2019 la domanda potrà essere presentata sia in formato cartaceo sia in modalità telematica. Dal 1° aprile 2019, invece, la richiesta di congedo dovrà essere presentata dall’interessata esclusivamente per via telematica.




Dal 21 al 23 settembre 2018. La CPO di Giulianova organizza la seconda edizione di “Giulia in Rosa”

Prevenzione e solidarietà: due alleati contro il cancro

 

GIULIANOVA – Giulianova torna a tingersi di rosa per parlare dell’importanza della prevenzione dei tumori. L’assessorato alle Politiche Sociali la Commissione Pari Opportunità di Giulianova, organizzano la seconda edizione di “Giulia in Rosa” dal titolo “Prevenzione e solidarietà: due alleati contro il cancro”. L’iniziativa che si svolgerà nei giorni 21, 22 e 23 settembre vedrà come protagonisti grandi specialisti nel campo dell’oncologia con presentazioni editoriali, mostre fotografiche, un convegno dedicato al tema della prevenzione dei tumori maschili e femminili ed una camminata non competitiva. Si parte venerdì 21 settembre, alle ore 17, nel Loggiato del sotto Belvedere, con la presentazione del libro Il Piacere di Prevenire con il “Gusto della Vita” dell’oncologa Fulvia Pedanipresidente e coordinatrice nazionale del comitato A.N.D.O.S Onlus Torino. Seguirà la presentazione delle mostre fotografiche“Tu cancro Io donna” di Noemi Meneguzzo, immagini e pensieri di un percorso difficile con forza e dignità, e “Le Amazzoni” di Marilena Mura, dimostrazione di quanto le donne operate al seno possano conservare bellezza e femminilità specie se si interviene precocemente. Sabato 22 settembresempre alle 17 al palazzo Kursaal di Giulianova, si terrà il convegno dal titolo “Screening e Prevenzione” al quale interverranno l’oncologa Fulvia Pedani presidente A.N.D.O.S Onlus Torino ed oncologo di riferimento della Breast Unit Città della Salute e della Scienza di TorinoFabrizio Capone responsabile Sreening della mammella della Asl di Teramo e Rita Lucidi Pressanti urologa territoriale della Asl di Teramo. Presentazioni a cura della giornalista Azzurra MarcozziDomenica 23 settembre, invece, ci sarà la camminata non competitiva“Il mare si tinge di rosa” con punto di ritrovo per chi vorrò partecipare, alle ore 9in Piazza del mare a Giulianova“Giulia in Rosa” quest’anno vedrà anche la partecipazione dell’associazione latinoamericana in Italia Ali Onlus che, insieme alla Commissione Pari Opportunità di Giulianova promuoverà una raccolta fondi a favore delle donne venezuelane afflitte da tumore al seno. Tutti potranno seguire gli eventi di “Giulia In Rosa” grazie anche alla dottoressa Alba Impacciatoresegretaria generaledell’Associazione Sordi Italiani che tradurrà gli incontri il Lis (Lingua Italiana dei Sordi).

In allegato locandina Giulia in Rosa 2018




DUE DONNE NELLA RESISTENZA ITALIANA: ADA GOBETTI E IRIDE IMPEROLI

 

 

di Mario Setta

 

 

Due donne, al Nord e al Sud, due memorie, due vite dedicate ad un ideale comune: liberare l’Italia dall’occupazione nazi-fascista. Stesso tempo, stessa storia, luoghi diversi. Al Nord, in Piemonte, a Torino e nelle valli circostanti, è la vedova di Piero Gobetti, Ada Prospero, 41 anni, che impegna se stessa, la famiglia e la gente a lottare per prevenire e sanare le sciagure, le uccisioni, le stragi operate dai nazi-fascisti. Una lotta che è anche risposta armata, organizzando gruppi di uomini e donne in grado di attaccare o di difendersi dalle truppe tedesche.

 

Al Sud, in Abruzzo, a Sulmona, Iride Imperoli Colaprete, 25 anni, orfana di padre, donna intelligente e sarta di professione, sceglie di impegnarsi nell’aiuto ai prigionieri di guerra, fuggiti dopo l’8 settembre dal campo di concentramento di Fonte d’Amore. Un settore d’intervento che accomuna le due donne, perché anche Ada Gobetti, appena nominata vice-sindaca, si occuperà dell’aiuto ai prigionieri politici usciti dalle carceri al momento della liberazione. Iride invece si occuperà della fuga dei prigionieri di guerra alleati, accompagnandoli a Roma, fino alla Città del Vaticano, dove aveva instaurato rapporti con l’ambasciata inglese, tramite il famoso prelato, Mons. O’Flaherty. Diventa la staffetta Sulmona-Roma

Iride Colaprete (destra) con Franca Del Monaco

Due donne, due artefici di tipologie di resistenza. La Resistenza armata, quella di Ada Gobetti e la Resistenza Umanitaria, quella di Iride Imperoli. Il libro di appunti di Ada Gobetti, pubblicato col titolo “Diario Partigiano” è un resoconto giornaliero di tutta l’azione organizzativa, tutti i contatti, tutte le operazioni gestite da Ada. La fama di essere stata la moglie di Piero Gobetti ne fa un personaggio di rilievo, ma soprattutto la sua capacità di coordinamento dei gruppi, i suoi rapporti personali con i responsabili (Duccio Galimberti) o con intellettuali (Benedetto Croce), la conoscenza delle lingue da insegnante di scuola diventano strumenti di elaborazione resistenziale. Con lei, il figlio diciottenne Paolo e il secondo marito Ettore Marchesini. Una famiglia a servizio della causa.

 

Iride, da sola, animata dalla solidarietà dell’organizzazione spontanea nata tra le gente semplice e povera del Borgo Pacentrano a Sulmona, sotto la guida di semplici contadini come Roberto Cicerone o del dentista Mario Scocco, accompagna e mette in salvo parecchi ufficiali alleati ed ebrei. Tra loro, William Simpson, John Furman, Joseph Pollak, che scriveranno l’autobiografia. In particolare Sam Derry, che diventerà il braccio destro di Mons. O’Flaherty che, con la Rome Organization, salverà oltre tremila persone tra prigionieri alleati ed ebrei.

 

Ada Gobetti, attraverso numerose e difficili disavventure, tra cui stabilire rapporti con la resistenza francese, riuscirà ad arrivare sana e salva, con marito e figlio, alla liberazione di Torino, dopo il 25 aprile 1945. Italo Calvino, nella nota introduttiva al libro di Ada Gobetti, la descrive: “una donna, non una delle tante semplici donne italiane che in quel periodo furono spinte da un istintivo desiderio di pace e di giustizia a una superiore coscienza civile, ma una donna la cui vita era già segnata dalla lotta antifascista”.

 

Iride Imperoli Colaprete viene catturata dalla Gestapo a Roma nei primi giorni del 1944. C’era stata una delazione, forse da Dick Messenger, una specie di ufficiale medico, catturato ubriaco dai tedeschi e che dà motivo di realizzare una retata di cittadini di Sulmona, incarcerandoli prima a Bussi e da qui a Civitaquana. Anche la madre e la sorella di Iride vengono incarcerate. Furono catturate decine e decine di persone, uomini e donne, rinchiusi in una casa adibita a carcere. A Civitaquana il Tribunale Militare Tedesco emette quattro condanne a morte. Fortunatamente, i quattro, di notte, una notte di pioggia e di tempesta, riescono a fuggire dalla cantina dove erano stati reclusi.

 

Della sua vita in carcere e della sua azione di resistenza umanitaria, Iride ha lasciato un documento scritto con l’aiuto del figlio Salvatore Colaprete, un opuscolo inedito, riportato in parte nel libro “Terra di Libertà, storie di uomini e donne nell’Abruzzo della seconda guerra mondiale” a cura di Maria Rosaria La Morgia e Mario Setta, in cui si possono leggere queste parole sincere e impressionanti:

 

«A Civitaquana, noi donne fummo messe in una cameretta. Eravamo una decina. Per andare al bagno dovevamo passare davanti agli uomini. I condannati a morte li avevano messi giù in cantina… Passarono pochi giorni e una mattina all’alba sentimmo un gran baccano. I prigionieri erano scappati. Successe il finimondo. Macchine che correvano sopra e sotto. Una gran confusione.  Dopo pochi giorni dalla fuga, sempre a Civitaquana, un altro giovane di 22 anni, tentò la fuga. Era un marinaio, tornato in licenza per trovare la fidanzata. Era incappato in uno dei soliti rastrellamenti ed era stato arrestato. Nella speranza di scappare era salito sul tetto. Quella sera c’era la luna e l’ombra della sua figura si proiettava proprio davanti alla sentinella, che incominciò a sparare. Successe il finimondo. Le guardie salirono sul tetto e lo crivellarono di colpi. Ci riunirono tutti in una stanza e ce lo buttarono davanti ai piedi. Gli usciva il sangue dalle orecchie e dal naso, batteva la testa a destra e a sinistra. Stava morendo. Io mi inchinai per prendergli la testa, ma un tedesco mi colpì con il calcio del moschetto alla fronte e al petto. Caddi a terra, svenuta. … Ebbi un occhio nero e, a causa della botta al petto, mi usciva sangue dalla bocca. Avevo la febbre. Un medico tedesco anziano venne a visitarmi. Mi faceva le iniezioni. Era tanto buono. La febbre mi passò… Mi curò molto bene, tanto che quando tornai a Sulmona, il dottor Pantano disse che ero stata curata bene.»

 

Da Civitaquana al carcere di L’Aquila e infine a casa a Sulmona. Questi, gli ultimi mesi di Iride prima della liberazione dell’Abruzzo, nel giugno 1944.

 

 




Un giardino per Ester

 

Domani alla scuola media Bindi verrà posizionata una targa intitolata alla memoria della dottoressa Pasqualoni

 

GIULIANOVA – Un giardino per Ester, per mantenere viva la sua memoria anche tra i più giovani. E’ l’iniziativa promossa dall’Istituto Comprensivo Giulianova 2, fortemente voluta dalla dirigente Angela Pallini e dalla professoressa Santina Di Domenico. Nel giardino della scuola media“Bindi” di Giulianova, domani giovedì 7 giugno alle ore 10 e 30, verrà scoperta una targa intitolata alla memoria della dottoressa Ester Pasqualoni, barbaramente uccisa circa un anno fa nel parcheggio dell’ospedale di Sant’Omero da chi la perseguitava da anni. Sarà presente alla cerimonia anche la Commissione Pari Opportunità di Giulianova e l’Assessorato alla Pubblica Istruzione e Pari Opportunità del Comune di Giulianova.

Siete invitati a partecipare.

Fiaccolata per ESTER a Giulianova




22 e 23 settembre 2017, Kursaal, Giulianova La Cpo di Giulianova organizza “Giulia in Rosa”

 

Prevenzione, benessere della donna con convegno, mostra fotografica, camminata non competitiva, incontri e tanto divertimento

 

GIULIANOVA – Il 22 e 23 settembre 2017 la  Commissione per le Pari Opportunita’ del Comune di Giulianova in collaborazione con l’amministrazione comunale e l’ASL di Teramo organizza “Giulia in Rosa“, una due giorni di eventi dedicati alla prevenzione e il benessere delle donne con svariate iniziative. Tra queste venerdì 22 settembre si terrà, con inizio alle ore 16 e 30 al Kursaal di Giulianova sullungomare Zara, il convegno dal titolo “Insieme per la Prevenzione, salute e benessere della donna”,  a cui interverranno Fulvia Pedanipresidente del Comitato A.N:D.O.S. Onlus della città di Torino ed oncologa di riferimento della Breast Unit, Città della Salute e della Scienza sempre nel capoluogo piemontese. Prenderanno parte al dibattito anche Fabrizio Caponeresponsabile screening della mammella della Asl di TeramoMaurizio Brucchireferente per il percorso senologico della Asl di Teramo e Gabriella Scarponedottoressa in biologia della nutrizione. L’incontro di aprirà con i saluti istituzionali del sindaco Francesco Mastromaurodell’assessora alle Pari Opportunità Nausicaa Camelidella presidente della Cpo di Giulianova Marilena Andreani e di Maria Mattuccidirettore sanitario della Asl di Teramo. A coordinare gli interventi sarà la giornalista Mirella Lelli. < L’obbiettivo della Commissione Pari Opportunità di Giulianova è di sensibilizzare sull’importanza della prevenzione del tumore al seno – spiega la presidente della Cpo giuliese Marilena Andreani – e di far conoscere alle donne già colpite dalla malattia l’esistenza di percorsi di sostegno, perché condividere significa rinascere>. Sempre nel pomeriggio di venerdì 22, ma alle ore 15, verrà inaugurata, sempre al palazzo Kursaal, la  mostra fotografica ‘Ester sono io’, contro la violenza di genere, dedicata all’oncologa Ester Pasqualoni, la dottoressa barbaramente uccisa dall’uomo che la perseguitava per anni. Sabato 23 settembre, invece, è prevista una camminata non competitiva, a cui sono invitati tutti i cittadini, dal titolo “Il mare si tinge di rosa”. Il punto di ritrovo è in  Piazza del Mare a Giulianova per le 9 di mattina.




Giulianova. Medaglia D’Oro per i Fratelli Roel e Glenda Narcisi

Medaglia d’oro per i fratelli Narcisi nella Coppa Italia di Pesistica Olimpica 2017: Glenda Narcisi atleta dell’Esercito Italiano conquista il titolo con 140 kg di totale ( strappo 60 kg e slancio 80 kg)  e Roel Narcisi atleta della A.S.D. Pesistica Athlas Teramo conquista il titolo con un totale di 263 kg ( strappo 113 kg e slancio 150 kg ) con un solo allenamento al giorno per 5 volte a settimana, sempre seguiti dal maestro Anselmo Silvino.

Glenda Narcisi e Roel Narcisi




CHI SEI? NESSUNO

 

Prof.ssa Lucia Denise Marcone ©

 

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RIVEDERSI (C) Foto Walter De Berardinis per www.giulianovanews.it (C)

E’ passato qualche giorno dall’ultimo articolo, in quanto ho atteso la risposta di una scrittrice abruzzese per poter commentare insieme a lei le ultime notizie. Poi è trascorso qualche giorno per smaltire la sorpresa e la delusione dell’assenza assoluta di risposta. Ancora una volta mi si conferma la difficoltà di comunicazione da parte di chi avrebbe qualcosa da dire ma lo dice ad un cenacolo ristretto di persone, gli intellettuali, tralasciando gran parte della gente. Cavolo!!!! E io mi ci arrabbio perché la gente, quella che talvolta ho sentito definire “ il popolino” mi piace e perché, diciamola tutta, mi hanno insegnato che ciascuno è portatore della propria magnifica realtà e anche quando sembra essere incomprensibile e inaccettabile, lo sforzo di una mente che permea l’apparenza, è in grado di rivelarne la chiave di lettura. Quindi io per formamentis non tralascio mai il gusto di un incontro, di un confronto e di una contaminazione di idee. Il passaggio successivo è il compito precipuo degli intellettuali, cioè quello di accogliere le realtà della società e costruire cornici di senso, riallacciare i fili con i valori fondanti di quella che viene definita civiltà, fornire la propria interpretazione, sempre e comunque. L’arroganza, la supponente superiorità ecco che tali temi ritornano sempre quando c’è indifferenza o abuso verso l’altro che sono due facce della stessa medaglia. Di questo voglio parlarvi, dell’escalation di violenze perpetrate sui corpi femminili. Prima l’efferata violenza di Rimini, la violenza sessuale ai danni di un’anziana a Milano, l’orrore che vive Roma con le violenze sulle turiste belga, finlandese e tedesca da parte di stranieri errabondi, il delitto dell’adolescente a Lecce insomma ci potremmo redigere un atlante geografico che non risparmia nessun luogo e nessun ceto. Dal centro alle periferie, dall’agio al disagio.  Per i reati commessi da stranieri la verità è evidente da quando si è intrapresa una “scelta” di accoglienza sconsiderata e non si provvede a mettere in sicurezza le città: condannare senza se e senza ma. A Parigi i marines girano armati fino ai denti e nessuno si scandalizza. Ma ciò che mi preme è la nostra avanzatissima società dove, secondo un dossier del Viminale ogni giorno si verificano 11 stupri di cui 4 commessi da stranieri ; tra gennaio e giugno 2017 sono state commesse 2.333 violenze carnali, colpite più di 1.000.000 donne e questi dati sono al ribasso perché spesso non si denuncia, per timore, per vergogna, per ricatto. Un intero capitolo del dossier è dedicato alle violenze in famiglia con percentuali del 37,6% delle denunce. Ad aggravare il quadro ci sono le sentenze shock e riporto come esempio eclatante quella del Tribunale di Torino su un episodio di violenza denunciato da un’autista barelliere della Croce Rossa che ha accusato di molestia il collega. L’imputato è stato assolto perché la donna durante lo stupro non avrebbe urlato e con questi argomenti: “… la teste rimane sul vago…non riferisce condotte e sensazioni molto spesso riscontrabili in racconti di abuso sessuale, sensazioni di sporco, test di gravidanza, dolori, ecc…”, dimostrando di voler ridurre uno stupro ad un “caso da manuale” e d’ignorare la complessità emotività femminile, come se la denuncia fatta non fosse di per sé sufficiente. La controdenuncia per calunnia chiude la via crucis della sventurata.

Dunque, con queste premesse, io penso che rincorrere questi episodi di violenza singolarmente, sia come passare il tempo a schiacciare le zanzare con le mani e le donne non possono più permetterselo, occorre trovare uno zampirone bello forte che agisca su un bel numero di esemplari pungenti. Mi sovviene il ricordo di Ulisse che intrappolato da Polifemo fa ricorso all’astuzia per sfuggirgli. Egli si qualifica “Nessuno”, acceca Polifemo che lancia alte urla e al sopraggiungere dei fratelli Ciclopi grida a squarciagola che è stato Nessuno ad accecarlo.  Rassicurati dall’assenza di nemici, i Ciclopi lo lasciarono solo e sconfitto perché il prigioniero Ulisse riesce anche a fuggire aggrappato al vello dell’ariete, nonostante il controllo serrato di Polifemo.Questa identità priva di contenuto mi piace molto perché ci fa capire che la violenza le donne la subiscono sovente e non solo dagli uomini, bensì dagli stereotipi.Tutti noi subiamo l’influenza della cosiddetta “memoria collettiva”, cioè quegli standard che si generano nel periodo storico in cui si vive ed è un fattore inevitabile per costruire una coesione sociale e una civiltà organizzata. Quello su cui non riflettiamo è la possibilità di costruire paradigmi culturali e stereotipi più funzionali, più efficaci e più rispettosi delle donne. La società è un organismo vivente, è fatto di uomini e donne che possono scegliere le idee, i valori fondanti della propria comunità; questo passaggio, cruciale e salvifico non viene presidiato ma delegato ai mass media, alle lobby, all’ignoranza culturale e sociale, ai condizionamenti delle elitè che perseguono i propri interessi che sono volti a controllare le azioni umane a vantaggio della società. Ecco che molte cose sono soggette all’uso e al consumo, compresa l’identità umana. Classificare, etichettare, giudicare, calunniare, controllare, punire, sopprimere, sono verbi che girano intorno al medesimo concetto di identità e incasellamento. Quanto più sei controverso/a rispetto allo stereotipo che trasmette la propria cultura di appartenenza, tanto più sei da avversare con differenti livelli di violenza.Tale concetto illuminante non fa sconti alle classi sociali, si affievolisce solo al crescere della conoscenza e al comprendere il “dono” preziosissimo della differenza” insito in ciascuno di noi. Parte di questo processo passa attraverso l’educazione scolastica, sia chiaro.“Uniti nella diversità” è il motto dell’UE per intendere che la pace e la prosperità si raggiungono attraverso la consonanza tra culture diverse ma occorre GOVERNARE I PROCESSI cioè avere una preparazione solida che porti ad individuare le scelte necessarie da compiere per raggiungere l’obiettivo della coesistenza pacifica e della valorizzazione delle persone nella società.Nella comunicazione si dice che: “ quando due persone litigano, non sono mai loro a litigare, bensì le loro idee” e sarà vero se la maggior parte delle discussioni le facciamo con le persone a cui teniamo, mentre con gli estranei lasciamo correre.Perché, cari lettori, c’è sempre quella memoria collettiva, con i suoi dogmi, regole, credenze e convinzioni a condizionarci ed influenzarci. Frasi come: “Si è sempre fatto così”, “non fai il tuo dovere”, “e’ obbligatorio questo” e tanto ancora ci fanno capire lo stridore a cui siamo destinati quotidianamente.In questa interpretazione della donna colloco le identità generate dalla “coscienza collettiva” che spesso si riconducono ad una dicotomia: “Santa o poco di buono”, la croce a cui appendere tutte le donne. In realtà da sempre le donne sono molto di più; sono oltre la loro fisicità, la loro maternità, la loro obbedienza, la loro fragilità, sono TANTE IDENTITÀ e per questo “NESSUNO STEREOTIPO”; sono universi complessi e talentuosi da scoprire e rispettare da parte dell’uomo e da parte della memoria collettiva maschile.Noi donne, tuttavia dobbiamo essere consapevoli di vivere uno scontro culturale e ogni guerra presuppone strategia e perseveranza. Accettare un compromesso sulla propria identità per sentirsi “a posto” spinge suadentemente in quel cantuccio da cui si uscirà sempre più difficilmente. Lo dice con aspra chiarezza la cantante Madonna, di origini abruzzesi, nel discorso tenuto in occasione del premio come donna dell’anno 2016 scelta da Billboard.Lei parla di una carriera di 34 anni portata avanti nonostante la palese misoginia e il bullismo. E’ davvero toccante il suo discorso e non voglio anticiparvi nulla ma esortarvi ad ascoltarlo: http://video.repubblica.it/spettacoli-e-cultura/madonna-si-commuove-ai-billboard-women-in-music-sono-viva-e-combatto-la-misoginia/262395/262748 A me hanno colpito i suoi occhi pieni di emozione quando raccontava le esperienze che l’avevano indotta a pensare: “… che le donne non hanno la stessa libertà degli uomini e i messaggi pervasivi che le dicevano che non sarebbe riuscita, che non doveva, che non poteva…” io penso, come Kant, che non sia utopistico immaginare una società dove ci siano imperativi categorici fondati sull’assunzione delle proprie responsabilità, anziché la delega delle scelte ad una morale esterna a noi stessi che come un coltello ha il manico sempre in mano a qualcun altro e la lama puntata all’altezza del cuore.

 

Prof.ssa Lucia Denise Marcone ©

 




Giulianova. La coreografa ed insegnante di danza Alessandra Celentano arriva a Giulianova per l’inaugurazione della scuola “Punte & Mezzepunte”

 

 

GIULIANOVA – La celebre coreografa ed insegnante di danza Alessandra Celentano arriverà a Giulianova nel pomeriggio di domenica 10 settembre, in occasione dell’inaugurazione della scuola di danza “Punte e Mezze Punte”, in via Gramsci 80, dell’étoile giuliese Melissa Pedicone. La Celentano , nipote del cantante Adriano Celentano, dal 2003 è giudice nel talent di Canale 5 “Amici di Maria De Filippi” e sarà ospite della nuova scuola, dove i giovani allievi potranno studiare e perfezionare la danza classica e moderna, l’hip hop ed anche giocare con questa splendida disciplina artistica.

La coreografa, insegnante di danza e giudice di “Amici” Alessandra Celentano

Un sogno che si realizza per la giovanissima Melissa Pedicone, ballerina ed insegnante, laureata all’Accademia di Danza di Roma. Ricordiamo che Alessandra Celentano ha lavorato con i più grandi coreografi del Novecento e balla accanto a grandi interpreti del mondo della danza.




Giulianova. UNA SAGACE CIVETTA

 

di Lucia Denise Marcone

La civetta comune – Athene noctua Foto di Walter De Berardinis

 

 

 

Una divertente vignetta che mi è capitato di leggere diceva più o meno così:

“Maestro, insegnami, cosa ha ispirato il vostro bisogno di aiutare il prossimo”

Il maestro attento e serissimo risponde: ”Constatare che ogni felice in più è un rompi  in meno”.

Basterebbe questo scopo ad ispirare una “vita buona” e a rispettare il prossimo come avrebbe detto Socrate, filosofo ateniese, uno che con le elucubrazioni ci faceva colazione.  Basti citare alcune delle sue massime per capire che era un genio assoluto. Per principiare cito questa:  “ Sposati ! se trovi una brava moglie sarai felice; se ne trovi una cattiva, sarai filosofo.”  Io direi che possa valere anche al contrario, che ne dite ?

Mi è sempre piaciuto Socrate, noto per l’affermazione “So di non sapere” e per le idee “rivoluzionarie” donate al pensiero filosofico universale e alla cultura greca e poi per trasmissione a quella latina e a quella occidentale.

Il suo contributo più importante è stato il metodo d’indagine noto come “la maieutica” socratica, per questo viene ritenuto il padre fondatore della filosofia.

Maieutica significa “arte praticata dalla levatrice” (l’ostetrica); egli con una geniale analogia attribuisce al maestro una funzione “maieutica”, con la cui affermazione intende che non si possa insegnare niente a nessuno ma si possa solo tirar fuori ciò che ciascuno ha in se.

Mi direte che se uno ha una testa vuota, hai voglia per il maestro a sperare … e in parte è così ma non per i motivi che supponete.

Socrate era un maestro molto ironico, carismatico e paziente, dunque le sue lezioni si svolgevano sotto forma di “dialogo” e l’allievo era incoraggiato a tirar fuori i propri pensieri, assolutamente personali e a differenza del metodo consueto che li obbligava a subire le lunghe lezioni di retorica, diritto e persuasione, Socrate li incoraggiava a rispondere alle sue domande, ad interloquire in  un serrato dialogo e al termine venivano alla luce le piccole verità (come una nascita).  Pertanto dobbiamo attribuire a Socrate il merito di aver posto in luce uno dei compiti più importanti dell’insegnamento per cui insegnare non è imprimere conoscenze ma aiutare gli studenti a sviluppare le proprie competenze a partire dai dati conoscitivi, attraverso le abilità pratiche.

Molti ritengono, dunque, che anche la filosofia, saggiamente usata, possa diventare uno strumento terapeutico e di coaching per la sua capacità di “generare le verità interiori”.

La sua battaglia fu contro “ i sofisti”,  i saccenti dell’epoca (che a quanto pare non mancano mai) che facevano sfoggio della loro presunta “verità” con il popolo credulone, mentre Socrate andava sostenendo che la verità assoluta non esiste in quanto: “… la vera saggezza sta in colui che sa di non sapere, perché chi sa pensa di sapere più dell’altro che pensa di sapere” ecc ecc…. Il significato di questo paradosso è quello di voler dimostrare che, partendo dall’ammissione della propria “ignoranza” intesa come conoscenza non definitiva, si possa entrare in uno stato emotivo che induce ad acquisire conoscenze che a quel punto sarebbero reali e non illusorie.

Capisco che star dietro ad un filosofo sia più o meno come guidare una moto su un sentiero di montagna, impervio, ma volendo portare a casa un concetto, riassumerei parafrasando: “se sai di non sapere è meglio”.

La storia finisce tristemente e pensare che egli stesso lo aveva detto: …Sii più saggio degli altri, se riesci; ma non andare mai a dirglielo” e Socrate finisce per essere condannato per “empietà”, anzi accetta il proprio destino con coraggio, rifiutandosi di rinnegare le proprie idee e bevendo la cicuta. Fu il primo grande martire della cultura ma il suo errore di valutazione ha consentito a tutti noi di   “ non temere le idee”, anzi ricercarle con il lume della ragione.

Mi piace ricordare Socrate in questi giorni in cui è stata salvata una civetta da sicura morte. La civetta, per la sua capacità di vedere al buio fu scelta dalla Dea Athena come simbolo sacro e per estensione viene collegata alla filosofia.

Dicevamo che Socrate, uomo pio e saggio, ha pagato con la vita per qualcosa che era l’altra faccia della verità, che non è la menzogna, altrimenti egli avrebbe usato le armi della confutazione e della “reductio ad absurdum” per smontare le menzogne.

Vi racconto un paio di aneddoti per farvi capire di cosa si parla.

 

Durante una cena, alcuni genitori si lamentavano dello scarso rendimento dei figli a scuola e s’interrogavano su come fare a indurli a studiare. C’era tanta preoccupazione nei loro volti e temevano che non avrebbero fatto l’università, che non avrebbero avuto una vita serena con un lavoro redditizio e il tenore di vita alto ecc ecc. allora io gli ho chiesto: “Dunque, ditemi, pensate che lo studio sia necessario per il lavoro e per la realizzazione?” “ e loro: “ che domanda poni? Certo? Perché non è stato così per te ? per noi? Per tanti ? È tramite lo studio che siamo riusciti a crearci un’indipendenza, nelle professioni, nelle attività commerciali, artigianali, come cittadini e come genitori? Non credi ?”.                   “E’ evidente” rispondo “lo studio è uno strumento utile e non potrei pensare ad una vita senza studio”. “Aspetta” risponde uno dei papà presenti“ io ho avuto i miei genitori che non hanno studiato, eppure sono passati dalla terra al commercio, garantendoci tutto il necessario e facendoci crescere felici; non sono d’accordo con voi!”. Ne nasce una discussione infervorata e a quel punto dico che forse la “verità” è che non esiste una verità sullo studio perché l’elemento determinante nella riuscita si trova altrove. “ Fui incalzata: “Qual l’elemento determinante?”. Prendiamo tutte le storie, di tutti i tempi, di tutte le famiglie e vediamo qual è l’elemento in comune: si tratta certo di una cosa ovvia ma non banale, ed è la motivazione. Tuttavia si tende sempre a collegare lo studio a obiettivi materiali o a bisogni essenziali, non considerando che alla maggior parte degli adolescente, dei primi importa poco e i secondi vengono soddisfatti dai genitori, dunque cosa resta per motivare allo studio uno studente?.

Basta entrare nella loro mente per capire che essi vivono per condividere, dimostrare, entrare in relazione, essere accettati, partecipare, contribuire, crescere e in definitiva sentirsi felici.

Molti insuccessi scolastici sono figli del “protocollo prestazionale” o di un “rating di performance” indotto da una cultura industriale e non in sintonia con il mondo emotivo dei ragazzi.

Essi vogliono sentirsi degli sperimentatori, degli eroi, degli innovatori, dei sognatori a seconda del carattere che hanno.

Se riuscissimo a partire dalla domanda “Cosa provi nel fare questa cosa? Cosa dovrebbe cambiare perché ti diventasse piacevole?” e ancora “di cosa avresti bisogno per ottenere il risultato sperato?”, anzicchè un banale “devi studiare” o un ancor più  riprovevole “solo se studierai ti comprerò ciò che desideri, ti farò uscire ecc. ecc..”.

L’altro esempio è relativo ad un evento in cui ho visto quel cervello vuoto di cui parlavamo.

Un’auto che tenta di uscire dal parcheggio adagio perché c’era un cane sdraiato, lasciato incustodito dal suo padrone che stava conversando con la commessa del negozio. All’improvviso il signore esce di corsa con lo sguardo terrorizzato convinto che la signora avesse travolto il molosso. L’espressione del signore era realmente impaurita ma io ci ho letto altro, la convinzione che potesse esistere un essere umano che di proposito uccida il suo cane, in una parola quell’uomo è schiavo della sua paura e non fatico a credere che provi paura nel perdere la moglie (anche se si occupa di altre) o di perdere i soldi (sarà avaro) o di perdere la stima degli altri (sarà ipocrita o sleale) o di farsi dominare dalla famiglia (sarà il bancomat familiare) o di placare quella paura assecondando sempre gli altri. Insomma la sua paura lo ha preso per mano dall’infanzia e non l’ha più lasciato.

L’apprendimento si recupera con la motivazione, la paura è il rigor mortis.

Ecco queste sono le teste vuote che nessun maestro riuscirà a fertilizzare.

(C) Lucia Denise Marcone